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I 10 casi di plagio più famosi di sempre

Da ‘Surfin U.S.A.’ a ‘Blurred Lines’, ecco i processi più importanti nella storia della musica

I 10 casi di plagio più famosi di sempre

La musica occidentale è fatta di solo 12 note che contengono un numero praticamente infinito di canzoni. In teoria. È naturale che i compositori tendano a imitare ciò che ha avuto successo in passato, ma come hanno imparato Robin Ticket e Pharrell, e hanno imparato con le cattive, la linea tra ispirazione e furto è sottile. E sono in tanti ad avere avuto problemi di copyright: da Madonna, Justin Bieber e Ed Sheeran fino a Lana Del Rey e Led Zeppelin.

Qui sotto i 10 casi di plagio più famosi della storia del pop. Sono molti gli aspetti controversi: furti di testi, sampling illegale, melodie troppo simili. E gli artisti? Volevano difendere la loro proprietà intellettuale o il loro conto in banca? Parola alla giuria.

The Beach Boys vs. Chuck Berry

Surfin’ U.S.A. dei Beach Boys (1963) contro Sweet Little Sixteen di Chuck Berry (1958).

Il caso: Nella scaletta dei primi concerti dei Beach Boys apparivano spesso le canzoni del pioniere Chuck Berry. Ma Sweet Little Sixteen, del 1958, mandò fuori di testa il principale compositore della band, Brian Wilson. Ispirato da tutti i riferimenti alle città americane, ha riscritto la canzone come una specie di inno, con un testo dedicato alla costa del Pacifico. Ha detto che intendeva scrivere un tributo al chitarrista, ma gli avvocati di Berry non erano d’accordo e fu denunciato per plagio.

Il verdetto: Preoccupati dalla causa legale, il manager dei Beach Boys e il padre di Brian Wison accettarono di cedere i diritti di distribuzione ad Arc Music, cioè a Chuck Berry. Il nome del chitarrista, però, apparirà nella lista degli autori solo a partire dal 1966.

Perché è importante: Nonostante il blues sia costruito su una manciata di progressioni di tre accordi e piccole scale, l’incidente di Surfin U.S.A. è il primo grande caso di plagio della storia.

Led Zeppelin vs. Willie Dixon

Bring It On Home dei Led Zeppelin (1969) contro Bring It On Home, di Sonny Boy Williamson (scritta da Willie Dixon, 1966).

Whole Lotta Love dei Led Zeppelin (1969) contro You Need Love di Muddy Waters (scritta da Willie Dixon nel 1962)

Il caso: Due brani di II dei Led Zeppelin devono più di qualcosa ai classici del Chicago blues di Willie Dixon. Il testo di Whole Lotta Love ha parti identiche a quello di You Need Love, cantata da Muddy Waters. Ma con Bring It On Home la presenza del materiale originale è ancora più evidente. Page ha preso in prestito l’intro e la coda del brano di Sonny Boy Williamson, una sorta di omaggio; Dixon non la vedeva allo stesso modo e ha fatto causa alla band nel 1972, e poi nel 1985 per Whole Lotta Love, che nel frattempo era diventata un classico del rock.

Il verdetto: Tutte e due le controversie sono state risolte lontano dai tribunali, presumibilmente con una grande somma di denaro. Il nome di Dixon, comunque, è inserito nei crediti di entrambi i brani insieme a quelli dei membri della band. Nonostante tutto, però, Plant è convinto che quello di Whole Lotta Love non è plagio. «Il riff di Page è il riff di Page», ha detto nel 1990. «Era lì prima di tutto il resto. All’epoca della causa discutemmo molto su cosa fare. Ma era già passato tanto tempo, e il brano era così influente… Diciamo che ti beccano solo quando sei famoso».

Perché è importante: Nessuno mette in dubbio l’importanza del blues per il suono dei Led Zeppelin. Gli avvocati di Dixon sono riusciti ad approfittarne legalmente, e a fare un sacco di soldi.

George Harrison vs. The Chiffons

My Sweet Lord, di George Harrison (1970) contro He’s So Fine delle Chiffons (scritta da Ronnie Mack, 1962)

Il caso: Harrison divenne il primo Beatle con un brano solista primo in classifica: My Sweet Lord. Il tema del brano era lontanissimo dal pop degli anni ’60, ma musicalmente c’era più di una somiglianza con He’s So Fine, la hit del ’62 scritta da Ronnie Mack per le Chiffons. La Bright Tunes Music Corporations intentò una causa di plagio nel ’71, e 5 anni dopo si andò a processo. Negli anni successivi la band ha addirittura registrato la sua versione di My Sweet Lord, ma Harrison dichiarò di essersi ispirato a Oh Happy Day, un inno di pubblico dominio. Poi, nella sua autobiografia, ha ammesso la somiglianza.

