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I dieci capolavori degli U2

La band più imponente del mondo è tornata con il nuovo album ‘Song Of Experience’, ma prima ricordiamo i loro brani più belli

Quando s’incontrarono per la prima volta al liceo nel 1976 gli U2 non erano dei grandi songwriter. Ci sono voluti un paio di anni di gavetta come cover band nei locali di Dublino, anche solo per arrivare a opere giovanili come Cartoon World e Science Fiction Tune. Ma non appena gli anni ’70 sfumarono negli ’80, nella band scattò qualcosa, ed improvvisi lampi d’ispirazione diedero vita a brani come Out of Control e I Will Follow.

I migliori lavori della band furono raccolti in Boy, il loro debutto targato 1980, mentre appena tre anni dopo la politica s’inserì prepotentemente nel loro sound e nelle loro coscienze sfociando in canzoni come Sunday Bloody Sunday o New Year’s Day. All’epoca in cui sfornarono The Joshua Tree, con appena sette anni di carriera professionista alle spalle, i quattro di Dublino erano ormai uno dei più grandi collettivi di songwriter al mondo e, una volta iniziata la fase sperimentale dei 90’s, le cose andarono ancora meglio. Nei 2000 fecero dietro front verso un suono più minimalista, con classici come Beautiful Day e Moment of Surrender finché, nel 2014, ritornarono a scrivere la storia delle proprie origini con Songs of Innocence. In occasione del loro ritorno con il loro quattordicesimo lavoro in studio, ‘Songs of Experience, ricordiamo, fra i tantissimi, i dieci capolavori scritti da Bono e soci, diventati ormai brani leggendari.

10. “Even Better Than the Real Thing”

Originariamente composta nella stessa sessione di Desire del 1988 – e incentrata sul riff che The Edge denominò “la cosa più vicina ai Rolling Stones che potremo mai arrivare a fare” – la canzone, inizialmente intitolata The Real Thing, fu trasformata durante le sessioni di registrazione per Achtung Baby. A partire dall’intro in cui risuona una sirena, il brano assume subito un’energia vibrante, guidata dalla pedaliera di The Edge. Bono disse che i suoi versi erano “una riflessione sui tempi in cui stiamo vivendo, in cui la gente non è più alla ricerca della verità. Siamo tutti alla ricerca di gratificazione immediata”.

9. “I Will Follow”

“Arriva da un luogo oscuro”, disse Bono parlando del brano di apertura – e momento d’incoronazione della band – del debutto degli U2, sottolineando come il brano fosse ispirato da “un vero rancore e un enorme senso di necessità”. Incentrato sull’amore tra una madre e il proprio figlio (Bono perse la madre da adolescente), il brano diede una scossa a tutta la scena post-punk del Regno Unito. “Ricordo di aver imbracciato la chitarra di The Edge e di aver suonato questi accordi a due corde… per far sentire agli altri la violenza che cercavo”, ricorda Bono. “Le percussioni del drop sono state registrate suonando una ruota di bicicletta suonata come un arpa utilizzando una forchetta”. I Will Follow divenne improvvisamente la carta vincente della loro vita; The Edge ricorda un concerto di Boston in cui la band suonò il brano tre volte, in apertura del set, tutte una dietro l’altra davanti a una folla in delirio. “Abbiamo lasciato il palco sentendoci incredibili”.

8. “Moment of Surrender”

La canzone da standing ovation dell’album del 2009 No Line on the Horizon, brano con cui gli U2 hanno chiuso praticamente tutti i concerti del loro “U2 360 ̊ ” – il tour negli stadi durato due anni – è una riflessione di sette minuti e mezzo sulla tossicodipendenza. (Il termine “moment of surrender” è usato nel gergo degli alcolisti anonimi per definire il momento in cui una persona che soffre di dipendenza ammette di aver bisogno di aiuto). “Il protagonista della canzone è un tossico, per questo ho usato quel titolo”, ha detto Bono a Rolling Stone nel 2009. “Conosco tantissime persone che hanno dovuto affrontare coraggiosamente i propri demoni. FOrse c’è una parte di me che pensa ‘Wow, ci sono andato così vicino’”. Il lavoro del produttore Daniel Lanois, che in passato ha affrontato problemi legati alla dipendenza, si sente molto nella melodia del ritornello. Il resto della canzone è stato scritto durante una jam improvvisata, con la band che ha suonato la versione poi finita sull’album in una sola take.”Quello spirito soffia ogni tanto” disse Bono a Rolling Stone nei giorni in cui gli U2 si preparavano a pubblicare No Line on the Horizon. “È davvero una strana sensazione. Stavamo aspettando che Dio entrasse nella stanza – e Dio, quando si presenta, è davvero imprevedibile”.

