I Pink Floyd raccontati dagli artisti | Rolling Stone Italia
News Musica

I Pink Floyd raccontati dagli artisti

Metallica, Flaming Lips, Smashing Pumpkins, R.E.M. e tante altre leggende del rock raccontano la loro passione per i Floyd

I Pink Floyd raccontati dagli artisti

I Pink Floyd nel 1968

Foto di Michael Ochs Archives/Getty Images

Non avevo mai sentito nulla che avesse un suono così particolare e ultraterreno», spiega Kirk Hammett dei Metallica, ricordando la prima volta che ha sentito i Pink Floyd. Per milioni di individui, andare in estasi ascoltando i dischi dei Floyd – alterati, sobri o in uno stato intermedio – è stato parte integrante del processo di crescita. Ma quell’esperienza non è relegata a camerette o scantinati pieni di fumo: come dimostrano questi tributi, tutti quanti, dai punk ai metallari ai cultori dell’alternative rock (senza contare una Dixie Chick), sono stati colpiti dai Pink Floyd.

Tom Morello

Tom Morello

I Pink Floyd non hanno semplicemente ampliato i confini della musica occidentale; li hanno demoliti per creare un genere unico. La prima volta che li ho sentiti era il 1979 e io ero a Libertyville [Illinois], nel salotto di un amico. Lui aveva investito un sacco di soldi in un nuovo stereo, e io mi sono seduto con Adam Jones – che poi si è fatto un nome suonando nei Tool – ad ascoltare Animals al buio. Sono rimasto a bocca aperta: le sonorità e i testi erano assolutamente spettacolari. Poi mi sono immerso nel catalogo dei Pink Floyd e da allora sono rimasto un loro fan. All’epoca ero un chitarrista punk rock, e c’erano scelte di campo ben definite, diciamo, tra i punk e i rocker classici. In Animals, Wish You Were Here e The Wall, i contenuti politici sono mordaci quanto quelli del canone punk. E mi ha conquistato.

David Gilmour è uno dei miei tre chitarristi preferiti in assoluto. Ha preso il classico idioma blues di Albert King e lo ha portato su una curvatura spaziale, da cui ha potuto comunicare all’intero pianeta. Roger Waters è uno dei miei autori preferiti, lo metterei subito dopo Dylan. Sono in disaccordo con molti fedelissimi dei Pink Floyd: hanno fama di essere un gruppo che si ascolta in stato di alterazione, ma io, fino a oggi, non ho mai fumato uno spinello per godermi i Floyd. Anche se i Pink Floyd non avessero mai suonato una nota, il dramma shakespeariano della band meriterebbe di essere scritto anche tra cent’anni. Amo i Pink Floyd e, soprattutto, amo il loro dramma tanto quanto amo il gruppo.

Mike Mills R.E.M.

Mike Mills, R.E.M.

Quando avevo 12 anni circa, in qualche modo mi ero procurato una copia di Relics, che era una sorta di compilation pubblicata dalla EMI nel 1971, e l’adoravo. Mi piacevano soprattutto le cose di Barrett: Arnold Layne e See Emily Play.Pensavo: “Questa roba è fantastica”. Negli anni del college, non capitava mai di camminare nel corridoio del dormitorio senza sentire The Dark Side of the Moon provenire dalla stanza di qualcuno. Tutti i cannaioli e i patiti degli acidi ascoltavano i Pink Floyd. Subito dopo aver conosciuto Peter [Buck], ho ascoltato The Madcap Laughs e ho pensato: “Ah, quindi questo è il ragazzo delle canzoni che mi piacevano tanto in Relics, adesso ho capito”. È per lo più un ragazzo che sta crollando, che è stanco di cose inutili e vuole essere franco, diretto ed esplicito il più possibile. Mi piace molto anche la scrittura di Roger. Sono andato a vedere The Wall a Dublino qualche settimana fa. È stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita. Chiunque abbia vissuto in quegli anni ha sentito almeno qualcuna di quelle canzoni, ma io non le avevo mai ascoltate con la dovuta attenzione. Le ho trovate di una potenza incredibile. Io e la mia fidanzata avevamo le lacrime agli occhi.

Maynard James Keenan TOOL

Maynard James Keenan, TOOL

Sono cresciuto con i Pink Floyd a colazione, pranzo e cena. Quando andavo al liceo, è uscito The Wall. Molti dei suoi contenuti sono i fondamenti della psicologia. Tratta del rapporto tra genitori e figli, tra fratelli, tra l’individuo e l’ambiente sociale. Il rapporto con la società e il modo in cui l’individuo lo affronta dipendono in gran parte dal rapporto con i genitori, dalla loro assenza o dagli abusi subiti. Il disco esprime con la forza di un urlo la condizione mentale di certi artisti. Quando ero nell’esercito, avevo un vecchio giradischi in cui si impilavano i vinili. La sera mettevamo il primo lato di Wish You Were Here, Dark Side e Animals, e poi il secondo lato. Non avevo colto appieno le stoccate di Wish You Were Here, fino a quando ho sperimentato le angherie delle case discografiche con la mia band. Ho pensato: “Oh, ma allora è di questo che parlano”. I Pink Floyd non suonano mai una nota fuori posto. Per comprenderlo davvero, cominciate dall’inizio e cercate di mettervi in un posto tranquillo in cui non sarete interrotti da iPhone o Facebook. Spegnete quegli aggeggi di merda e immergetevi. Perché è un viaggio fantastico, se solo vi lasciate trasportare.

