John De Leo: «Il mio Grande Abarasse come un condominio dove si litiga e ci si vuole bene» | Rolling Stone Italia
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John De Leo: «Il mio nuovo album è come un condominio dove si litiga»

Il musicista e compositore (ex voce dei Quintorigo) torna con "Grande Abarasse", un nuovo concept album: «Ci ho messo dentro tutto: la canzone, il cantautorato, l'indie rock, il jazz e l'amore per la musica classica ed elettronica»

John De Leo

John De Leo

Wow. John De Leo. Sette anni per un disco, sette per acconciare, ordinare e ricomporre la complessità di una suggestione, quell’insistente illuminazione che scorre sul fondo di un album come Il Grande Abarasse, fatta di giochi, rimandi, sensibilità, applicazione, caos. Musica.

Il nuovo album di John De Leo (ex voce dei Quintorigo) è anche questo, un lavoro in cui la voce – elemento imprescindibile, accarezzata, piegata, liberata – è un cuore che palpita e pompa sangue a un’opera strutturata a mo’ di concept «ambientato in un immaginario condominio, il cui mood ricorrente è un’esplosione», dice De Leo, «rappresentata in ogni canzone in maniera diversa e che volevo corrispondesse a una deflagrazione interiore. Un boom provocato da una miccia che era già accesa».

Cover Il Grande Abarasse_media

Ma che vuol dire Il Grande Abarasse e di che cosa è fatto? «Detto semplicemente: è tutto ciò che pensate significhi. Il condominio corrisponde a un piccolo agglomerato umano, una piccola società che in qualche modo ne rappresenta una più grande, dove si litiga, ci si fa i dispetti, ci si vuole bene». In ogni caso, Il Grande Abarasse, a cui partecipano l’Orchestra Filarmonica di Bologna e Uri Caine in un brano, è una lucida ridda di suoni, direzioni e voci, dove la «necessità dei gorgheggi è parte di un preciso contesto musicale, un accompagnamento alle parole a volte inconsueto».

Un luogo dove De Leo ritrova i suoi stimoli più fertili, «la canzone, il cantautorato, l’indie rock» oltre al «jazz e all’amore per la musica classica ed elettronica, che ci siamo divertiti a emulare». Ma è scorrendo le dieci canzoni del disco (e oltre, dato che l’opera si dilunga in un ghost album di «divagazioni orchestrali» in cui De Leo è sempre più defilato) che si ha sempre più chiaro il quadro d’insieme, tra field recording, manipolazioni, fisarmoniche e piano, violini, archi, sax e clarinetto, intrecciati a una voce che stuzzica la fantasia, «rimanendo però, in un certo senso, sempre abbastanza pop, di fruizione popolare».

John De Leo partirà per un piccolo instore tour nelle Feltrinelli di Roma (8 ottobre), Milano (9 ottobre), Bologna (10 ottobre).