Graham Nash: per sempre hippy, per sempre libero | Rolling Stone Italia
News Musica

Graham Nash: per sempre hippy, per sempre libero

Arriva in Italia il "simple man" per eccellenza. L'intervista

Graham Nash: per sempre hippy, per sempre libero

Foto di Amy Grantham

Graham Nash è un cercatore di melodie, guidato da un tocco impressionistico per le combinazioni di parole e note. Come ha cantato in uno dei suoi pezzi simbolo, Simple Man: “Sono un uomo semplice / Quindi canto una canzone semplice”. Nel corso della sua carriera vissuta in mezzo alla rivoluzione culturale più importante degli ultimi 50 anni è stato capace di trovarle ovunque: una balena che nuota davanti a lui e David Crosby mentre navigano da Fort Lauderdale a San Francisco attraversando il canale di Panama sul veliero di Crosby, il Mayan (in Wind on the Water) il “bad trip” di ritrovarsi in acido nella cattedrale di Winchester con i piedi sulla tomba di un soldato morto il 2 febbraio del 1799 (lo stesso giorno del suo compleanno ma 143 anni prima) trasformato in inno contro la guerra in Cathedral, fino al litigio con un’arrogante guardia di frontiera canadese immortalato per sempre in Immigration Man: «Mi chiedo ancora oggi chi fosse quell’uomo. Ma in fondo potrebbe essere chiunque», racconta Nash.

«Le persone pensano che comporre canzoni sia un atto misterioso, ma io credo che il talento del cantautore sia scrivere di momenti semplici nel miglior modo possibile. Quando hai una buona melodia e parole che catturano l’attenzione avrai una canzone decente. Non è un processo creativo facile perché l’ispirazione ha bisogno di essere accompagnata da un duro lavoro. Per questo ho scelto di fare questo tour, ho scoperto che il mio pubblico aveva voglia di sentire le storie dietro alle mie canzoni. E io ne ho scritte molte».

Il suo esordio con i The Hollies è stato al Cavern di Liverpool nel 1963, il suo ultimo album è This Path Tonight del 2016. In mezzo c’è stata la British Invasion, l’incontro con la controcultura, il pacifismo di Teach Your Children e l’impegno di Chicago/We Can Change the World, l’amore con Joni Mitchell e la sua fine raccontata nel 1971 nelle struggenti canzoni di Songs for Beginners, gli ideali degli anni ’60 che ha portato avanti anche quando i capelli sono diventati candidi (alle ultime elezioni ha sostenuto Bernie Sanders «Perché gli Stati Uniti meritano qualcosa di meglio di Donald Trump. Sono felice che la mia musica sia durata così a lungo, ma è orribile che ancora oggi si possa cantare una canzone come Military Madness») e la canzone che secondo lui gli ha davvero cambiato la vita, Marrakesch Express. Nash la scrive nel 1967 durante una vacanza in Marocco. Sale su un treno per Casablanca e trova un mondo: «La terza classe era piena di uomini con il turbante, nuvole di fumo, incantatori di serpenti. Un luogo favoloso. Sono sempre stato curioso. Una volta ho letto il giudizio che ha dato di me un’insegnante quando avevo undici anni. C’era scritto: “Questo ragazzo vuole sapere tutto”».

E oggi, mentre sta per ripartire in tour («Suonerò in posti in cui non ho mai suonato, spazi piccoli in cui posso guardare negli occhi le persone e stabilire un contatto. Voglio vederli andare via sorridenti quando il concerto è finito», dice del suo tour acustico An Intimate Night of Songs and Stories che inizia il 30 giugno in Val di Fassa e finisce il 5 luglio a Villa Arconati a Milano passando per Recanati, Roma e Pistoia) e ha già pronto il suo prossimo album in studio, la risposta è più chiara che mai: «Sarò sempre un hippy. Vedo il mondo con gli occhi di un astronauta: senza confini e senza muri. Credo ancora che la pace sia meglio della guerra e che l’amore sia meglio dell’odio e che il mio compito sia quello di dire la verità il più forte possibile. Quando salgo sul palco e le luci si spengono torno ad avere 25 anni. E sono ancora uno schiavo della Musa della musica».

Altre notizie su:  Graham Nash