Rolling Stone Italia

I 100 migliori album degli anni ’90, dal 100 all’81

La lista dei migliori album del decennio secondo Rolling Stone America

100. MOBY
Everything Is Wrong
Elektra, 1995


Il debutto di Moby su una major non è sembrato promettente a un primo sguardo. Ma Everything Is Wrong è incredibile, unisce stili diversi con curiosità e un tratto raro da trovare: l’umorismo. Nell’album, incredibili inni disco accompagnano passaggi che sbandano tra Eno e le più classiche accelerazioni elettroniche.

99. LUNA
Penthouse
Elektra, 1995


Dean Wareham è diventato noto con i Galaxie 500, ma ha trovato la sua musa in queste ballate, scandalosamente belle. La sua voce sensuale parla di vicende amorose sui sedili posteriori di un taxi, dopo una serata di drink in solitaria. Wareham canta alcune storie pungenti (“It’s no fun reading fortune cookies to yourself”), mentre la musica celebra i piaceri di essere troppo giovani, troppo ricchi, troppo belli e troppo single.

98. BUENA VISTA SOCIAL CLUB
Buena Vista Social Club
World Circuit/Nonesuch, 1997


98 Come creare un blockbuster: prendi un chitarrista rock, Ry Cooder, fallo sedere con un gruppo di leg-gendari musicisti cubani e lascia fare a loro il lavoro. Contro ogni aspettativa, Buena Vista è diventato un successo mondiale.

97. THE MAGNETIC FIELDS
69 Love Songs
Merge, 1999


In 69 Love Songs, 69 tracce esplorano ogni forma di amore: da quello frivolo a quello che spezza il cuore, a quello tra cowboy gay. Le piccole poesie di Stephin Merritt sono fantastiche sulla carta e ancora meglio in musica: accattivanti e piene di colpi di scena, uniscono il punk rock con la Tin Pan Alley e i suoni da girl band.

96. APHEX TWIN
Selected Ambient Works, Volume II
Sire/Warner Bros., 1994


Niente beat, niente tracce, niente titoli: Aphex Twin crea una nuova ambient music, adatta al sorgere del sole dopo una notte di rave. Richard D. James crea uno stile avvolgente, la colonna sonora perfetta per rimettere al posto giusto tutti i pezzi del cervello, dopo averli sparpagliati sul dance floor. È il primo album dance che celebra i ritmi presenti all’interno delle nostre menti.

95. NIRVANA
MTV Unplugged in New York
Geffen, 1994


Circondato da gigli, i fiori della morte, Kurt Cobain siede su un palco, cinque mesi prima di togliersi la vita, per dipingere il suo ultimo autoritratto. Il set, che si chiude con All Apolo-gies e il gothic folk di Where Did You Sleep Last Night, è affascinante e seduttivo, ma è contraddetto dalla forza vitale della musica.
Allontanandosi dal casino classico della band, Unplugged fa vedere il talento melodico dei Nirvana, nascosto però dietro ai ruggiti.

94. BILLY BRAGG AND WILCO
Mermaid Avenue
Elektra, 1998


Sarebbe potuto diventare un reve-renziale progetto scolastico – dei coscienziosi folk rocker che, con rispetto, scrivono musica per i testi dimenticati da Woody Guthrie. Ma Mermaid Avenue è una creazione libera, che tira fuori il meglio da tutti i coinvolti. Su California Stars, i Wilco catturano abilmente il dolce lato poetico di Guthrie, mentre Bragg e Natalie Merchant uniscono le voci in modo affettuoso su Way Over Yonder in the Minor Key.

93. AIR
Moon Safari
Caroline, 1998


Nicolas Godin e Jean Benoît Dunckel degli Air sono due tastieristi nerd. Il loro debutto è un omaggio all’easy listening: hanno costruito la loro musica con elementi francesi degli anni ’60: bongo, nacchere, piani elettrici vintage, synth sognanti e organetti che sembrano usciti da colonne sonore di film tipo Un uomo, una donna. La musica è piena di piccoli trabocchetti, come su Remember, che replica la batteria distorta di Do It Again dei Beach Boys. In tanti hanno provato a emulare il leggendario kitsch degli anni ’60 in Francia. Ma Moon Safari è la prova che i francesi se la cavano meglio da soli.

