I Pearl Jam ricordano i morti di Roskilde: «Niente è stato più lo stesso» | Rolling Stone Italia
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I Pearl Jam ricordano i morti di Roskilde: «Niente è stato più lo stesso»

Il 30 giugno 2000, nove ragazzi morivano nella calca durante il concerto della band di Seattle in Danimarca. Il ricordo del chitarrista Stone Gossard, fra dolore e autocritica. «Non siamo stati all'altezza della situazione»

I Pearl Jam ricordano i morti di Roskilde: «Niente è stato più lo stesso»

Foto: Jim Bennett/Getty Images

«Niente è stato più lo stesso». In un comunicato, i Pearl Jam ricordano i tragici fatti di Roskilde. Esattamente vent’anni fa, il 30 giugno 2000, nove giovani perdevano la vita nella calca durante il concerto della band di Seattle all’Orange Stage del festival danese. «Un evento inatteso ha cambiato le vite di tutte le persone coinvolte», scrive il chitarrista Stone Gossard a nome del gruppo. «I 9 giovani morti nella calca. Le vite delle loro famiglie e dei loro cari che hanno dovuto sopportare di immaginare più o più volte la loro morte e affrontare la realtà di non vederli più. Chi ha assistito agli eventi e ha cercato di fare qualcosa, magari tirando su qualcuno o magari non è stato in grado di farlo. E quelli, come la band, che non si sono resi conto di quanto stava succedendo fino a quando non è stato tardi».

Nel frattempo, scrive Gossard, la famiglia allargata dei Pearl Jam è cresciuta di 11 membri e «la nostra comprensione della gravità e il senso di perdita sentiti dai genitori di quei ragazzi è cresciuto in modo esponenziale mentre immaginiamo i nostri stessi figli morire in circostanze simili a quelle di Roskilde 2000. (…) Il nostro dolore è la millesima parte di quello provato delle famiglie, mamme e papà, sorelle e fratelli, amici».

Nello scritto di Gossard non manca l’autocritica: «Nessuno è stato all’altezza nelle ore precedenti e nei giorni seguenti la tragedia. Non il festival, i mass media, noi. Ci siamo chiusi in noi stessi e ci siamo arrabbiati con chi indicava i PJ fra i responsabili di quanto accaduto. In quel frangente, le nostre parole non sono state di aiuto. Ci siamo nascosti nella speranza che non fosse stata colpa nostra. Da allora abbiamo fatto del nostro meglio per non nasconderci più. Abbiamo incontrato alcune famiglie e stretto forti amicizie, sostenendoci a vicenda».

«Resteremo sempre nell’ombra del vostro dolore e della vostra perdita. Accettiamo quell’ombra e siamo grati di condividere quello spazio sacro. Lo spazio creato dall’assenza di 9 giovani».

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