Il verdetto: Il giudice ha deciso che Harrison era colpevole di “plagio inconscio” e gli ha dato una multa di $1,599,987, poi ridotta a $587,000 quando Bright Tunes Music è stata acquistata da Allen Klein, vecchio manager del musicista. La controversia si è prolungata fino a marzo 1998, ed è tutt’ora una delle schermaglie legali più lunghe della storia americana. “Non mi sento in colpa”, ha scritto Harrison. “Anzi, ha aiutato molti a uscire dall’eroina. So perché ho scritto quella canzone, e i suoi effetti hanno superato la battaglia legale”.

Perché è importante: Oltre ad aver introdotto nel lessico popolare la frase “plagio inconscio”, la decisione del giudice rappresenta un irrigidimento degli standard sul copyright, inaugurando una stagione di cause facili.

Ray Parker vs. Huey Lewis and the News

Ghostbusters di Ray Parker Jr. (1984) contro I Want a New Drug di Huey Lewis and the News (1984).

Il caso: I produttori del film inizialmente avevano chiesto a Lewis di scrivere il tema di Ghostbusters, ma l’autore era già impegnato con un’altra commedia sci-fi, Ritorno al Futuro, e rifiutò. Così hanno chiesto Ray Parker Jr., assicurandosi che il film avesse un suono “Lewisesco”. O almeno così pensava Lewis, che ha denunciato Parker per il plagio di I Want a New Drug.

Il verdetto: Hanno patteggiato a condizione che entrambe le parti non parlassero in pubblico della cosa. Tutto andò come previsto, poi Lewis infranse l’accordo con un’intervista a Behind the Music di VH1, e Parker lo denunciò di nuovo.

Perché è importante: Un ottimo modo per ricordarsi che gli accordi di patteggiamento sono più che una formalità.

John Fogerty vs. Creedence Clearwater Revival

The Old Man Down the Road di John Fogerty (1985) contro Run Through the Jungle dei Creedence Clearwater Revival (1970)

Il caso: La separazione di Fogerty con i compagni dei Creedence Clearwater Revival e la loro etichetta, Fantasy Records, è stata così rancorosa che il musicista si è rifiutato di suonare le canzoni del gruppo per 15 anni. Nel 1985, quando ha pubblicato il suo disco Centerfield, un successo, Fantasy Records lo denunciò per plagio. The Old Man Down the Road, diceva l’etichetta, era troppo simile a Run Through the Jungle, un brano che lo stesso Fogerty aveva scritto per i Creedence Clearwater Revival.

Il verdetto: Seduto al banco dei testimoni con la chitarra in mano, Fogerty dimostrò senza problemi le differenze tra le due composizioni, e il giudice gli diede ragione. A questo punto il musicista ha intentato la sua causa contro l’etichetta, per recuperare le spese legali. Il caso arrivò fino alla Corte Suprema, che diede nuovamente ragione a Fogerty.

Perché è importante: Tolta la meraviglia che deve aver provato nell’essere denunciato per assomigliare troppo a se stesso, la seconda causa di Fogerty è diventata un precedente della Corte Suprema, da cui si ricavano le spese legali in casi analoghi.

Vanilla Ice vs. Queen e David Bowie

Ice Ice Baby di Vanilla Ice (1989) contro Under Pressure, di Queen e David Bowie (1981)

Il caso: Chiunque abbia un apparato uditivo funzionante si sarà accorto che Vanille Ice ha preso la linea di basso di Under Pressure e ci ha fatto il sample fondamentale della sua hit. Ma Ice, com’è noto, disse che le melodie erano diverse perché lui aveva aggiunto il beat. Poi arrivò a sostenere che era tutto uno scherzo. Gli avvocati dei Queen e di David Bowie non risero per niente, e lo denunciarono per plagio.

Il verdetto: Il caso non arrivò mai in tribunale, le parti patteggiarono: Ice pagò una somma piuttosto alta, e sia Bowie che i Queen furono inseriti tra gli autori del brano.

