Il suicidio di una 15enne e la musica come rifugio | Rolling Stone Italia
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Il suicidio di una 15enne e la musica come rifugio

Il vicedirettore del conservatorio di Firenze: «Dal diario che ingiustamente circola sui media sembra che il conservatorio fosse la sua via d’uscita dal bullismo»

Il suicidio di una 15enne e la musica come rifugio

Il grande compositore austriaco Franz Schubert (1797 – 1828) scrisse un Lied (una canzone) intitolata An die Musik (Alla Musica). Nel testo si ringrazia la musica, “arte sublime”, per il conforto portato nelle ore più grigie della vita e per avere dischiuso la visione di mondi migliori all’artista. Schubert ebbe una vita difficilissima, morì molto giovane e, pur avendo un talento immenso come compositore, la sua fama fu in pratica solo postuma: chissà quante volte le parole di quella canzone hanno avuto per lui un significato davvero concreto!

Alcuni giorni fa una ragazza di 15 anni si è suicidata alla stazione di Porta Susa a Torino. Era studentessa al conservatorio, oboista, e sognava di diventare una cantante lirica. Dal diario che – ingiustamente – stanno pubblicando sui media sembra che la musica e il conservatorio fossero la sua via d’uscita dal bullismo di cui era vittima. Quando una persona scopre il proprio talento musicale o anche solo una passione profonda per questa “arte sublime” le emozioni che si producono possono davvero essere paragonate a quelle stesse dell’innamoramento.

Ricordo quando, da adolescente, la mia passione per la musica diventò una ragione di vita e la gioia nello scoprire che avevo abbastanza talento per sperare di farne una professione e non solo un hobby. Ci sono voluti lunghi anni di dura disciplina e grande lavoro, ma non c’era mai un solo minuto di noia e di impazienza in quelle lunghe ore passate a studiare perché il lavoro e la fatica alimentavano la gioia e la speranza, la visione insomma di quei mondi migliori del Lied di Schubert.

Il fatto tristissimo di Torino mi ha riportato alla mente quante volte anche a me la musica ha portato conforto nelle ore grigie ed ho immaginato la povera ragazza che nella
solitudine del suo studio musicale sopportasse le difficoltà di una pratica quotidiana di esercizi tecnico-musicali con i sogni di diventare una musicista in carriera. Così poteva unire, forse, anche lei la sua più forte e profonda passione con la speranza di una gratificazione professionale nell’ammirazione dei colleghi e del pubblico.

Possiamo figurarci quanto forte potesse essere il suo sconforto nel ritrovarsi in una realtà così dura come quella del bullismo. Il conservatorio di musica e le scuole musicali sono istituzioni nelle quali il bullismo è praticamente assente. Da vent’anni insegno al Cherubini di Firenze e non ricordo di aver sentito mai parlare di un singolo caso. Nè si sente parlare di bullismo in altri conservatori. Mi chiedevo stamattina, iniziando a pensare cosa scrivere in questo mio intervento, perché tra studenti di musica non nascono forme di angheria e violenza.

Mi verrebbe da pensare che la disciplina e la serietà a cui fin da bambino deve conformarsi un musicista (si inizia di solito tra i 6 e i 10 anni) facciano maturare la personalità degli adolescenti in maniera più veloce. Forse favorita dalla grande conoscenza di sé e quindi anche degli altri che il lavoro sulle emozioni impone quando si parla di interpretazione artistica. Il lavoro d’insieme della musica da camera, il coro, l’orchestra che più di una squadra sportiva prevede una capacità di creare una vera armonia del gruppo e il desiderio di miglioramento collettivo senza protagonismi…

Il rispetto per il talento dei compagni che può emergere anche in chi non è così bello o così magro come gli stereotipi mediatici ci impongono… Un sogno che è un progetto di vita,
una direzione chiara e a lungo termine, dove la noia non esiste e, se esistesse, non potrebbe essere riempita se non dalla stessa musica… Non c’è spazio tra gli studenti di musica per tempi morti da riempire con le “ragazzate” che diventano bullismo…

Ci sono domande a cui non so rispondere ma che forse le famiglie e le istituzioni scolastiche dovrebbero porsi quando si verificano episodi come quello di Torino. Forse la musica potrebbe essere non solo un rifugio ma, prima di tutto, una soluzione?