Dave Portner ANIMAL CCOLLECTIVE

Dave Portner, ANIMAL COLLECTIVE

Ricordo di aver ascoltato The Piper at the Gates of Dawn ai tempi del liceo, durante i primi approcci con la psichedelia e quel genere di cose, diciamo, e ricordo che, ascoltandolo, ero estasiato dai movimenti e dai suoni che percepivo. Non mi era mai capitato che un disco mi facesse quell’effetto. I Floyd hanno aperto le porte a momenti come quello in cui una normale canzone pop si trasforma in rumore, o acquista un suono soprannaturale per un minuto, e poi torna a essere una canzone. La mia ragazza ai tempi adorava The Wall. C’è qualcosa di particolare nella scrittura [di Waters], che sprigiona un forte senso di solitudine.

Rob Trujillo METALLICA

Robert Trujillo, METALLICA

Probabilmente erano i primi anni del liceo. Eravamo in quell’età in cui si cominciava a fumare erba e bere un po’. C’era un cineteatro a Venice [California] che si chiamava Fox Theater, dove davano film sul rock & roll, e ricordo benissimo Live at Pompeii. Lo ricordo ancora oggi. È uno dei film sul rock che preferisco in assoluto. Quando lavoravamo a Metallica Through the Never, facevo sempre riferimento a Live at Pompeii come a un momento epico nella storia del cinema rock. Ricordo molti altri momenti particolari. A diciannove anni sono sbarcato a Gatwick per il mio primo soggiorno a Londra, e dal treno ho visto la centrale elettrica di Battersea che compare sulla copertina di Animals: sono rimasto ipnotizzato da quella struttura così iconica. In un certo senso quell’immagine la isolava dal resto del mondo. Ha un alone misterioso, ed è per questo che non riuscivo a credere che esistesse davvero.

Natalie Maines DIXIE CHICKS

Natalie Maines, DIXIE CHICKS

The Wall è in assoluto lo spettacolo meglio allestito e congegnato, e ha un impatto fortissimo. La costruzione di quel muro, quel concetto espresso sul piano visivo oltre che con le parole, ha avuto un forte impatto su di me. Ho visto lo spettacolo due volte. Sarà difficile per chiunque produrre uno show migliore di quello. L’idea di registrare Mother è nata la seconda volta che ho visto lo spettacolo. Avevo appena cominciato a registrare e non sapevo che stavo facendo un album. La mia mente era ricettiva, perché avevo sentito quella canzone milioni di volte, ma per qualche motivo in quello spettacolo ho sentito che la cantavo e ho pensato: “Faremo questa canzone, assolutamente”. Per quanto possa essere deprecabile la madre di cui parla il brano, io la capisco, e in quel momento l’ho guardata dal suo punto di vista, più che con gli occhi del figlio. Forse ho cercato di cantare il brano con una certa empatia per la madre. Io avrei voluto costruire dei muri intorno ai miei figli, ma di certo non è la cosa giusta da fare. Perciò credo che quel brano sia un buon promemoria di quel che non si deve fare. È una canzone molto musicale e melodica, e mi piace la sospensione tra un verso e l’altro. Sai, le pause nel cantato. Mi ha contattato Bob Ezrin, il produttore di The Wall, per dirmi che la cover gli è molto piaciuta. Ho saputo tramite altre persone che lo pensa anche Roger Waters. Spero di incontrarlo, prima o poi.

Jim JamesMY MORNING JACKET

Jim James, MY MORNING JACKETS

A Louisville, Kentucky, dove sono cresciuto, era difficile ascoltare la radio per più di mezz’ora senza sentire un pezzo dei Pink Floyd, quindi ho la sensazione che i Pink Floyd fossero onnipresenti. Specialmente quando ho cominciato a lavorare. Quasi tutti i posti in cui ho lavorato tenevano musica rock in sottofondo. Avevo un atteggiamento distaccato verso i Pink Floyd, o quanto meno non volevo approfondire la cosa, ma poi con alcuni amici abbiamo sentito parlare della combinazione tra Dark Side of the Moon e il Mago di Oz, così abbiamo voluto provare questa combinazione. Era la prima volta che mi sedevo ad ascoltare con attenzione l’intero album dall’inizio alla fine, e sono rimasto colpito dalla sua genialità. Poi abbiamo deciso di accostare The Dark Side of the Moon a Fantasia ed è stato ancora più bello: consiglio a tutti di fare questo esperimento. Penso che i Pink Floyd siano i maestri della concezione di un album. Animals è quasi un disco jazz o qualcosa del genere, un disco che comincia e poi continua a fluire. Ha una fluidità meravigliosa. L’album è fatto di canzoni, ma le canzoni sono funzionali all’insieme. Ci vuole una grande maestria per creare un album che ha quella coerenza e quella fluidità.

