De la Soul, la recensione di 'De la Soul Is Dead' in attesa del concerto di stasera | Rolling Stone Italia
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Il trionfo senza regole dei De la Soul

Per prepararci al meglio al concerto di stasera a Milano, ecco la recensione originale di 'De la Soul Is Dead', il capolavoro uscito nel 1991

Il trionfo senza regole dei De la Soul

I De la Soul, foto via Facebook

Nessun disco hip-hop, a parte forse Mama Said Knock You Out di L.L. Cool J o lo stesso esordio dei De la Soul, è scritto e arrangiato con la personalità di De La Soul Is Dead. De la Soul Is Dead è il contrario della “crisi del secondo album”: immerso fino alle ginocchia in trovate ritmiche e melodiche che riassumono la storia del pop sperimentale (il kazoo all’inizio di Dancing Machine, le filastrocche che fanno da sottofondo alle sparate da black macho), questo trio di ragazzini è diventato subito maturo; ora si presentano come oratori irrequieti e ambiziosi, il contrario degli studenti modello che tutti pensavano sarebbero diventati.

Pieno di sample ingegnosi e stupefacenti, scritto con il tipico atteggiamento difensivista di ha conquistato il successo all’improvviso, De la Soul Is Dead conferma innanzitutto che 3 Feet High and Rising non era un caso, e poi che questi ragazzi sono veri professori del genere, e pezzo dopo pezzo (con l’aiuto del produttore Prince Paul) cambiano il modo in cui ascoltiamo, balliamo e viviamo la musica hip-hop.

La cover di “De la Soul Is Dead”

Incorniciato da una serie di “skit” ambientate in un dibattito scolastico sull’effettivo valore del gruppo – “Che verso sdolcinato. E qui che dicono?” -, il disco gioisce dell’eterno fidanzamento tra l’hip hop e la strada, e lo fa con un’autenticità vera, garantita. I brani migliori di De la Soul Is DeadA Roller Skating Jam Named “Saturdays”” (costruita su sample di Chic, Chicago e della colonna sonora di Grease), Talkin’ Bout Hey Love (un’ode power pop decostruita), e Bitties in the BK Lounge – resuscitano i cliché delle canzoni da macho, sempre messi in discussione dalle voci femminili che interrompono (melodicamente) le sparate dei maschi.

Quando arriviamo all’ultimo “skit” – “Cosa è successo ai papponi? E alle pistole? La musica rap non parla solo di questo?” – i De la Soul hanno già riscritto le regole del genere, questa volta con un pezzo sul sessismo, Afro Connections at a Hi 5.

Il vero tour de force, però, è Millie Pulled a Pistol on Santa, una lunga riflessione sulla storia di un’amica violentata dal padre, un membro rispettato della sua comunità che per lavoro fa il Babbo Natale del centro commerciale. Il trio racconta, accompagnato da un riff piano-jazz, la fine dell’innocenza, e lo fa dettaglio dopo dettaglio (“He’s your father… What happened, did he ground you?”, “Child, you got the best pops anyone could have / Dylan’s cool, superhip, you should be glad”). È la conquista di uno sguardo nuovo, di un’osservazione che usa lo specchio delle metafore e non la volgarità gratuita del solito “ecco come stanno davvero le cose”.

Nonostante tutte le voci sulla morte dell’hip-hop, i De la Soul sono riusciti a confezionare una combinazione mozzafiato di bellezza sonora e testuale, un capolavoro spontaneo e senza regole.

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