Jordan Jeffrey Baby ha tentato il suicidio in carcere, di nuovo | Rolling Stone Italia
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Jordan Jeffrey Baby ha tentato il suicidio in carcere, di nuovo

Il trapper è stato ritrovato disteso nella sua cella con una ferita alla fronte causata da una caduta. Al suo fianco anche una lettera indirizzata al padre. Il suo avvocato: «Cosa aspettiamo a intervenire? Mi sento responsabile per lui»

Jordan Jeffrey Baby ha tentato il suicidio in carcere, di nuovo

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Jordan Tinti, il trapper conosciuto come Jordan Jeffrey Baby, ha di nuovo tentato il suicidio all’interno del carcere di Pavia dove è detenuto con l’accusa di aver aggredito e rapinato un uomo, la scorsa estate, nella stazione di Carnate.

Il ragazzo avrebbe ritentato l’estremo gesto nella giornata di venerdì quando le guardie penitenziarie lo hanno trovato disteso a terra nella sua cella con una ferita alla testa provocata da una caduta. Stando a quanto riporta Prima Monza, nella cella sarebbe inoltre stata ritrovata una lettera indirizzata al padre.

Non è la prima volta che Tinti prova a togliersi la vita in carcere: un primo tentativo di suicidio era stato sventato dalle guardie penitenziarie a fine gennaio, quando il ragazzo era stato trovato con un cappio al collo.

«Purtroppo è caduto nello sconforto più totale dopo l’ennesimo riscontro negativo del Tribunale, è arrivato al limite sia fisico che soprattutto psicologico» ha dichiarato il suo avvocato, Federico Pisani. «La situazione è ormai insostenibile. Peraltro qualche settimana fa il mio cliente aveva subito una violenza in cella di cui ha presentato denuncia. Ho fatto notare tutti questi aspetti al giudice, che però ha rigettato nuovamente la mia richiesta. Non chiedo la scarcerazione, ma che la detenzione continui ai domiciliari. Una misura che non solo garantirebbe la sicurezza e l’incolumità di Jordan, ma anche una maggior serenità al padre. Da quando è entrato in carcere Jordan si è sempre comportato correttamente, inoltre ha presentato dichiarazioni spontanee ai giudici e si è offerto di corrispondere un risarcimento alla vittima: come si fa non tenere in considerazione tutti questi aspetti?».

Il gesto sembra legato, oltre ad uno stato depressivo molto profondo, all’ennesimo rifiuto da parte del giudice di conferire a Tinti i domiciliari. Sul piatto, in questo momento, per Tinti c’è la possibilità di essere inserito in un percorso terapeutico in comunità, ma l’iter giuridico a riguardo non è semplice né tantomeno veloce, come ha fatto notare il suo avvocato.

«È uno spiraglio positivo, ma non è così semplice da cogliere poiché individuare una comunità richiede del tempo. Senza contare che a oggi, purtroppo, non ho ancora ottenuto le risposte necessarie dagli enti preposti e questo è un fatto preoccupante. Più tempo passa e più l’incolumità del ragazzo è a rischio». Pisani ha poi aggiunto: «Ha già tentato due volte il suicidio e ha compiuto diversi atti di autolesionismo. Cosa aspettiamo a intervenire? Io mi sento responsabile per lui e non posso accettare che un ragazzo di 25 anni, pur avendo commesso degli errori, venga trattato in questo modo. È inaccettabile sotto ogni punto di vista e ci batteremo affinché Jordan possa uscire dal carcere e scontare la detenzione in un contesto più sicuro per lui».

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