7. “With or Without You”

“Nessuna canzone dell’epoca suona come quel brano’, ha detto The Edge parlando del primo singolo estratto da The Joshua Tree. “Non arriva da una mentalità anni 80. Arriva da un mondo tatalmente diverso”. Con il suo suono spoglio e il video a profilo basso, With or Without You squarciò completamente la pomposità e il piattume del rock anni ’80, portando gli U2 al primo posto delle classifiche americane, trasformando la band in pop star planetarie. “Non riuscivi a immaginarla suonata da una radio”, disse Clayton, “semmai in chiesa”. Le strofe erano stare ispirate dagli eroi che avevano lottato per i diritti civili negli Stati Uniti e dal new journalism degli anni ’60. Ancora oggi, With or Without You – strutturato sopra un semplice giro di basso e su chitarre eteree che sfumano nella vice di Bono – rimane una delle canzoni universalmente conosciute degli U2, incentrata sul dolore ambivalente di una storia d’amore. Bono sottolineò come il brano sia un racconto “di come mi sento negli U2: esposto. So che il gruppo pensa che io sia esposto e che mi stia gettando via. Credo che se ho fatto qualche danno agli U2 è perché mi sono aperto troppo”.

6. “Where the Streets Have No Name”

Parte con circa due minuti della chitarra scintillante di The Edge la canzone con cui inizia The Joshua Tree: un’evocazione alla libertà nel suo limite più indeterminato. The Edge compose le prime bozze della canzone nello studio di casa, mentre il processo di arrangiamento e di costruzione del brano fu lungo e faticoso, così come sottolineò il co-produttore Brian Eno quando disse che metà del tempo delle registrazioni è stato speso su quel brano. “Avevamo questa gigantesca lavagna con su scritto l’arrangiamento” ha raccontato Daniel Lanois a Rolling Stone, “mi sentivo come un professore di scienze mentre faceva lezione”. In seguito Bono aggiunse, “Quel brano contiene un’idea molto forte: puoi chiamarla ‘anima’ o ‘immaginazione’, il luogo in cui puoi intravedere Dio, il tuo potenziale, qualsiasi cosa”. Per questo video diventato iconico – un omaggio all’ultima performance dei Beatles – la band suonò sul soffitto di un negozio di liquori di Los Angeles, immobilizzando il traffico per ore. “L’hanno rifatto tantissime volte”, ricorda il regista Meiert Avis, ” ma il brivido arriva dalla ribellione; il sapore della libertà che illumina la band e i propri fan”.

5. “Bad”

Bad è un brano potente su una persona che soffre. Bono la scrisse pensando al abuso crescente di eroina che stava martoriando Dublino nei primi anni ottanta, basandosi sulle esperienze di persone a lui vicine. “Ho sempre rispettato le persone responsabile”, ha detto Bono parlando della canzone. “Ma ho anche sempre rispettato le persone irresponsabili. In me esiste quel lato oscuro che vuole fuggire”. La canzone ipnotica e ispirata dalla musica dei Velvet Underground è stata registrata in sole tre take, con Brian Eno ad aggiungere le tastiere a qualche sovraincisione. Ma la vera veste di Bad è la sua esecuzione live, quando diventa un inno capace di rapire il pubblico; per decenni i DJ delle radio americane hanno preferito mandare in onda la versione dal vivo pubblicata sull’EP Wide Awake in America pittosto che quella realizzata in studio, mentre la trionfante versione di 12 minuti che gli U2 suonarono durante il Live Aid del 1985 – quando Bono fece salire sul palco una donna per ballare con lei – è diventata uno dei momenti simbolo dell’intero festival, Come ricorda Adam Clayton, “È solo dopo sei mesi di tour e parlando con tantissime persone diverse che si capisce il significato più nascosto della canzone”.

4. “Sunday Bloody Sunday”

“Ci sarebbero tantissime cose da dire sulla prossima canzone, ma forse sto parlando troppo”, disse Bono alla folla prima della famosa versione dal vivo di Sunday Bloody Sunday inclusa in Live: Under a Blood Red Sky. “Volevamo provare a essere l’incontro fra The Who e Clash”, ha detto il cantante in seguito che, per il testo, si era ispirato al massacro del 1972, quando i soldati inglesi spararono sui manifestanti indifesi durante le proteste di Derry in Irlanda del Nord, uccidendo 14 persone. “Ci rendiamo conto di quanto questa canzone possa far discutere”, disse The Edge parlando del brano. “Possiamo dire di voler affrontare l’argomento piuttosto che spazzarlo sotto il tappeto”. Non era la prima canzone che parlava del Bloody Sunday – sia Lennon che McCartney avevano prodotto dischi di protesta prima del 1972. Tuttavia gli U2 riuscirono a farne un inno del pacifismo cristiano militante, con le batterie marziali di Larry Mullen Jr., il violino di Steve Wickham – uno sconosciuto incontrato da The Edge a una fermata del bus a Dublino – mentre Bono sventolava una bandiera bianca sul palco. Come disse il cantante a Rolling Stone: “Non Sono interessato alla politica in cui la gente lotta con pietre e bastoni, ma solo alla politica dell’amore”.

