Korn, Sum 41 e NOFX: Effetto nostalgia | Rolling Stone Italia
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Korn, Sum 41 e NOFX: Effetto nostalgia

Prendiamo come anno campione il 2000 per confrontare tre band che questo ottobre tornano sugli scaffali con un nuovo album

Nofx, foto via Facebook

Nofx, foto via Facebook

Se nel 2000 — anno puramente indicativo in cui le tre band che maltrattiamo oggi stavano vivendo il proprio periodo d’oro — si facevano tour soltanto per promuovere il disco, oggi lo stesso disco è diventato un proforma, una scusa per impacchettare gli strumenti e caricarli su un tour bus. Perché, lo sappiamo, oggi il fan medio preferisce pagare minimo 40 euro per il biglietto di un concerto anziché € 9,99 su iTunes. Per certi versi, quindi, fare leva sulla nostalgia improvvisando tour come quello collaborativo fra Korn e Limp Bizkit è la mossa più furba per portare avanti un nome che altrimenti andrebbe gradualmente a scomparire. Detta in parole povere, in questi ultimi 2-3 anni chi poteva riunirsi l’ha fatto e poi è andato in tour; chi invece non si è mai sciolto è tornato in tour, ma prima l’album. Ecco quindi spuntare fuori in un solo mese tre mostri sacri dell’adolescenza: Korn, Sum 41 e NOFX. Come cellule che si moltiplicano, le tre band di vecchie glorie non hanno fatto altro che conservare intatto e poi duplicare il proprio codice genetico. Di conseguenza, ciò in cui ci imbatteremo nel nuovo 13 Voices dei canadesi Sum 41 sarà una sfilza di “4 chords songs”, che sfruttano cioè una delle progressioni armoniche più abusate nella storia della musica e in particolare nel punk rock (I-V-vi-IV) e da cui lo stesso genere non sembra volersi separare. Non mancano nemmeno i cori di rinforzo alla voce di Deryck Whibley, che pare un po’ sofferta, ma sempre pronta a cacciare strilli liberatori nei ritornelli appena dopo una strofa malinconica. In maniera altrettanto inevitabile e senza fargliene una colpa, con First Ditch Effort i NOFX ripassano gli stessi punti cardine dell’ultimo Self Entitled, oltretutto lasciando passare quattro anni fra uno e l’altro, periodo di maggiore inattività discografica della band. La voce di Fat Mike è sempre più roca, ma grazie ai suoi “For 30 years / I’ve still have the same fears” sappiamo che nemmeno lui è cambiato così tanto. Unico disco a sorprenderci è The Serenity of Suffering dei Korn, che molto spesso tornano emotivi e downtempo come non succedeva dal disco di esordio del ’94.

Questo articolo è stato pubblicato su Rolling Stone di ottobre.
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