Perché è importante: Dopo Ice Ice Baby si scatenarono diverse discussioni sulla struttura legale del diritto d’autore americano. La legge difende bene gli interessi finanziari degli artisti, ma fa poco per quelli creativi. In questo caso Vanille Ice ha utilizzato consapevolmente senza permesso una melodia leggendaria. E nonostante abbia pagato caro, per qualcuno non è abbastanza per colmare la perdita di credibilità di Queen e Bowie, che ora sono in qualche modo “costretti” ad esserci collegati.

E poi la sua spiegazione lo rende il caso più esilarante di tutti i tempi.

The Verve vs. The Rolling Stones

Bittersweet Symphony dei Verve (1997) contro The Last Time dei Rolling Stones (scritta da Mick Jagger e Keith Richards, 1965)

Il caso: La sognante Bittersweet Symphony fu un bel colpo per i Verve. Richard Ashcroft scrisse e cantò il testo, su uno strumentale in parte preso della versione sinfonica di The Last Time dei Rolling Stones, registrata nel 1965 dalla Andrew Oldham Orchestra. Le band, inizialmente, erano d’accordo per l’utilizzo di parte della registrazione in cambio del 50% delle royalties; successivamente, però, il manager degli Stones Allen Klein disse che i Verve avevano rotto l’accordo, perché avevano utilizzato una porzione maggiore del brano.

Il verdetto: I Verve cedettero tutti i diritti a Jagger e Richards. «Ci era stato detto che sarebbe stato diviso 50 e 50», ha detto il bassista Simon Jones. «Poi hanno visto quanto stava andando bene. Hanno alzato il telefono e ci hanno detto o ci date il 100% oppure la togliamo dai negozi, non avete molta scelta». Andrew Loog Oldham, un vecchio manager degli Stones che aveva i diritti dell’incisione vera e propria, fece causa alla band nel 1999. Voleva $1,7 milioni di royalties. Alla fine i Verve persero ogni controllo della loro canzone più famosa. Venne utilizzata da Nike per una pubblicità, distruggendo la loro integrità artistica. «Sono ancora infastidito», ha detto Ashcroft di recente. L’insulto definitivo, però, è arrivato quando Bittersweet Symphony è stata nominata come “Miglior Canzone” ai Grammy – con Jagger e Richards come autori.

Perché è importante: La saga di Bittersweet Symphony è uno dei capitoli più ingiusti della storia del diritto d’autore musicale. I Verve avevano utilizzato il brano degli Stones, è vero, ma era una porzione scritta dall’arrangiatore David Whitaker – che non è mai stato inserito nei crediti, in nessuna versione.

Robin Thicke vs. Marvin Gaye

Blurred Lines di Robin Ticket (scritta con Pharrell, 2013) contro Got to Give It Up di Marvin Gaye (1977)

Il caso: Nell’aprile del 2014, la famiglia di Marvin Gaye denunciò il colosso pop di Robin Thicke, Blurred Lines, per l’eccessiva somiglianza con Got to Give Up, registrata da Gaye nel 1977. Insieme a Thicke, vennero denunciati Pharrell Williams, il rapper T.I. e la Universal. Le udienze divennero presto uno spettacolo da tabloid, con Thicke che confessava i suoi abusi di alcool e Vicodin.

Verdetto: T.I. ne uscì nel 2015, ma Thicke e Williams non furono altrettanto fortunati. Una giuria di Los Angeles li giudicò colpevoli, condannati a pagare $7 milioni alla famiglia di Gaye. Il giudice abbassò quella cifra a $5 milioni, garantendo però il 50% delle future royalties. Una delle somme più alte della storia del copyright musicale.

Perché è importante: Giudicando solo lo spartito, Got to Give it Up e Blurred Lines non si somigliano granché. Ma in questo caso il fattore sono gli arrangiamenti in studio. Il walking bass, le voci di sfondo, anche il cowbell, è stato considerato ogni aspetto della canzone. La corte disse che Blurred Line ruba l’atmosfera del brano di Gaye, un qualcosa che non era mai stato “protetto” dalla legge sul diritto d’autore. Esperti legali e artisti lo considerano un precedente pericoloso: «è un handicap per tutti quelli che creano qualcosa ispirato a qualcos’altro», ha detto Pharrell.

Mark Ronson vs. The Gap Band, the Sequence, Zapp and Collage

Uptown Funk di Mark Ronson (feat. Bruno Mars) contro Oops Upside Your Head della Gap Band (1979), Funk You Up dei Sequence (1979), More Bounce to the Ounce degli Zapp (1980), Young Girls dei Collage (1983).

