Gli Asian Dub Foundation non finiscono mai di stupire. In vent’anni di carriera discografica hanno sperimentato di tutto, sia in termini di genere (dal reggae al dub, spingendosi fino a drum’n’bass, rap rock e hardcore punk), sia sul piano del mezzo espressivo prescelto, cimentandosi con il cinema e nuove forme di colonne sonore.
Ora la band britannica composta da membri di origine asiatica ha in ballo un nuovo album, The signal and the noise, un’importante progetto che coinvolge George Lucas, una “vecchia” formazione, e un tour dal vivo che farà tappa domani, 25 luglio, al Rock Planet di Pinarella di Cervia.
Negli ultimi anni Dr. Das, Ghetto Priest e Rocky Singh, membri fondatori del progetto Asian Dub Foundation, sono rientrati nella formazione. Come è andata?
Nel 2011 Dr Das e Rocky Singh hanno ripreso a suonare insieme dopo ben sette anni, insieme al chitarrista Steve Savale, per un progetto che riguardava il cinema. Ovviamente il feeling tra loro era di nuovo ottimo così hanno deciso di registrare del materiale con l’aiuto del nostro storico produttore Adrian Sherwood, agli On-U Sound Studios di Ramsgate, a sud di Londra. Durante le registrazione c’è stato un problema tecnico, per risolvere il quale abbiamo dovuto chiamare un ingegnere del suono. Adrian stesso gli è andato incontro alla stazione di Ramsgate e per un’assurda coincidenza dallo stesso treno è sceso anche Ghetto Priest, uno dei primi cantanti degli ADF. Adrian lo ha invitato in studio per fare alcune voci di sottofondo e anche in quel caso si è creata una bellissima atmosfera tra i musicisti. A quel punto abbiamo deciso di provare con una nuova formazione live, composta da Steve Savale, Dr. Das, Rocky Singh, Ghetto Priest, Aktarvata e Natha Flutebox’Lee.
Possiamo definirla una rinascita degli Asian Dub Foundation? In che modo il rientro dei membri originali ha cambiato la vostra musica?
È sicuramente una rinascita. Il ritorno di alcuni membri ha trasformato la band in una macchina per concerti: meno computer, più suonato. E poi è cominciata una sorta di competizione interna per creare qualcosa di veramente straordinario, per spingere i singoli talenti dei musicisti verso nuove altitudini.
L’album “The Signal And The Noise” è stato pubblicato nel 2012 per il solo mercato giapponese. Come mai?
Come dicevamo, inizialmente è nato come un “progetto da studio”. Ai tempi non c’era alcuna certezza su un’eventuale tour dal vivo con gli stessi musicisti, anche se il materiale sembrava davvero ottimo. L’etichetta giapponese voleva assolutamente pubblicarlo, così abbiamo deciso di farlo.
E perché invece ora avete deciso di diffonderlo nel resto del mondo? Avete cambiato qualcosa rispetto alla versione giapponese?
Dopo la pubblicazione dell’album in Giappone, il primo show dal vivo si è tenuto al Chorus Festival di Parigi nell’aprile del 2013 ed è stato fantastico, come se fosse scritto nel destino, come l’inizio di qualcosa di nuovo e straordinario. Così è cominciato il tour e la nuova formazione è cresciuta insieme a musica fresca. A quel punto ci è sembrato semplicemente logico registrare le nuove canzoni con quella line-up. Siamo convinti che il risultato mostri esattamente questo processo creativo. Rispetto alla versione giapponese abbiamo riarrangiato alcuni brani e remixato gran parte delle canzoni, ed ora il disco è molto rappresentativo della nuova formazione.
Cosa deve aspettarsi il pubblico italiano dal vostro concerto?
Siamo una band che vive al 100% ogni singolo show, e cerchiamo ogni volta di renderlo migliore di quella precedente. E sta diventando difficile perché la band ora è davvero al massimo della forma: i migliori giocatori nel meglio della loro partita.
Fin dall’inizio della vostra carriera avete scelto di utilizzare la musica per veicolare messaggi politici e sociali. Pensate che la musica possa essere ancora un mezzo di educazione e informazione?
Sì, assolutamente. Un sacco di informazioni e commenti sono stati recepiti dalla gente attraverso ballate. Le canzoni erano i quotidiani di una volta e veicolavano informazioni su crimini, amori, omicidi e battaglie. Per quanto ci riguarda, se pensiamo che una situazione sia sbagliata, non restiamo certo indifferenti o in silenzio, anzi, ci torniamo su, lottiamo per le nostre idee.
In passato avete lavorato con il cinema, creando particolari colonne sonore dal vivo per i film L’Odio, di Mathieu Kassovitz, e per La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. È vero che state creando un live anche per THX 1138 di George Lucas?
Sì! La colonna sonora live di THX 1138 verrà presentata in prima mondiale al Celebrate Brooklyn Festival l’8 agosto. Siamo veramente felici del risultato e speriamo che piaccia anche a George Lucas! Siamo molto orgogliosi del lavoro fatto con “L’Odio” e “La Battaglia di Algeri” e crediamo che “THX 1138” possa avere lo stesso impatto.
In passato avete collaborato con tantissimi colleghi illustri. Manca qualcuno all’appello?
Abbiamo lavorato con Iggy Pop, Sinead O’Connor, Radiohead, Beastie Boys, Rage Against The Machine, David Bowie, Chuck D, Perry Farrell e molti altri, quindi il livello è veramente altissimo! Al momento fare qualcosa con M.I.A o Lana del Rey sarebbe davvero interessante.
E dopo aver letto l’intervista, ecco come fare per andare a vedere gratis gli Asian Dub Foundation a Pinarella di Cervia:
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