Le cinque ragioni per cui l'album dell'anno è di Adele (e non di Beyoncé) | Rolling Stone Italia
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Le cinque ragioni per cui l’album dell’anno è di Adele (e non di Beyoncé)

«Ma che ca**o deve fare per vincere nella categoria album dell’anno?», questa la frase con cui Adele ha commentato la sconfitta di Bey ai Grammy Awards 2017. Di seguito vi spieghiamo, in cinque punti, le ragioni della sua vittoria (e conseguente sconfitta della rivale)

Le cinque ragioni per cui l’album dell’anno è di Adele (e non di Beyoncé)

Nonostante abbia vinto ai Grammy Awards in tutte le principali categorie, anche Adele non riusciva a crederci: «Pensavo fosse il suo anno», ha dichiarato riferendosi a Beyoncé a al suo Lemonade, acclamato a gran voce dalla critica ma inspiegabilmente escluso dalla premiazione dell’altra sera. Lemonade ha sì vinto, ma in una categoria decisamente minore, Best Urban Contemporary Album, il che ricorda il caso analogo di Michael Jackson, quando nel 1980 vinse come Miglior performance Best Male R&B Vocal Performance mentre il suo Off the Wall non fu nemmeno nominato fra i papabili album dell’anno – offesosi, MJ risolse la cosa pubblicando un album che nessuna giuria avrebbe mai potuto ignorate, ovvero Thriller. Peccato quindi per Beyoncé, il cui unico successo in una delle massime categorie risale al 2010, quando fu premiata la sua Single Ladies (Put a Ring on It). Ci siamo quindi chiesti il motivo perché, nonostante sia ormai la regina indiscussa del pop mondiale, la giuria dei Grammy continui a ignorare il lavoro di Beyoncé; ecco alcune ipotesi…

1. La giuria è composta da soli uomini bianchi…

Forse non è un caso che Beyoncé abbia deciso di pubblicare il suo album più esplicitamente e orgogliosamente ‘afro-americano’ nell’anno di Trump: si prenda come esempio Formation, in cui canta “Mi piace il mio naso da negro con le narici alla Jackson Five“. Si ricordi anche che, in occasione della sua performance durante la scorsa edizione del Super Bowl, molti esponenti del partito Repubblicano si scagliarono contro la fantastica esibizione di Queen B, accusandola di essere “pro-Black Panther e anti-polizia”. Tuttavia, anche se l’industria musicale statunitense è certamente di più ampie vedute rispetto all’americano medio, non si può negare che sia guidata per la stragrande maggioranze da uomini bianchi. Bisogna comunque dire che gli artisti di colore solitamente vengono premiati con maggior frequenza ai Grammy rispetto che agli Academy Awards, anche se non è insolito assistere a quanto avvenuto l’anno scorso, con la scandalo da cui la protesta #OscarsSoWhite.

2. …e anziani

Un membro della commissione dei Grammy aveva già predetto a Rolling Stone che la giuria, non propriamente nota per il suo spirito innovatore, avrebbe preferito Adele alla rivale. «Beyoncé potrebbe vincere per la maggior rilevanza sociale delle sue canzoni e perché ha fatto un lavoro certamente più innovativo – aveva detto il giurato, per poi aggiungere – ma non sottovaluterei l’età media piuttosto elevata della commissione possa far sì che preferiscano una cantante come Adele». Bisogna aggiungere, tuttavia, che i Grammy hanno anche una giuria aggiuntiva per evitare gaffe eclatanti come quello passato alla storia del 1988, quando i Jethro Tull, fra il clamore generale, trionfarono sui Metallica, favoriti da tutti i pronostici. Ma premiare Adele come album dell’anno? Possiamo dire certamente che non si tratti di una gaffe, ma di una volontà precisa dei giurati.

3. 25 ha semplicemente riscosso più popolarità di Lemonade

È verosimile pensare che 25 di Adele sia arrivato all’orecchio dei giurati molto più spesso rispetto a Lemonade, si pensi solamente al fatto che il primo ha venduto 20 milioni di copie – di cui ben 9 negli Stati Uniti – mentre Beyoncé si è fermata a poco meno di 2 milioni. Infatti, nonostante Beyoncé nel 2016 abbia realizzato un lavoro decisamente più influente a livello culturale di Adele, si sia esibita a sostegno della campagna di Hillary Clinton in Ohio e abbia guadagnato dal tour 256 milioni dollari, Adele è stata comunque più visibile. Infatti, nonostante la cantante inglese abbia raccolto ‘soltanto’ 168 milioni di dollari, bisogna dire che ha fatto ben 107 concerti rispetto ai 49 di Beyoncé.

4. Adele ha pubblicato 25 in maniera tradizionale

Per quanto si possa vendere su Spotify o Pandora, il mercato dei CD e degli mp3 genera ancora la maggioranza degli incassi per le case discografiche. Adele infatti ha negato il suo 25 allo streaming per mesi, e grazie a questa strategia rivelatasi vincente, a solo un anno dalla pubblicazione l’album aveva già raggiunto le 7,5 milioni di copie vendute. Beyoncé, al contrario, ha inizialmente pubblicato l’album solamente in streaming, per di più limitandosi al solo Tidal, tagliando così fuori gli utenti Spotify e Apple Music e, soprattuto, gonfiando più le proprie tasche che quelle della sua etichetta. A fine anno erano tante le star che avevano seguito l’esempio: da Drake a Rihanna, la pubblicazione in esclusiva streaming era diventata così popolare che la più grande etichetta al mondo, la Universal, ha dichiarato di voler bandire questa pratica. Può essere che la giuria dei Grammy, composta in maggioranza da discografici, abbia voluto punire Beyoncé o quanto meno favorire Adele? Forse non in maniera esplicita ma è sicuramente una possibilità.

5. La votazione poteva essere ripartita

Vox ha teorizzato che Lemonade, Purpose di Justin Bieber e Views di Drake si siano divisi i voti pop ed hip-hop, lasciando ad Adele la fetta più grande dell’elettorato. Questa è quasi certamente la spiegazione della vittoria di Beck nella categoria album dell’anno nel 2015, quando Morning Phase ha battuto Beyoncé, Ed Sheeran, Sam Smith e Pharrell Williams. Quest’anno, la spiegazione non è convincente: Adele è pop e lei e Beyoncé sono due regine regnanti. Avrebbero potuto facilmente dividere i voti tra le due, relegando Drake o Bieber a una vittoria in una categoria minore. Ma non è andata così.

Adele parla alla stampa del suo amore per Beyonce dopo la vittoria nella categoria Album of the Year.

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