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I giorni di gloria di Slash non finiscono mai

Molte delle canzoni di ’Living the Dream’ starebbero bene nel seguito di ‘Chinese Democracy’, e, nonostante i testi siano davvero banali, suonano meglio di quello che passa oggi in radio

Slash Velvet Revolver reunion

Slash Velvet Revolver reunion

Slash ritratto da Travis Shinn

Quando Slash pubblicò il suo primo solo album – It’s Five O’clock Somewhere, nel 1995, firmato con il nome Slash’s Snakepit – incoraggiò i suoi fan a fare tutte le domande possibili. Tipo: «E se questa fosse una canzone dei Guns N’ Roses?» «Quando scrivo qualcosa, la mia priorità assoluta sarebbe dedicarla ai Guns», disse all’epoca a Rolling Stone. «Axl mi ha detto: “questo non è il tipo di musica che voglio suonare”. Ho risposto, OK, e mi sono ripreso tutto». Adesso, dopo quasi 25 anni di agitazione popolare, il chitarrista è inverosimilmente tornato con i Guns N’ Roses e, forse ancora più inverosimilmente, il primo disco pubblicato dopo la reunion è un disco solista.

Slash e la sua band lavoravano a Living the Dream da prima del ritorno di Axl, è vero, ma è difficile non domandarsi: «Cosa sarebbe successo se avesse lavorato a queste canzoni con Axl Rose e Duff McKagan?». È difficile perché Living the Dream è, in un certo senso, uno studio della personalità di Slash il chitarrista. La sua impronta è ovunque: una piccola aggiunta blues alla fine di un riff, assoli esagerati e pieni di note lunghissime, ritmiche boogie. Non c’è sfumatura del suo stile che non sia rappresentata in questo album. Il solo di The One You Loved Is Gone suona come quelli dei classici, con tutti quei fraseggi blues; The Great Pretender mostra le sue capacità liriche sullo strumento e, in Boulevard of Broken Hearts – un brano dall’umore simile a quello di Welcome to the Jungle – racconta tutto quello che è successo ai Guns negli anni del successo.

Qualcosa, però, sembra mancare. Kennedy e i Cospirators hanno già suonato tre album con Slash, e tutti insieme suonano proprio come una band, ma sembra che alla musica manchi quell’aggressività che gli veniva naturale con i Guns. I testi sono parte del problema. In Sugar Cane Kennedy canta “My baby’s sweet as sugarcane”. In Lost Inside the Girl: “Love reveals, she’s a diamond, she’s a pearl”. In Mind Your Manners, pensate un po’, vuole che teniate a mente le buone maniere. La voce di Kennedy canta solo banalità, ed è sempre lontana dal livello della chitarra di Slash. Forse si preoccupa un po’ troppo delle buone maniere.

La maggior parte delle canzoni, comunque, sono classico hard rock spaccaculi sulla scia dei giorni di gloria dei GnR: Serve You Right, Mind Your Manners e Slow Grind potrebbero benissimo far parte della scaletta del seguito di Chinese Democracy. Inutile dire che anche con dei testi così insipidi suonano meglio di quello che passa oggi in radio. È per questo che viene ancora da chiedersi: «E adesso? Cosa succede adesso?»

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