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L’uomo accusato dell’omicidio di Tupac Shakur chiede l’esclusione delle prove

I legali di Duane “Keffe D” Davis sostengono che il giudice abbia basato la decisione su una rappresentazione fuorviante dell’imputato

Foto: John Locher-Pool/Getty Images

Gli avvocati dell’uomo accusato di aver ucciso Tupac Shakur nel 1996 stanno chiedendo l’esclusione di alcune prove, sostenendo che siano state ottenute nel corso di una “perquisizione notturna illegittima”.

Come scrive l’Hollywood Reporter, gli avvocati penalisti di Las Vegas Robert Draskovich e William Brown hanno depositato questa settimana un’istanza per conto del loro assistito, Duane “Keffe D” Davis, incriminato per l’omicidio del celebre rapper, avvenuto in una sparatoria da un’auto in corsa nei pressi della Las Vegas Strip.

Secondo la difesa, il giudice avrebbe autorizzato l’esecuzione notturna del mandato di perquisizione basandosi su un “ritratto fuorviante” di Davis come pericoloso narcotrafficante. Un provvedimento che, sottolineano gli avvocati, dovrebbe essere adottato solo in circostanze eccezionali, ad esempio quando vi è il rischio che le prove possano essere distrutte se le forze dell’ordine attendono il mattino.

In realtà, affermano i legali, Davis — ex leader di una gang della California meridionale — avrebbe abbandonato il traffico di droga nel 2008, iniziando a lavorare come ispettore per raffinerie petrolifere. Al momento dell’esecuzione del mandato era un sessantenne in pensione, sopravvissuto a un cancro, con figli e nipoti adulti, e viveva da nove anni con la moglie a Henderson, una città vicino a Las Vegas.

Davis è stato arrestato nel settembre 2023. Si è dichiarato non colpevole dell’accusa di omicidio di primo grado e ha chiesto la scarcerazione fin da poco dopo l’arresto.
Secondo la difesa, l’arresto di Davis si fonderebbe su dichiarazioni pubbliche false da lui stesso rilasciate, in cui sosteneva di trovarsi nella Cadillac bianca dalla quale partirono i colpi contro Shakur. I legali affermano che Davis non ha mai fornito dettagli in grado di confermare in modo definitivo la sua presenza nell’auto e che, anzi, avrebbe tratto vantaggio dal sostenere quella versione. Avrebbe evitato accuse legate alla droga raccontando quella storia nell’ambito di un accordo di collaborazione e avrebbe guadagnato denaro ripetendola in documentari e nel suo libro del 2019.

Davis aveva chiesto alla Corte Suprema del Nevada l’archiviazione delle accuse di omicidio, ma la sua istanza è stata respinta lo scorso novembre. «Pensatela così: l’omicidio di Shakur è diventato, di fatto, l’“assassinio di JFK” del mondo dello spettacolo — analizzato all’infinito, mitizzato, monetizzato — quindi non è difficile capire perché una persona nella posizione di Davis possa essere tentata di collocarsi falsamente al centro della vicenda per tornaconto personale», hanno scritto i suoi avvocati.

«Di tutto questo il tribunale non è stato informato», si legge ancora nell’istanza. «Di conseguenza, il giudice ha autorizzato una perquisizione notturna basandosi su un ritratto di Davis che aveva ben poco a che fare con la realtà: in altre parole, su una valutazione fattuale chiaramente errata».

Il Dipartimento di Polizia Metropolitana di Las Vegas — che ha condotto la perquisizione e sequestrato dispositivi elettronici di Davis, “presunta marijuana” e contenitori con fotografie — ha rifiutato di commentare, citando il contenzioso in corso. Al momento della perquisizione, la polizia aveva dichiarato che l’esecuzione del mandato di notte avrebbe consentito agli agenti di circondare e mettere in sicurezza l’abitazione e che, nel caso in cui Davis si fosse barricato, il buio avrebbe permesso di evacuare le case vicine riducendo al minimo l’esposizione dei residenti.

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