Kamasi Washington live al Tunnel di Milano: due batterie son troppe | Rolling Stone Italia
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Kamasi Washington live al Tunnel di Milano: due batterie son troppe

Ieri sera, il talentuoso sax tenore di Los Angeles ha portato il jazz del suo "The Epic" a Milano. Però alcune scelte ci hanno fatto storcere il naso

Foto: Marta Bacigalupo

Foto: Marta Bacigalupo

Se c’era hype sul primo disco di Kamasi Washington, The Epic, figuriamoci per la data di ieri sera al Tunnel. Prima apparizione milanese e terza italiana del sassofono jazz tenore, classe 1981, buona forchetta, capelli afro e medaglioni su tuniche esotiche alla Sun Ra.

Il primo dubbio sorge sulle location scelte per il tour promozionale del disco, pretenzioso su titolo e durata ma nel complesso ottimo come molti altri sulla Brainfeeder di Flying Lotus. Lunedì al Locomotiv di Bologna, martedì al Monk di Roma e ieri al Tunnel di Milano: tutti club, nonostante il triplo album suoni “classico” e quindi più che consono alle mura di un jazz club, chessò, il Blue Note. Già, come mai? La spiegazione è molto semplice. Sul palco, insieme al sassofonista, alla sua fidanzata corista che mannaggia al fonico non si è sentita per metà del concerto, al contrabbasso (anche lui mixato da cani), tastiera e trombone, la sezione ritmica era affidata a ben due (ripeto D-U-E) batteristi tipo i Melvins. Tutto ciò si traduce in un frastuono allucinante.

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Quindi, piuttosto che attenersi al disco, dove la batteria è UNA e suona a) sobria, per quanto imprevedibile e b) come se non dovesse attentare costantemente al primato del sassofonista, si è preferito puntare su assoli pirotecnici di due riccardoni virtuosi, picchiaduro. E non proprio quattro mani di fata, ma Ronald Bruner Jr. (ex Suicidal Tendencies) e Tony Austin, endorsato da Zildjan da quando aveva 10 anni. Se sorvoliamo su questi impicci non da poco—si parla di livelli ed equalizzazione sbagliati e una parte iniziale che farcita di assoli impostati ricorda più la parte finale del concerto—l’esibizione è stata più che piacevole.

Smaltiti i convenevoli dei brani più attesi, penso a Miss Understanding o Re Run, il gruppetto si è concesso qualche libertà. Molto apprezzata dal pubblico è stata la cover di Voodoo Child di Hendrix messa in piedi da Miles Mosley al contrabbasso, sfoggiando oltretutto un timbro vocale notevole. A un certo punto Kamasi chiama sul palco persino suo padre, simpatico sessantenne completamente a proprio agio con flauto traverso e sax soprano.

Le due ore di live si concludono sulla cover di Hard Knock Life di Jay Z, giusto per mandare tutti a casa contenti. Così è stato, però nel frattempo licenziate il fonico del Tunnel.

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