3. “Beautiful Day”

Dopo aver passato gli anni ’90 a creare musica che non c’entrava nulla con gli album da stadio che avevano permesso agli U2 di guadagnarsi un grande seguito durante gli anni ’80, la band decise di iniziare i2000 tornando alle origini. “C’era un grande dibattito riguardo il suono della chitarra in Beautiful Day”, dice Edge. “Era il suono degli U2, quello che avevamo abbracciato e poi abbandonato. Il punto diventò se dovessimo riproporlo o meno”. Il gruppo poi aggiunse un suono minimale e preciso grazie all’approccio elettronico del co-producer Brian Eno, e Bono scrisse un testo sull’importanza di accettare i momenti più difficili, ispirato dal predicatore australiano John Smith. “Mi parlò della depressione, del fatto che il dolore sia la prova stessa della vita”. Beautiful Day arrivò in radio alla fine dei 2000, fece vincere agli U2 un Grammy come Song of the Year e aiutò il loro disco All That You Can’t Leave Behind a conquistare il titolo di Record of the Year. Quando salì sul podio per ritirare i premi, Bono disse che il gruppo stava tornando in lizza per “il ruolo di miglior band del mondo”.

2. “I Still Haven’t Found What I’m Looking For”

“La musica che mi stimola di più riguarda l’avvicinarsi a Dio o lo scappare via da Dio”, ha detto Bono a Rolling Stone. La seconda numero uno americana degli U2 vive all’insegna dell’ambivalenza, “un inno pieno di dubbi che di fede”, l’ha definita Bono. La canzone è figlia delle faticose sessioni che hanno dato vita a The Joshua Tree: in origine si chiamava Under the Weather ed è iniziata, come spesso succedeva, come un’improvvisazione. “Mi sembrava Eye of the Tiger suonata da una band reggae”, ricorda Edge. “Aveva questo beat molto forte”, ha detto il produttore Daniel Lanois. “Mi ricordo di aver canticchiato una melodia tradizionale nell’orecchio di Bono. Mi fermò: ‘Eccola! Non andare oltre!’ e andò a scrivere la melodia che tutti conosciamo”. Il testo della canzone è pieno di riferimenti religiosi, immagini classiche della tradizione gospel americana che la band ha riempito di nuovi significati e scopi. “Stavo girando attorno a un concetto più tradizionale e ho provato a dargli un nuovo significato”, ha detto Bono al magazine nel 1987. “Questa è l’idea della canzone”.

1. “One”

In un catalogo dedicato all’esplorazione di temi come l’amore romantico, la fede spirituale la giustizia sociale, nessuna canzone degli U2 unisce tutto questi temi in forma efficace come questa incredibile ballata soul. “Parla di unione, ma non nel senso hippie di ‘Viviamo tutti insieme’”, dice Bono. “È, in realtà, l’opposto. Dice, ‘We are one, but we are not the same…’ dobbiamo convivere in questo mondo per sopravvivere”.

Il testo, nato anche dalle tensioni interne tra la band in quel periodo, “è caduto da cielo, come un dono”, ricorda Bono. “One, ovviamente, parla della band”. La musica, nata da alcuni riff di Edge, è stata scrupolosamente scolpita da Brian Eno e Daniel Lanois, i produttori, che hanno aggiunto una certa tensione. Il risultato è un immacolato equilibro tra una canzone intima e un inno generazionale. La discreta parte ritmica e le sfumature di Edge tracciano la strada per il viaggio della voce di Bono, dall’apertura quasi sussurrata (‘Is it getting better?’), fino al bridge dove grida disperatamente ‘love’, fino al falsetto del finale, diviso tra il dolore e la speranza. One riflette diverse fratture geopolitiche e sociali – è stata registrata in Germania, sul finire della guerra fredda, e mixata in Irlanda. Bono, più tardi, ricorderà di aver “girato per l’Europa con tutto quello che succedeva in Bosnia, spesso a qualche centinaia di chilometri da dove stavamo suonando”. Pubblicato come singolo per aiutare la circa sull’AIDS, parla alle famiglie lacerate dalla malattia e a tutti gli amanti in difficoltà. Cantanti come Johnny Cash e Mary J. Blige hanno proposto delle loro versioni, Michael Stipe l’ha cantata durante un evento di MTV per celebrare la presidenza di Bill Clinton e Axl Rose l’ha definita «una delle più belle canzoni mai scritte», aggiungendo di aver pianto la prima volta che l’ha sentita.

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