92. THE FLAMING LIPS
The Soft Bulletin
Warner Bros., 1999


The Flaming Lips hanno campeggiato all’interno del loro studio per due anni mentre registravano The Soft Bulletin e ne sono usciti con la loro dichiarazione più selvaggia e intelligente di art-rock: canzoni prolisse e appassionanti, costruite su elementi minimi, come gli accordi riverberati di pianoforte che diventano la base di What Is the Light?, prima di trasformarsi con facilità in The Observer. Tracce come The Gash combinano forze opposte come la techno hippie e l’indie rock in un insieme bizzarro e bellissimo.

91. THE PIXIES
Bossanova
4AD, 1990


Bossanova è l’album più chiaramente rock dei Pixies. Ma, per i loro standard distorti, è comunque lontano dal mainstream. Le chitarre potenti di Joey Santiago, il basso preciso e penetrante di Kim Deal e la batteria di David Lovering suonano più duri rispetto ai primi album. Qualcos’altro non è cambiato: i testi surreali di Black Francis sono sempre aperti a diverse interpretazioni, anche lui dice che non riesce a capirli fino in fondo. Is She Weird potrebbe parlare di una prostituta; The Happening potrebbe trattare degli alieni a Las Vegas; Down to the Well racconta probabilmente di sesso. Ma il contenuto è secondario in questi pezzi; quello che interessa di più è il battito, quasi strascicato, le atmosfere da delirio notturno e la libertà sessuale.

90. AALIYAH
One in a Million
Blackground/Atlantic, 1996


Come Michael Jackson una genera-zione prima, Aaliyah è saltata fuori dal Midwest, cantando cose da grandi. Era una black Lolita, un’adolescente tentatrice con un potere seducente racchiuso nella sua voce calda. A differenza di Brandy, Aaliyah cantava di sesso, esplicitamente. La 17enne poteva vendere una canzone spinta come le cantanti più esperte, anche se questi pezzi avrebbero potuto vendersi da soli, grazie alla scrittura di Missy Elliott e la produzione dell’allora sconosciuto Timbaland. One in a Million ha dato il via al futuristico funk di Virginia Beach che avrebbe invaso le radio.

89. TOM PETTY
Into the Great Wide Open
MCA, 1991


Into the great wide open inizia come ogni altro album solista di Tom Petty, ma si trasforma presto in una piena collaborazione con la sua band di supporto, gli Heartbreakers. Il cambio permette a Petty di unire l’inimitabile potenza di un gruppo di lungo corso con le nuove direzioni prese grazie al suo coproducer Jeff Lynne. Il risultato suona come un incrocio tra Full Moon Fever e Damn the Torpedoes e racchiude alcuni dei testi migliori di Petty.

88. R.KELLY
R. Kelly
Jive, 1995


Un uomo che unisce i sogni del sabato sera con la sacralità della domenica mattina, R. Kelly canta, scrive e produce un album essenziale per la black music contemporanea. Plana sopra un suono scivoloso, che luccica come il cofano di una Mercedes Benz. Sa gorgheggiare come un coro di chiesa, ringhiare quando serve e far uscire il suo spirito d’amante, esprimendo al meglio il suo fascino. Chi altro può duettare con Ronnie Isley e Biggie Smalls? Chi altro può dire: “You remind me of my Jeep, I wanna ride it” e farlo sembrare figo?

87. DE LA SOUL
De La Soul Is Dead
Tommy Boy/Warner Bros., 1991


Arrivati al loro secondo album, i De La Soul abbandonano l’amichevole “daisy age” del loro debutto del 1989 per passare a pezzi più sinuosi e accattivanti, conditi da alcuni momenti che virano brutalmente verso il gangsta rap. L’ipnotico distendersi del disco De La Soul Is Dead parte tutto dai beat pieni di sample del producer Prince Paul. Sopra, i ragazzi trattano di temi anche parecchio coraggiosi e delicati (come nella disturbante Millie Pulled a Pistol on Santa, che parla di incesto), mentre conservano il loro stile metrico, preciso e intelligente. Il risultato è un classico dark, molto più strano e molto più profondo di quanto sembrasse quando è uscito, nel 1991.

