Dal 2010 in Puglia è stata attuata una chiara scelta politica: considerare la cultura, e nel caso specifico di Puglia Sounds, la musica, come un elemento di sviluppo del territorio al pari di qualsiasi altro settore economico: che fosse aeronautico, farmaceutico, agricolo». Poche parole, chiare e precise, per iniziare a spiegare la rivoluzione di Puglia Sounds da parte del suo coordinatore Antonio Princigalli. Puglia Sounds, il programma di produzione, sostegno, valorizzazione della musica pugliese, che è riuscito in 5 anni a organizzare un numero come 860 concerti in tutto il mondo, e a creare e promuovere 178 produzioni discografiche e a organizzare un festival, il Medimex, giunto alla quinta edizione, sempre più importante per nomi e numeri.
«È stata una scelta politica applicata a tutti i settori della cultura», prosegue Princigalli, «perché all’Apulia Film Commission è stato chiesto di curare i servizi relativi alla produzione cinematografica nella regione, mentre al Teatro Pubblico Pugliese sono stati dati obiettivi relativi alla produzione teatrale, ovviamente. In Puglia, si sono resi conto che la cultura andava esportata e che i turisti venivano nella nostra Regione non solo per i trulli, il buon cibo e il mare, ma anche per la vivacità musicale. Ognuno deve sfruttare i proprio talenti». La chiave di tutto, per quanto riguarda Puglia Sounds, è stato far capire quanto si possa anche “guadagnare” dalla musica: «Per questo il nostro claim è “la musica è lavoro”, bisogna considerare che sul palco non va soltanto un artista o il suo gruppo, ma ci sono anche i tecnici del suono, i montatori di palco, gli addetti alla sicurezza e moltissime altre figure. La stessa cosa vale per la produzione degli album: ci sono le fabbriche per i dischi e anche quelle per i bollini. Insomma, in Europa il 2,6% del Pil deriva dall’industria della cultura, perché non rendersene conto anche in Italia?».
L’indubbia capacità di Puglia Sounds è stata quella di aver saputo gestire i fondi europei per lo spettacolo, anche se potrebbe sembrare un’impresa parecchio difficoltosa: «Il procedimento non è stato immediato, infatti», precisa Princigalli, «ma abbiamo creato un ufficio agile con persone giovani e in gamba. E abbiamo semplificato e semplificato per creare dei bandi che potessero aiutare più progetti validi possibili».
L’aiuto, economico e non, di Puglia Sounds non riguardava soltanto artisti pugliesi: «Ciò che contava per noi, e che abbiamo sottolineato nei bandi, era che si valorizzasse la musica e la tradizione pugliese, ma questo poteva essere fatto anche da artisti stranieri. Abbiamo ricevuto un sacco di domande da etichette inglesi, francesi, tedesche, infatti. Per esempio, abbiamo favorito il progetto di Ludovico Einaudi sulla Taranta e lui non è certo un artista pugliese». Ma oltre agli stanziamenti economici il contributo più importante di Puglia Sounds è stato quello di creare delle reti internazionali per i musicisti, di modo che potessero partire per andare a fare conoscere la loro musica ovunque: allo Sziget Festival di Budapest, al Primavera Sound di Barcellona, all’Eurosonic di Groninghen, al SxSW di Austin, solo per citare i più importanti. E senza voler aiutare soltanto gli emergenti per forza: «È come se noi costruissimo delle autostrade, tutti le possono percorrere, ma devono avere le caratteristiche giuste per farlo. Siamo molto attenti nel valutare la capacità degli artisti di partecipare a un progetto. Se qualcuno ci propone di andare in Francia a tenere delle date, vogliamo essere sicuri che abbiano in mente lo scopo del viaggio e che abbiano considerato tutti gli aspetti, come quello di avere un ufficio stampa all’estero. Abbiamo supportato il tour di Nicola Conte all’estero, quello del Canzoniere Grecanico che ha tenuto 40 date negli Stati Uniti, e adesso, per esempio promuoviamo il primo tour in Giamaica dei Sud Sound System, non certo artisti alle prime armi».
Princigalli paragona il lavoro di Puglia Sounds a quello di qualsiasi altro Bureau Export all’estero: il lavoro di chi deve promuovere le eccellenze del proprio territorio nazionale, soltanto che lo fa a livello regionale. «In Francia, Olanda, Finlandia, Polonia, Corea, Australia, Canada, Brasile è normale che il Bureau Export operi in un certo modo. E capita poi che gli artisti siano davvero abituati a prendere e partire, mentre da noi è molto più difficile. Quel che è certo è che noi abbiamo lasciato un segno profondo e ora dall’estero ci contattano per averci come interlocutori per un intero Paese, ma questo non possiamo farlo».
Infine un’ultima importante consapevolezza: «Ci siamo resi conto che Puglia Sounds ha dato orgoglio a quei musicisti che prima venivano considerati sfigati. Prima, se qualcuno chiedeva a un artista “che lavoro fai?”, non si accontentava di sentirsi rispondere “musicista”, richiedeva: “Ma sul serio?”. Prima o c’erano gli artisti affermati o i piccoli che boccheggiavano: noi abbiamo creato una classe media artistica. Adesso tutti si sentono soddisfatti di fare questo lavoro», conclude Princigalli.