Rolling Stone Italia

Le Luci Della Centrale Elettrica a Milano

Due date (e due sold out) per la band di Vasco Brondi al Circolo Magnolia. Ad aprire il concerto e scaldare gli animi c'è Giorgio Canali
Due date per la band di Vasco Brondi al Circolo Magnolia. Alla chitarra c'era Federico Dragogna dei Ministri

Due date per la band di Vasco Brondi al Circolo Magnolia. Alla chitarra c'era Federico Dragogna dei Ministri

Alice e il suo decaffeinato, ecco cosa mi accoglie davvero al Magnolia, di mercoledì sera, non i cancelli di ferro. Apre lo show Giorgio Canali con “Buchi neri”: molti sono venuti qui solo per lui. Vasco Brondi suona con audacia ma in maniera semplice, percepibile, senza sofismi, senza quelle ricercatezze che «allontanano il pubblico invece che attirarlo», mi dice una ragazza sorridente.

Sono le 22 e 30, si apre: il suono è subito pieno, il volume riempie ogni spazio. Aspettare la notte copre ogni distanza possibile tra il palco e chi il palco lo vede e lo sogna; il sound è davvero carico: Vasco dice di «fare questo tipo di musica perché non sa cantare», ma mente: le melodie dei loro pezzi sono un vero applauso alla sua vocalità piena, e lo contraddicono in pieno! Là sul palco c’è un mix di suoni e di stili che tiene insieme un impero di spettatori, anche molto diversi tra loro.

Dragogna è meraviglioso alla chitarra elettrica, muove i capelli come un metallaro aggraziato e pieno di talento e la batteria non scandisce il tempo ma epoche; il cantante racconta storie semplici e fatali, lo fa con talento e con un’energia che supera ogni definizione preconfezionata: sullo sfondo di luci rosse che non pulsano, come stelle fisse, Le luci della centrale elettrica illuminano i volti del pubblico senza finzioni sceniche: urlano con grazia, modulano la forma del suono, ogni tanto esce un accenno punckeggiante o un’eco folk, o una forza psichedelica.

La batteria predica forza e picchia, ma la voce, gridando frasi ripetute come mantra (ab)batte – sempre – il rullante. Immaginate un ritmo coinvolgente come in un brano di Rino Gaetano e portatelo fino a marzo del 2015: ecco, renderebbe giustizia a questo gruppo che della “vita di provincia” ha fatto un feudo che si espande (sotto, e davanti e intorno suona Nuvole senza Messico).

Cara catastrofe porta i toni del concerto verso zone dell’animo più miti e accessibili, parole lievi e semplici e una chitarra ora addomesticata tinteggiano la presenza silente di De Gregori e De André. Poi la voce si fa più cantilenante ma senza perdere il suo tono autorevole, e rende tutto meno violento rispetto ai primi pezzi suonati.

Nelle ultime fasi di questo grande concerto, Le Luci della centrale elettrica ammorbidiscono il suono e ritornano a quell’impronta cantautorale e morbida, malinconica e dolce che ha contraddistinto il loro cammino, quella lunga marcia costellata di collaborazioni nobili e importanti, coronata di premi e impreziosita da molti tour di grande successo.

Dopo il concerto è impossibile incontrarli: la ragazza dell’ufficio stampa mi dice che sono soliti decomprimere la tensione del palco, mentre mi conferma questa nuova e stupefacente capacità di Vasco: sapersi rendersi corale, saper aggiungere alla propria impronta cantautorale una forza sonora nuova.

Qualche ragazzina rimpiange l’impronta melodica e Baustelliana degli esordi, io amo questa sorpresa di rock spumeggiante e pieno di sfumature. Un sorriso suggella sempre questi commenti mentre si fuma nel cortile. Decomprimete pure, ragazzi.

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