I Depeche Mode conquistano Bologna nonostante le imperfezioni di Dave Gahan | Rolling Stone Italia
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I Depeche Mode conquistano Bologna nonostante le imperfezioni di Dave Gahan

Qualche stonatura del cantante non intacca l’entusiasmo del pubblico, pronto a sostenerlo sulle note dei più grandi successi della band inglese

I Depeche Mode conquistano Bologna nonostante le imperfezioni di Dave Gahan

Foto di Kimberley Ross

Sold-out gli stadi cinque mesi fa, gremiti i palazzetti oggi. I Depeche Mode si confermano la band dei record con un tour, Global Spirit, che conta 118 concerti nel mondo. La terza tappa italiana – ieri sera all’Unipol Arena di Bologna – è arrivata dopo le due al Pala Alpitour di Torino e prima di quelle milanesi al Mediolanum Forum, per le quali bisognerà attendere il 27 e il 29 gennaio del 2018 (informazioni: www.livenation.it).

I numeri, però, non bastano a rendere un live perfetto. Dave Gahan, il consueto incantatore di platee con mossette allusive e giravolte ritmate, non sembra avere il pieno controllo della voce, almeno nella prima metà dello show. Comprensibile, forse, per i brani di più recente fattura, come Going Backwords, in apertura, o Cover Me, ma sbavature e stonature stupiscono su canzoni su cui il leader del trio inglese dovrebbe ormai avere totale padronanza, come Useless, Precious o la splendida versione remixata da Jacques Lu Cont di A Pain That I’m Used To.

Dopo una pausa concessa dal socio chitarrista Martin Gore, alla voce per Insight, Gahan sembra aver ritrovato la concentrazione, e dal nuovo singolo Where’s The Revolution in avanti riesce a cambiare le sorti del concerto. Sarà che la scaletta è illuminata da antiche gemme come Everything Counts, Enjoy The Silence e Don’T Let Me Down Again, sarà che il pubblico è in visibilio quando lo vede sfilare ancheggiando sulla passerella illuminata da un’onda di telefonini, ma il bis arriva su uno scroscio di applausi e porta altre perle dalla sterminata discografia dei Depeche Mode: Strangelove cantata da Gore, Walking In My Shoes, A Question Of Time. In chiusura uno dei brani più amati (e coverizzati) in assoluto: Personal Jesus.

Minimalista la scenografia, con una serie di visual sullo sfondo e due palchi neri per lo storico tastierista e bassista Andrew Fletcher, affiancato da Christian Eigner alla batteria e da Peter Gordeno alle tastiere. Davvero commovente l’abbraccio finale tra i cinque musicisti, che si inchinano per mano a raccogliere l’approvazione del pubblico bolognese.

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