Il caso: La pubblicazione del singolo di Mark Ronson e Bruno Mars aprì un’infinità di controversie legali che continuano ancora oggi. I compositori del brano – Ronson, Jeff Bhasker, Philip Lawrence e Peter Hernandez – ammisero il debito con Trinidad James e la sua hit All Gold Everything, ma non fu abbastanza per fermare l’onda di cause che li avrebbe travolti. Un anno dopo, gli eroi del funk anni ’70 della Gap Band fecero causa per plagio della loro Oops Upside Your Head. «Il musicologo ha detto che era il nostro brano, quindi ora devono pagare», ha detto in un’intervista Charlie Wilson, co-fondatore della band. Poi è venuto il turno del trio rap delle Sequence – «Bruno Mars si è preso il testo, la cadenza e le melodie, poi si sono presi Apache dei Sugarhill Gang e Jump on it», ha detto Angie Stone. «Io la vedo così, quelli hanno già fatto un sacco di cose. Noi siamo senza un soldo, ok? Abbiamo bisogno di soldi, e poi è una nostra creazione!».

Nello stesso anno arrivò anche la causa dei Collage, un collettivo electro-funk, che accusavano gli autori di Uptown Funk di aver cooptato «i principali attributi strumentali» del loro singolo del 1983 Young Girl. Non è noto sapere quanto sia costato il patteggiamento. Di recente anche gli Zapp hanno fatto causa, convinti che il groove della loro More Bounce to the Ounce sia fondamentale per il funky di Ronson e Mars.

Il verdetto: La maggior parte delle cause sono ancora in corso, ma è importante ricordare che quella con la Gap Band si è conclusa nella primavera del 2015. Quattro membri della band – Charlie, Robert e Ronnie Wilson, e Rudulph Taylor -, insieme al produttore Lonnie Simmons, sono tutti inseriti tra gli autori del brano, e hanno ottenuto il 3,4% dei guadagni.

Perché è importante: Ronson ha spiegato il suo processo creativo durante un panel per TED Talk, nella primavera del 2014. Per il produttore il sampling non è troppo distante dall’utilizzo delle progressioni blues. «Se tu… copi senza farne una copia carbone», ha detto al pubblico. «Allora è originale». Le sue convinzioni, così come quelle di molti altri colleghi, potrebbero vacillare dopo il disastro legale che ha seguito l’enorme successo di Uptown Funk. È il secondo singolo digitale più venduto di sempre, e il caso è probabilmente il più clamoroso crollo di una hit della nostra epoca.

Lana Del Rey vs. Radiohead

Get Free di Lana Del Rey (2017) contro Creep dei Radiohead (1992).

Il caso: L’ultima traccia di Lust for Life ha attirato l’attenzione degli avvocati dei Radiohead, che l’hanno trovata un po’ troppo somigliante alla prima grande hit della band. Dopo la circolazione di alcuni rumor sulla stampa britannica, Lana Del Rey ammise la causa e negò ogni plagio. «So che la mia canzone non è ispirata a Creep, ma i Radiohead vogliono il 100% dei diritti», ha detto su Twitter. «Ho offerto il 40%, ma non bastava. I loro avvocati non si danno pace, e ci rivedremo in tribunale». Due giorni dopo, però, i Radiohead negarono tutto con un comunicato stampa. Un rappresentante di Warner/Chappell ha detto di aver parlato con il team della Del Rey, ma che non c’era nessuna intenzione di fare causa. «È chiaro che le strofe di Get Free utilizzino elementi musicali presi da Creep, e chiediamo che questo venga riconosciuto agli autori», si legge nel comunicato. «E per chiarire le cose: non c’è nessuna causa, e i Radiohead non hanno mai detto che avrebbero “accettato solo il 100%” dei diritti di Get Free».

Il paradosso, però, è che gli stessi Radiohead sono stati accusati di aver plagiato Creep. Il brano originale sarebbe The Air That I Breathe, scritta da Albert Hammond (padre del chitarrista degli Strokes) e Mike Hazlewood per gli Hollies. Le parti si accordarono prima di arrivare in tribunale, e i due autori sono nei crediti del brano.

Il verdetto: Non c’è stato nessun processo, né un patteggiamento.

Perché è importante: Molti artisti hanno parlato della causa, compreso il musicista inglese Owen Pallett, che ha spiegato come la progressione della strofa sia uno standard della musica popolare. Ma invece di accusare i Radiohead, Pallett ha detto che «probabilmente sono solo avvocati che fanno gli avvocati».