Hussein HK Ibrahim ci racconta il suo rap dal campo profughi Eko Camp | Rolling Stone Italia
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Hussein HK Ibrahim ci racconta il suo rap dal campo profughi Eko Camp

Il suo singolo "Haiat Ahra", 'la vita è una puttana', racconta la storia di chi scappa dalla guerra – come Hussein, che ha lasciato la sua Siria e ora è all'Eko Camp, il campo profughi autogestito vicino a Idomeni, in Grecia

Haiat Ahra significa “La vita è una puttana” ed è il titolo del brano di Hussein Ibrahim aka HK (Hussein The King), rapper di 19 anni. HK è anche uno degli oltre mille rifugiati del campo autogestito di Eko Station, una stazione di servizio vicina al campo appena sgomberato di Idomeni, in Grecia. Fino ai 16 anni ha vissuto ad Aleppo, Siria. Poi la guerra lo ha fatto fuggire in Turchia, e dopo tre anni di lavoretti saltuari ha preso un gommone per arrivare in Grecia, sbarcando a Mytilini. Poi viene trasferito ad Atene e deportato al campo di Larissa, ma riesce a spostarsi al Campo Eko, dove si trova da quasi tre mesi. HK sa bene che la vita può essere davvero una puttana.

I ragazzi di No Border Radio, la radio che ogni giorno trasmette dall’Eko Camp alle 17.00 con e per i rifugiati, hanno sentito il pezzo di HK e hanno deciso di girare un videoclip in giro per il campo. Haiat Ahra racconta una storia e sentimenti comuni ai rifugiati in fuga dalla guerra in Siria: «La vita è una puttana e ci vuole violentare ma non perché i nostri genitori ci hanno detto che è giusto perdonare. Non abbiamo più pazienza perché siamo umani, il profeta Giobbe se n’è andato e ha portato la sua pazienza con lui», questo è l’inizio duro del brano, e continua come un pugno nello stomaco: «A nessuno frega un cazzo dei miei problemi. Quello che potrei dire ti farebbe piangere dalla prima riga fino alla frase intera della mia vita». L’unica speranza di HK e di tutti i rifugiati è la pace: «Pace, questa è l’unica parola che può togliere le mie lacrime e farmi sorridere alla vita». Grazie ai ragazzi di No Border Radio siamo riusciti a parlare con HK del suo rap e di cosa si aspetta per il suo futuro.

HK_interno

Chi è il primo rapper che ti ha ispirato?
Quando ero a Istanbul, ho iniziato ad ascoltare Eminem. Mi piaceva guardare i suoi videoclip sul computer e in tv. Mi piace il suo stile, amo le sue canzoni e i testi estremamente duri. Non credo ci sia nessuno bravo come lui.

Ci puoi raccontare la storia di Haiat Ahra? È la prima canzone che hai scritto?
Haiat Ahra non è la prima che scrivo, ho iniziato a 16 a fare freestyle e ho composto diverse canzoni che ho inciso in uno studio di registrazione a casa di un amico ad Istanbul. Racconto la mia Siria, la mia terra, il mio cuore. Canto gli orrori della guerra, la pazzia di uccidere i propri fratelli in nome di un Dio, che non è quello dell’Islam, il dolore e la rabbia di vedere casa propria trattata come un bordello dalle potenze straniere e la condizione dell’emigrante che fugge dalla bombe.

Chi ha girato il video e chi ci ha lavorato?
È partito da un incontro. Il primo giorno di trasmissioni sono andato dalla redazione di Noborder radio con il mio pezzo sullo smartphone. Mentre lo stavamo passando, Gabriele mi ha proposto di girare il videoclip. Non ci potevo credere: in tre giorni, anche insieme a Raffaello, Gloria e a miei amici, la mia umica famiglia qui , abbiamo fatto le riprese e montato il videoclip coinvolgendo tutto il campo. fra le tende e il grano. Sono entusiasta, non credo che capiti a tutti di poter girare il proprio videoclip, soprattutto in queste condizioni estreme. Ero davvero emozionato quando il video è stato poi proiettato al campo davanti a così tante persone: è per loro che scrivo.

Stai preparando nuova musica al momento?
Sto scrivendo due nuove canzoni, una sulla vita al campo e una sulla liberazione del Kurdistan, essendo di origine curda mi sta molto a cuore raccontare della mia gente oppressa da secoli.

Credi che il rap sia il miglior modo per raccontare la tua storia e quella di gente che fugge dalla guerra?
La forza del rap è quella di poter parlare a tutti, non ti rimane dentro. La musica è uno strumento per raccontare qualcosa, non è il fine.

Dove vorresti andare e quali sono le speranze per la tua musica?
Vorrei raggiungere Perween, la mia ragazza che vive in Norvegia con la sua famiglia. In un futuro vorrei diventare un medico, non sogno di diventare famoso, anche perchè non mi piace molto lo stile di vita dei cantanti (ride). A dir la verità, non nascondo che mi piacerebbe vedere la mia faccia su un album tutto mio.

Cosa pensi della situazione attuale in Siria? Vedi la fine del conflitto?
Credo che non finirà presto, se Assad dovesse cadere allora forse potrà esserci una fine a tutto questo. La Siria è diventata il bordello dove entrano tutti, lo dico anche nella mia canzone. A tutti è permesso di invaderci per fare la guerra, l’Iran, la Russia, gli Stati Uniti, la Turchia che finanzia Daesh.

Qual è il messaggio che vuoi i tuoi ascoltatori capiscano con le tue canzoni?
Vorrei finissero I bombardamenti. E lo dico per tutti le tutte le donne e gli uomini, per I bambini e le bambine che non sanno scrivere, che non vanno a scuola e a cui vengono negati I diritti. Nessuno si merita questa vita.

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