Il Primavera Sound è finito, ed è già saudade, aspettando l'anno prossimo | Rolling Stone Italia
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Il Primavera Sound è finito, ed è già saudade, aspettando l’anno prossimo

Dopo le good vibrations di Brian Wilson, il concerto di PJ Harvey è stato un capolavoro arty di rock e blues, ma si parla già della nuova edizione

PJ Harvey al Primavera Sound 2016 - Foto di Kimberley Ross

PJ Harvey al Primavera Sound 2016

Foto: Kimberley Ross

Sta finendo il Primavera e subito una breve conferenza in sala stampa annuncia le date della prossima edizione (sarà sempre durante il nostro ponte, quindi cercate l’aereo da ora), come a sottolineare che il festivalone per eccellenza è ormai un’istituzione consolidata. Il sabato post-Radiohead è tutto per Brian Wilson e PJ Harvey. Sulla prestazione live del primo, buona ma non indimenticabile, tacciamo per rispetto al mito, e guardiamo quei bimbi che sulle spalle dei genitori sorridono alle good vibrations della California che fu.  Musicalmente pare un romantico passaggio di testimone con quella giovanissima generazione di band indie psichedeliche che hanno suonato in questi giorni sui palchi più sperimentali come il Pitchfork e il Ray Ban: Alex G (teneteli d’occhio questi fichissimi slackers), Animal Collective, Julien Beker, Tame Impala (tra tutti quelli che hanno preso meglio la direzione pop), fino ad arrivare allo struggimento post hippie dei Beach (boys) House.

Brian Wilson, Primavera Sound 2016 - Foto di Kimberley Ross

Brian Wilson, Primavera Sound 2016 – Foto di Kimberley Ross

Il concerto di PJ Harvey è un capolavoro arty di rock e blues. Come – e a tratti meglio di Nick Cave – PJ regna sul palco suonando suggestioni politiche (quelle del nuovo album che racconta il suo viaggio tra Kosovo, Afghanistan e Washington) e sentimenti siderali (To Bring you my love è la più bella canzone d’amore sentita al PS16) con arrangiamenti coltissimi (c’è sempre con lei quel genio di John Parish) e attitudine punk. Sempre sabato c’è piaciuto il rap muscolare di Pusha T, la performance solo su basi registrate di U.S. Girl e il solido hipsterismo dei Deerhunter.

Ci hanno lasciato invece un po’ delusi la gigioneria del super ego di Action Bronson, la timidezza di Julia Holter (sfortunata a suonare subito dopo l’immensa PJ Harvey) e il party solipsitico di Dam Funk. La chicca è stata farsi cullare (!!!) dai Boredoms sul pratone del palco Primavera alle cinque e mezza del pomeriggio. Sì, ci mancherai Primavera. Ci mancheranno i wok thai dello street food, l’assenza di file per andare a bere e in bagno, la security gentile, e soprattutto la sensazione di essere presi bene e ascoltare il meglio. Ci si vede l’anno prossimo.