Billy Corgan THE SMASHING PUMPKINS

Billy Corgan, THE SMASHING PUMPKINS

Nei primi anni ’80, ero in auto con degli amici e mi hanno chiesto: “Hai sentito The Dark Side of the Moon?”. E io ho devo aver risposto: “Sì, ne ho sentito parlare”. E loro: “Non ci siamo capiti. Hai ascoltato il disco dall’inizio alla fine?”. Avevo ascoltato diversi album e andavo matto per la musica, ma qui c’era un livello diverso, c’era qualcosa che ti faceva dire: “Questo è speciale”. Ha un tema narrativo, un inizio, uno sviluppo e una fine. Ha una sua sincronicità. Non c’è nulla di superfluo. C’è una perfetta economia. Il prog rock di solito è pieno di divagazioni e digressioni. Mentre i Pink Floyd sono sempre mirati. Qualunque ragazzo in un negozio di chitarre può imitare David Gilmour. Ma non può essere David Gilmour. Per me i Floyd sono il gruppo più radicale del XX secolo, anche più dei Beatles, perché hanno portato nel circuito ufficiale una concezione artistica incredibilmente alta. Il motivo per cui il prisma è un’immagine così azzeccata sulla copertina di Dark Side è che l’album è un perfetto distillato di idee eterogenee. È cristallizzato, è limpido. Quando riesci a esprimere idee assurdamente complessee e fai dire al tizio nel furgone: “Oh, sai che c’è? Quel che dice ha un senso”, ecco questo è il senso del rock.

Kirk Hammett METALLICA

Kirk Hammett, METALLICA

Alle scuole medie ho sentito dei ragazzi nominare i Pink Floyd. Poi ho trovato un amico che aveva Wish You Were Here e The Dark Side of the Moon e sono rimasto estasiato dal modo in cui un gruppo poteva trasportarti lontano in pochi secondi. Non avevo mai sentito nulla che avesse un suono così particolare e ultraterreno. The Wall mi è sembrato immenso. Ma solo da adulto ho capito cosa intendeva dire Roger. Nella mia vita e nella mia carriera ho sperimentato molti dei temi che affronta l’album. Young Lust e Comfortably Numb sono le situazioni che si vivono quando si è sempre in tour. O quanto meno nel mio caso è stato così. E la sensazione di essere trasformato in un oggetto, di alzare un muro per proteggere il tuo io, è un’esperienza universale: non è necessario essere Roger Waters o un musicista per sperimentarla. Quel disco è un pugno nello stomaco. Scava a fondo. Quando il tour di The Wall è arrivato a L.A., sono rimasto 30 secondi in compagnia di Waters. Era l’intervallo, lui stava uscendo dal camerino, e ci siamo scambiati un rapido: “Ciao, piacere di conoscerti”. Mi ha guardato negli occhi e mi ha stretto la mano, non gli ho chiesto come stava. Guardarlo negli occhi è bastato.

Wayne Coyne THE FLAMING LIPS

Wayne Coyne, THE FLAMING LIPS

Quand’ero ragazzino, i Pink Floyd erano onnipresenti. I miei fratelli, mia sorella maggiore e i loro amici li ascoltavano sempre, mentre fumavano l’erba. Soprattutto The Dark Side of the Moon. Ho sentito quell’album ogni giorno, per tre o quattro anni almeno. Avere 14 anni implica una strana combinazione di cose. E il fatto che in quel periodo Dark Side fosse sempre in sottofondo era perfetto. I Pink Floyd sono sempre stati grandi menti creative che hanno fatto tutto il diavolo che volevano senza badare alle regole. Avevano la straordinaria capacità di cambiare da un disco all’altro. Non comprendi quanto sia poderoso questo se sei un semplice ascoltatore. Ma se hai inciso 14 dischi, capisci che è un’impresa immane. Hanno una prima fase, una seconda fase, e forse anche una terza e una quarta. Molti gruppi, se tutto va bene, hanno solo una prima fase. Ma, nonostante ciò, nei loro lavori c’è anche una musicalità molto semplice. In confronto a gruppi prog a cui vengono accostati – i King Crimson, gli Yes o i Genesis – la loro musica è molto semplice. Le progressioni armoniche e le melodie si afferrano al primo ascolto. Nei Pink Floyd colgo l’emozione. Prendi un brano come Fat Old Sun di Atom Heart Mother. Vivendo in Oklahoma, non sempre riesco a entrare in empatia con gruppi inglesi che parlano di cose inglesi. Ma quando David Gilmour parla del sole che tramonta, ha qualcosa di semplice. Non sembra che il tramonto sia relegato a qualche Paese monarchico, a qualche altro mondo. Sembra che parli di me, che cammino ammirando i tramonti in Oklahoma.

Altre notizie su:  Pink Floyd