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Il report del concerto dei Foo Fighters a Bologna. Niente bis

Siamo stati a quello che poi, purtroppo, si è trasformato nell'ultimo concerto della tournée. La band ha annunciato il rientro negli Stati Uniti dopo i fatti di Parigi
Le foto del concerto dei Foo Fighters all' Unipol Arena di Bologna - Foto di Max Donati

Le foto del concerto dei Foo Fighters all' Unipol Arena di Bologna - Foto di Max Donati

Dave Grohl esce sul palco indossando sempre la stessa maglietta. È quella dei Mastodon, i gigantoni heavy metal di Atlanta che da qualche anno sono una delle sue band preferite (nonostante il cantante dei Brent Hinds lo abbia preso in giro su Instagram accusandolo di «Rendere rassicurante il rock’n’roll suonando con le star da red carpet»).

Poi c’è il trono di chitarre, che adesso si muove avanti e indietro come una locomotiva, Dave con la gamba dei jeans tagliata con le forbici come quella di un ragazzino che è caduto dallo skate per celebrare il Break a Leg Tour, Taylor Hakwins in costume da surf e canotta con un ventilatore puntato contro che gli fa svolazzare i capelli e un sorriso che si vede anche dall’ultima fila, gli strumenti ad un volume impossibile e il calore pazzesco del pubblico di Bologna, che a metà concerto fa dire a Grohl: «A volte ho l’impressione che noi siamo il pubblico e voi la band».

A volte ho l’impressione che noi siamo il pubblico e voi la band


Ma il punto è la maglietta dei Mastodon: Dave Grohl non è mai sceso dal palco.
I Foo Fighters non hanno smesso di suonare e ogni concerto non è altro che la prosecuzione di quello precedente. Che a sua volta è la versione espansa di una giornata nella vita di Dave a 15 anni, quando passava il tempo a fare air drumming nella cameretta di casa sua in Virginia ascoltando dischi punk e hardcore, fino al giorno in cui ha detto a sua madre che a scuola non ci sarebbe più andato perché tanto era inutile (e lei non ha potuto fare altro che dire: va bene).

È la continuità, la fedeltà ad uno spirito originale ad infondere un’intensità speciale ad ogni concerto dei Foo Fighters. La band si è messa dritta sui binari della tradizione (ecco perché le collaborazioni con le star che forse fanno un po’ invidia a Brent Hinds, praticamente tutte da Paul McCartney a Lorde, da St.Vincent a Josh Homme) che Dave Grohl arrivato a quarantasei anni ha deciso di prendersi sulle spalle e portare avanti senza presunzione e con spirito da fan, costruendo la propria credibilità di ultimo erede. Il rock’n’roll dopo il rock’n’roll, insomma: quando tutto sembrava finito sono arrivati i Foo Fighters.

Stasera suoneremo tanto e vi avverto che non faremo bis

Dal palco Dave lo ripete con uno studiato gioco di richiami ad un senso di appartenenza comune: «Siete con me? Vi piace il rock’n’roll?» dice alzandosi dal trono con il gambone ingessato come un miracolato, «Stasera suoneremo tanto e vi avverto che non faremo bis. Noi non facciamo finta di andarcene per poi tornare due minuti dopo, stiamo qui e suoniamo finchè non è finita, cazzo!».

È praticamente Bruce Springsteen suonato al volume degli AC/DC

È il richiamo ad una comunità di Bruce Springsteen suonato al volume degli AC/DC, con il senso dello spettacolo dei Queen (Taylor Hawkins fa un omaggio diretto a Freddie Mercury quando arriva il momento del suo assolo) e la tamarraggine dei Van Halen.

Poche altre band al mondo si possono permettere un cantante che è anche un comico (non si può definire altrimenti uno che in mezzo a Skin & Bones fa una versione del leggendario sketch del Muppets Show Mahna Mana in un’esilarante botta e risposta con il pubblico) e un’apertura di concerto con una sequenza come Everlong, Monkey Wrench, Learn to Fly e Something from Nothing, il primo pezzo-bomba da Sonic Highways.

Ma soprattutto, poche altre band si possono permettere un cantante che è disposto a sfondarsi la voce prima ancora di iniziare gridando da dietro le quinte come farebbe Jack Black («Siete pronti?») solo per fare ancora più casino quando sulle prime note viene giù il telone che copre il palco.

E poi, Dave Grohl è uno che conosce il pubblico per nome. Bologna è una delle prime città che ha visto quando a 19 anni ha messo il naso fuori dagli Stati Uniti ed è arrivato in tour in Europa con la sua prima band, gli Scream: «Negli altri paesi ai nostri concerti c’erano al massimo 50 persone» racconta dal palco, «Poi siamo arrivati in Italia e ce n’erano sempre mille!». A Bologna Dave Grohl ha passato tanto tempo, ha avuto una fidanzata italiana e si è divertito parecchio: «Voglio salutare Andrea, che mi ha fatto il primo fottuto tatuaggio, e tutti i miei vecchi amici».

Dave Grohl è uno che conosce il pubblico per nome

A loro dedica Big Me, ma non c’è l’effetto nostalgia di chi c’era e voi no: «Se volete anche voi potete essere tutti miei amici» dice in un modo che ti fa capire che lo pensa davvero. Per il resto, stasera i Foo Fighters hanno fatto i Foo Fighters pescando tra i loro pezzi tirati e quelli più lenti (Wheels, che Grohl presenta così: «Questa è una canzone che non piace mai a nessuno. La volete sentite davvero?»).

L’unica cover è In the Flesh dei Pink Floyd cantata da Taylor Hawkins in un trionfo di ghiaccio secco e laser. Anche questo fa parte della ricerca di un’emozione pura, ovvero trasformare ogni concerto in un’esperienza unica, in cui ti ritrovi subito ma è sempre diversa. «Non ci piace dire addio perché sappiamo che un giorno o l’altro torneremo. Se voi ci siete, anche noi ci siamo. Tornerete, Bologna?» chiede Dave Grohl prima di chiudere in gloria con Best of You. Il giorno seguente avrebbero dovuto suonare a Torino ma la band ha annunciato un rientro anticipato negli Stati Uniti dopo i fatti di Parigi.

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