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Maria Antonietta, la punk che diventò regina

Una ex riot girl, ex timida, e mai stata così sicura di sé, con il suo nuovo disco, “Deluderti”, che è un elogio di cose difficili. Al femminile

Maria Antonietta, la punk che diventò regina

Maria Antonietta. Foto di Luca Zizioli.

Parliamo di brioche. Siamo in una pasticceria hipster di Milano famosa soprattutto per i suoi croissant e con Maria Antonietta è inevitabile iniziare la chiacchierata proprio dalla frase più celebre attribuita al personaggio che ha ispirato il suo nome d’arte: “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”. «La storia del pane e delle brioche è un grande falso storico, propaganda politica montata contro di lei per renderla antipatica e catalizzare sulla sua figura tutto il malcontento. Da straniera, Maria Antonietta si è trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Ho scelto di chiamarmi come lei per senso di rivincita: era un personaggio storico molto più complesso di com’è stata dipinta e io, per tutta la vita, cercherò di rivendicare la mia complessità».

Classe 1987, Letizia Cesarini in arte Maria Antonietta sembra invece essere al posto giusto nel momento giusto. In un’Italia affamata più che mai di musica pop nostrana, esce con un album delizioso, Deluderti, tanto semplice, per nulla banale. E ascoltando la canzone che dà il titolo al disco, i primi nomi che vengono in mente sono quelli di Phil Spector e i girl group degli anni ’60: «Mi piacciono le Ronettes, le Shirelles, le Supremes… Per me il filo conduttore è sempre la femminilità. Da adolescente ascoltavo Bikini Kill, Babes in Toyland, L7: da lì mi sono resa conto di come una donna potesse esprimersi con la musica senza operare troppe censure su se stessa, senza dover edulcorare i contenuti. Ed è stato molto stimolante, soprattutto per me che ero molto timida».

Ancora donne. Nella vita di Maria Antonietta, che timida ormai proprio non è più e della tarda adolescenza riot girl porta dietro la cicatrice di un piercing tra gli occhi, fondamentale quanto la musica è la poesia. E se un ascolto importante durante le registrazioni del suo nuovo disco è stato l’album di Miley Cyrus con i Flaming Lips (Miley Cyrus & Her Dead Petz, ndr) una lettura altrettanto importante è stata Emily Dickinson con le sue parole, la sua poesia: «Abito a Senigallia, in campagna, lontana da tutto. Quindi c’è una certa affinità con questa figura che viveva isolata dal mondo, e dai 30 anni non è più uscita dalla sua stanza. Una dimensione di astrazione rispetto alla civiltà, un contatto privilegiato con la natura che ho sperimentato in questi ultimi due anni».

Nel suo terzo album, Maria Antonietta non cita però la Dickinson, bensì Alda Merini – “Perché chi mangia dolore mangia sempre solo in questa vita” – e, per nostra e sua fortuna, non si isolerà dal mondo, anzi: è giunta l’ora di portare in giro le canzoni di Deluderti, degli instore e dei live in tutta Italia, compreso l’appuntamento sul palco del festival MI AMI, dove ha comunque già suonato in passato con la sua ex band, gli Young Wrists.

Maria Antonietta ha scritto Pesci, Stomaco, Cara e gli altri pezzi di Deluderti con omnichord e chitarra. Ma rispetto ai lavori precedenti, «ci sono meno distorsioni, la rabbia è gestita in maniera differente». Rabbia? Cosa la fa incazzare? «Semplificare, circoscrivere, limitare, mortificare la complessità». Presente il discorso fatto sulla regina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena? Ecco. Ma è a proposito di chitarre che spunta un’altra sua vecchia passione. La prima canzone che ha imparato a suonare è stata infatti: «La crisi dei Bluvertigo. Andy è un mito dell’adolescenza. Quando abbiamo suonato insieme all’Home Festival ho vinto la timidezza e sono andata ad abbracciarlo». Curiosità, perché Andy e non Morgan? «Sono attratta dagli alieni».

E dall’arte medioevale e bizantina. Parla del Medio Evo con lo stesso entusiasmo che ha per P.J. Harvey e Sylvia Plath, o per Maria Antonietta: «Anche in questo caso, è un falso storico: non è un periodo oscuro, ma intenso di invenzione, idee e slanci. Riserva molte sorprese». A un certo punto ammette: «Sono una pesantona. Però non mi prendo molto sul serio». E allora chiudiamo citando proprio un verso di Oceani, una sua canzone: “Mi piace dire un mucchio di stronzate, ma almeno sono divertente”. E tanto brava.

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