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Jovanotti: «L’ambientalismo non può essere sempre e solo punitivo»

La società che ha organizzato il Jova Beach Party ha pubblicato un'indagine che punta a chiarire la questione degli impatti ambientali del tour. «Se non accetti il pregiudizio che un concerto inquina per cui non va fatto, allora sei additato da un moralismo che è una sorta di santa inquisizione», ha detto Lorenzo

Jova Beach Party 2022 a Marina di Cerveteri. Foto di Rocco Spaziani via Getty

L’impatto ambientale del Jova Beach Party, il tour sulle spiagge di Jovanotti, è stato il tema polarizzante dell’estate: il cantante è stato criticato duramente dai movimenti per il clima, che hanno parlato di greenwashing a causa della partnership tra Trident Music – la società che si è occupata dell’organizzazione delle date – e il WWF e sottolineato i danni che questi eventi avrebbero procurato a ecosistemi fragilissimi.

Oggi la stessa Trident ha pubblicato un documento, intitolato “Legacy Report – Fondamenta” e realizzato dagli analisti di Nativa (società milanese specializzata nella valutazione dell’impatto di sostenibilità delle aziende), che mira a rivelare «quale sia stato il risultato generato da Jova Beach Party 2022 secondo una prospettiva di ecosistema e con un orizzonte temporale che si spinge oltre l’estate 2022».

Il report aiuta a capire gli impatti rispetto a cinque aree: circolarità nell’uso delle risorse, impatto sugli ecosistemi, resilienza climatica (cioè la gestione e misurazione delle emissioni), l’educazione e il coinvolgimento (intesi come capacità di trasmettere comportamenti sostenibili) e la generazione di benessere per le persone coinvolte (partecipanti, lavoratori e comunità locali).

I risultati dell’indagine – che può essere consultata liberamente sul sito di Trident – mettono in luce alcuni risultati virtuosi: ad esempio, le performance sono state ottime dal punto di vista dell’abolizione della plastica (100%), del riutilizzo dei materiali (95%) e della raccolta differenziata (85% contro una media nazionale del 68%).

Intervistato dal Foglio – che ha pubblicato in anteprima il rapporto – Jovanotti ha espresso una certa soddisfazione per i risultati del report: «Io credo fermamente nella necessità di scelte che siano non solo rispettose dell’ambiente, ma in grado di migliorarlo», ha spiegato, «ma non possiamo prendere l’ambiente sempre dal punto di vista del senso di colpa, punitivo».

Il cantante ha poi elogiato le ricadute positive del suo tour: «La verità è che abbiamo ripulito, migliorato i luoghi, ad esempio la spiaggia di Castel Volturno. Basta guardare le misurazioni indipendenti fatte, leggere cosa dice il WWF che dall’inizio abbiamo voluto fosse il nostro punto di riferimento e di indirizzo», ha spiegato.

In relazione al mancato ottenimento della certificazione B. Corp – una certificazione volontaria rilasciata dall’organizzazione internazionale B Lab che valuta l’impresa, secondo rigorosi standard previsti dal B Impact Assessment (BIA), nella sua globalità: lavoratori, comunità, impatto ambientale, modello di governance – Jovanotti ha ammesso che «sarebbe assurdo dire che non ci sono criticità, ma c’è una componente ideologica e un po’ di estremismo: oggi non c’è la soluzione perfetta. Che senso ha dire che non va consumata corrente elettrica?», aggiungendo di credere in una «sostenibilità sostenibile, perché la società non decresce, non siamo fatti per decrescere ma per trovare le soluzioni».

Il cantante ha concluso spiegando che «aiutare l’ambiente non è per forza mortificazione. A molti dà davvero fastidio e se non ti adegui, se non accetti il pregiudizio che un concerto inquina per cui non va fatto, allora sei additato da un moralismo che è una sorta di santa inquisizione. E non sono impaurito, so quel che faccio».

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