Il movimento palestinese BDS: «Boicottate i concerti dei Radiohead» | Rolling Stone Italia
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Il movimento palestinese BDS: «Boicottate i concerti dei Radiohead»

A maggio Thom Yorke aveva replicato ad appelli simili dicendo che è una «caccia alle streghe che mette sotto pressione gli artisti» e «non fa altro che aumentare la tensione, la paura e l’estrema semplificazione di problemi complessi che meriterebbero un vero dibattito»

Il movimento palestinese BDS: «Boicottate i concerti dei Radiohead»

Radiohead

Foto: Tom Sheehan

«Mentre il genocidio dei palestinesi a Gaza da parte di Israele raggiunge la sua ultima, brutale e depravata fase che prevede la carestia, i Radiohead continuano a restare colpevolmente in silenzio».

Inizia con queste parole il nuovo appello di BDS, il movimento a guida palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele, affinché vengano boicottati i concerti dei Radiohead. È stato diffuso nella giornata di ieri, quando dopo le prime indiscrezioni ci si aspettava l’annuncio di un tour da parte della band di Thom Yorke. Annuncio che poi è arrivato: tra novembre e dicembre i Radiohead terranno i loro primi 20 concerti da sette anni a questa parte, quattro dei quali a Bologna (a questo link le istruzioni su come prendere o sperare di prendere i biglietti).

BDS punta il dito in particolare contro Jonny Greenwood, il membro che ha «ripetutamente superato il nostro picchetto suonando a poca distanza da un genocidio trasmesso in diretta assieme a un artista che intrattiene le forze armate israeliane che compiono quel genocidio».

Il riferimento è al gruppo messo in piedi dal chitarrista con l’israeliano Dudu Tassa e altri musicisti e cantanti provenienti da Siria, Libano, Kuwait e Iraq. In primavera, i locali che avrebbero dovuto ospitarli sono stati oggetto di indimidazioni tali da mettere in pericolo la sicurezza di musicisti, lavoratori, pubblico, e alcuni concerti del duo sono stati cancellati. Il riferimento alla esibizione «a poco distanza dal genocidio» è relativo allo show di Greenwood e Tassa al Barby di Tel Aviv.

«I palestinesi» continua il messaggio di BDS «ribadiscono l’appello a boicottare i concerti dei Radiohead, compreso il tour che pare ci sarà, fino a quando la band non prenderà le distanze in modo convincente come minimo dall’attraversamento del nostro picchetto pacifico da parte di Jonny Greenwood durante il genocidio di Israele contro i palestinesi a Gaza».

Quando nel 2024 BDS aveva scritto che «esibirsi nell’Israele dell’apartheid, che brucia vivi i rifugiati palestinesi a poca distanza da lì, a Gaza, è profondamente immorale e copre un genocidio», Greenwood aveva risposto dicendosi convinto che «un progetto artistico che unisce musicisti arabi ed ebrei sia utile. E che sia altrettanto importante un progetto che ricordi a tutti che le radici culturali ebraiche in Paesi come l’Iraq e lo Yemen risalgono a migliaia di anni fa».

«Altri invece» continuava Greenwood «scelgono di credere che questo tipo di progetto sia ingiustificabile e chiedono di mettere a tacere questo o qualsiasi altro progetto artistico fatto da ebrei israeliani. Non posso unirmi a questo appello: mettere a tacere i cineasti/musicisti/ballerini israeliani quando portano il loro lavoro all’estero – soprattutto quando avviene su sollecitazione dei loro colleghi cineasti/musicisti/artisti occidentali – mi pare ben poco progressista. Anche perché gli artisti di cui parliamo sono invariabilmente i membri più progressisti delle società».

In quanto a Thom Yorke, a maggio ha risposto ai contestatori scrivendo una lettera aperta (qui la versione integrale): «Mi auguro che per chiunque abbia ascoltato anche solo una nota dei dischi della mia band o qualsiasi altra musica che ho creato negli anni, o guardato le opere grafiche o letto i testi sia ovvio che mai potrei supportare qualunque forma di estremismo o disumanizzazione degli altri. In una vita di lavoro svolto insieme ad altri musicisti e artisti vedo anzi lo sforzo per contrastare tutto ciò cercando di creare opere che vadano contro il controllo, le costruzioni, le minacce, le sofferenze, le intimidazioni e incoraggiare invece il pensiero critico capace di andare oltre i confini, la comunanza dell’amore, dell’esperienza e della libera espressione creativa».

«Netanyahu e la sua cricca devono essere fermati», scriveva il cantante. «Hamas si nasconde cinicamente dietro la sofferenza di un popolo. La caccia alle streghe sui social aiuta gli estremisti. Recuperiamo umanità e dignità». Oltre ad attaccare la «agenda ultranazionalista» del governo israeliano che ha «conseguenze tremende, come vediamo ora con il blocco disumano degli aiuti a Gaza», Yorke notava che «lo slogan senza condizioni “Free Palestine” che sentiamo in continuazione non risponde a una semplice domanda: perché gli ostaggi non sono stati ancora tutti rilasciati? Per quale motivo? Perché Hamas ha scelto di portare a termine gli atti orribili del 7 ottobre? La risposta è ovvia e credo che anche Hamas si nasconda cinicamente dietro la sofferenza di un popolo per perseguire i propri scopi».

«La caccia alle streghe sui social (niente di nuovo) da entrambe le parti mette sotto pressione gli artisti e chiunque capiti a tiro quella settimana affinché facciano dichiarazioni. Questo non fa altro che aumentare la tensione, la paura e l’estrema semplificazione di problemi complessi che meriterebbero un vero dibattito faccia a faccia tra persone che vogliono sinceramente che i massacri finiscano e si trovi una qualche forma di comprensione», scriveva Yorke. «Questo tipo di polarizzazione è voluta e non serve agli esseri umani, perpetua anzi una mentalità del tipo “noi contro loro”. Distrugge la speranza e mantiene un senso di isolamento, che è precisamente quel che gli estremisti usano per mantenere la loro posizione».

 

 
 
 
 
 
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