I re (e le regine) delle sei corde | Rolling Stone Italia
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I re (e le regine) delle sei corde

Una mostra all'Arengario di Monza, 'City of Guitars', riporta in scena gli oggetti di culto della musica rock

I re (e le regine) delle sei corde

Tra Jimi Hendrix e Pete Townshend non è mai corso buon sangue. Che poi Jimi e il frontman degli Who abbiano seppellito l’ascia di guerra a un certo punto del loro percorso non si sa ed è altamente probabile. Ma all’epoca del Monterey Pop Festival del 1967 i due si guardavano come due cani di fronte a un sottofiletto di Angus.

La Summer of Love stava per vivere uno dei suoi momenti più caldi, eppure fra il Voodoo Child e quello spilungone venuto dall’Inghilterra a rubargli la piazza era già scoppiata la Guerra Fredda. Il motivo? Al posto delle 7.000 persone pianificate per i tre giorni di live, l’affluenza al Festival, organizzato proprio sul terreno californiano occupato ogni anno dai più blasonati Monterey Jazz e Big Sur Folk, arrivò a toccare picchi di 90mila partecipanti nella serata conclusiva di domenica 18 giugno.

Pat Metheny fotografato da Angelo Redaelli

Ovvero quella in cui erano previsti – insieme ai vari Ravi Shankar e Grateful Dead – Hendrix e gli Who. Quindi, il dubbio era su chi sarebbe dovuto salire prima sul palco dell’evento rock più importante mai organizzato prima di allora. Tenuto conto che il gran finale degli Who consisteva in Townshend che polverizzava la chitarra usandola come una mazza contro il palco, mentre quello di Hendrix di darle fuoco in una specie di rito sciamanico condiviso col pubblico.

«So che cosa vuoi dire», disse Hendrix a un Townshend che stava provando a negoziare su chi dovesse suonare per primo. «Vuoi essere il primo a salire sul palco e distruggere la chitarra». Si finì per lanciare una monetina e Townshend ebbe la meglio. Ma quando fu il momento, un Jimi inginocchiato sparse del liquido per accendini sulla sua Stratocaster e ci lanciò sopra un fiammifero acceso, dando al mondo una visione nuova dello strumento. Più unica, esoterica. Come se finalmente il rock avesse una sua forma e una massa terrena.

Steve Vai. Foto Gigliola

Cinquant’anni dopo, a un’oretta scarsa da Milano, City of Guitars dedicherà una retrospettiva alle più illustri sei corde amplificate della storia del rock e ai protagonisti che le hanno rese famose.

Dalla pomposissima B.C. Rich Bich di Slash dei Guns N’ Roses (pare che prima appartenesse a Joe Perry degli Aerosmith) alle Fender Stratocaster più classiche, le mura medievali dell’Arengario di Monza verranno tappezzate di strumenti, ma anche di scatti di artisti dal vivo firmati da alcuni dei migliori fotoreporter che abbiamo in Italia. B.B. King, Chuck Berry, Carlos Santana, Steve Vai, Patti Smith, Frank Zappa e tutti i più grandi nomi possano venirvi in mente, ritratti sul palco nelle pose che chiunque potrà studiare dal 10 maggio al 2 luglio. Ci saremo anche noi, per chi volesse discutere su chi avrebbe meritato di suonare per primo quella sera di giugno a Monterey.