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La techno è di tutti: intervista a Blawan

"Perché ogni considerazione profonda sulla club music è una pippa. Rimango superficiale per evitare il superfluo. La musica è di tutti, ma soprattutto è solo musica." Abbiamo intervistato il DJ inglese.

La techno è di tutti: intervista a Blawan

Il nome di Blawan è uno di quelli conosciuti soprattutto da chi alle feste ci va per davvero. È più facile trovare il moniker di Jamie Roberts fra i nomi di un festival elettronico, di una serata techno, piuttosto che di un negozio di dischi.

Ma per quanto abbia firmato già una sfilza di rispettabili EP, Jamie ha sentito che il 2018 era l’anno buono per un primo, luccicante album: Wet Will Always Dry, uscito un mesetto fa per la sua Ternesc in doppio LP e formato digitale.

Il primo album è di quest’anno ma tu è molto che sei nel giro. Quando hai iniziato a mettere dischi?
Come tutti, credo di aver iniziato nella mia cameretta con i miei amici. Ho iniziato a farlo seriamente, dico nei club, più o meno quando è uscito il mio primo disco. Quindi fai 8-9 anni fa. Ho organizzato parecchie feste quando ero all’università ma niente di serio fino a quando ho iniziato a produrre.

C’era selezione alla porta? Poi ti spiego perché te lo chiedo.
Solo una piccola parte dei club in cui suono ha i buttafuori che fanno selezione.

Non è un po’ uccidere il clubbing secondo te? Un paio di mesi fa volevo vederti al Berghain, a Berlino, e mi hanno balzato senza addurre motivazioni.
No! Mi spiace davvero. Beh, sì è una selezione molto severa la loro. Però il bello è che la zona del Berghain è piena di altri locali dove puoi andare in ripiego. Molti altri club in cui la selezione c’è ma non è così pesante. Puoi andare al Tresor, il Silver Club. Credo che al Berghain facciano molta selezione perché ci sono molti turisti che vogliono entrare. Però non è il massimo come cosa, sono d’accordo.

Come mai il primo album adesso?
Sono passati 8 anni dal primo EP, ma non è mai stata una questione di tempo. Per me la musica è sempre stata una faccenda di ricerca e studio. Sono qualcosa di molto simile a un nerd quando si parla di stare in studio. Sono molto, molto attento e giudizioso su ogni cosa che produco e faccio uscire. Questa cosa dell’album è venuta da sé, non ho mai sentito la pressione di farne uno: semplicemente, sentivo che era il momento buono. E che soprattutto avevo il tempo per fare le cose come si deve.

Insomma sei un tipo meticoloso.
A volte anche un po’ troppo, sai? Se qualcosa non mi convince al 100%, dall’inizio alla fine, allora probabilmente non lo sentirai mai. Non mi piace sentire la pressione delle decisioni sul collo, né tantomeno stare lì a scervellarmi su cosa non vada o meno. Se c’è un neo, butto via tutto.

C’è sempre questo senso di ironia nelle tue cose, forse è così che combatti la pressione.
È vero, io faccio le cose così. Il mio vecchio moniker era Bored Young Adults, e mi rendo conto che anche il titolo dell’album potrebbe sembrarlo: Wet Will Always Dry. Credo che questa vena ironica si spieghi nell’idea stessa di club music. Per definizione è musica positiva, suonata in posti dove si socializza e dove vai con gli amici a divertirti. Non dovrebbe essere mai troppo oscura, negativa. Non che quel tipo di techno non mi piaccia, eh, ma vorrei che si tenesse bene a mente che questa musica è quel che è. Senza darci troppo peso o profondità. Buona musica su cui ballare, fine.

Sì, il titolo parla proprio di questo. Prima o poi si asciuga tutto.
È una conseguenza, è una cosa ovvia. Ciò che si bagna prima o poi si asciuga. È quel che è, senza troppi fronzoli. Potevo chiamare l’album È quel che è ma mi sembrava un po’ troppo stupido [scoppia a ridere, nda]. Ma il titolo in ogni caso vuole rimanere superficiale, perché ogni considerazione profonda sulla club music è una pippa. Rimango superficiale per evitare il superfluo. La musica è di tutti, ma soprattutto è solo musica.