86. YO LA TENGO
I Can Hear the Heart Beating as One
Matador, 1997


86 Se gli anni ’90 sono stati l’età dell’ironia, nessuno l’ha detto agli Yo La Tengo – hanno semplicemente sfornato un album romantico dietro l’altro, facendo per i matrimoni e le coppie quello che i Velvet Underground hanno fatto per l’eroina. Nel loro piccolo angolo di mondo tutto va bene: il chitarrista Ira Kaplan parte per un viaggio a bordo degli impeccabili ronzii della sua chitarra come in We’re an American Band e la batterista Georgia Hubley canticchia la serenata Shadows. Gli Yo La Tengo hanno trovato anche tempo per un paio di novità space-disco, una cover noisey dei Beach Boys e qualche stupida canzone d’amore.

85. PULP
Different Class
Island, 1995


Jarvis Cocker dei Pulp viene pla-smato da Different Class in una stella dalle influenze bowieane. Ha agghindato la sua esile figura con un insieme di fronzoli rubati nei negozi vintage, ha scosso quello che mamma gli ha dato al ritmo dello spinto chamber rock della sua band e ha aperto la cerniera della sua voce gracchiante per sussurrare: “I’ve kissed your mother twice / And now I’m working on your dad”. Different Class offre lampi melodici che fanno sembrare momenti romantici delle sbronze colossali in Bar Italia, mentre ricorda storie d’amore cittadine in Underwear e nell’inno Common People. Jarvis Cocker: ufficialmente l’uomo internazionale del mistero.

84. MARILYN MANSON
Antichrist Superstar
Nothing/Interscope, 1996


Armati di surreali citazioni cartoon e vere canzoni– senza parlare della produzione di Trent Reznor – cinque shock rocker della Florida finiscono in mondovisione assieme ai loro sospensori. L’album mescola le atmosfere goth con la dark disco e le idee che hanno contraddistinto la carriera dell’indimenticato filosofo musicale David Bowie. Ma quello che davvero emerge da questo insieme è Manson stesso, un giovanotto dell’Ohio che è riuscito a far risultare affascinante il suo mondo di cazzate.

83. FIONA APPLE
Tidal
The Work Group/Sony, 1996


83 Dopo l’avvento di Alanis, le radio hanno preso a brulicare di ragazzine ingenue piene di problemi, alle prese con ballate tragiche. Ma in qualche modo, Fiona Apple è riuscita a emergere come una bad girl. La voce rauca e le me-lodie jazz hanno dato un peso inatteso alle sue confessioni su Tidal, mentre la 19enne riflette sull’inquietudine adolescenziale con piano ballad stordite come Never Is a Promise. Riesce a scrivere anche una theme song killer nella anomala Criminal, le vicende di una giovane donna che è stata “careless with a delicate man” (negligente con un uomo delicato) e ancora più con se stessa.

82. THE SMASHING PUMPKINS
Mellon Collie and the Infinite Sadness
Virgin, 1995


“I fear that I am ordinary, just like everyone” (ho paura di essere uno come chiunque altro) piagnucola Corgan in Muzzle, in questo epico doppio disco. La paura può essere un’ottima motivazione e lui la usa per costruire un monumento abbagliante, con il fine di celebrare fascino e oscurità. Accusato di non essere abbastanza punk, Corgan ha mostrato su Mellon Collie come sarebbe stato il punk visto da Steven Spielberg. Le canzoni più aggressive parlano di rabbia e alienazione, mentre le ballate malinconiche seminano odio e lo trasformano in un desiderio inesauribile.

81. BJÖRK
Post
Elektra, 1995


La musica di Björk è “post”: post-rock, post-apocalittica. Ma è anche “pre”, perché pesca nelle emozioni irrazionali. Björk esordisce con l’art-pop dei Sugarcubes, ma a metà anni ’90 è pronta a creare un genere tutto suo. I paesaggi elettronici creati da Nellee Hooper, Tricky e Howie B le offrono spazio per vagare e lei va dappertutto, dalle scogliere piene di rifiuti di Hyperballad alle profonde foreste della mente di Isobel. Unendo ritmi drum-and-bass e canto folk islandese e inventando il suo genere, Björk presenta anche quello che chiama “l’esercito di me stesse”, ovvero le tante voci che si danno battaglia nella sua mente iperattiva.

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