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God Bless Francesca Michielin

L'annuncio del tour con il producer Bruno Belissimo è l'ennesima dimostrazione che Francesca Michielin ha trovato un'identità sua, un misto tra Lorde e la canzone d'autore italiana. Magari scritta insieme agli autori indie di cui sembra davvero appassionata

God Bless Francesca Michielin

Francesca Michielin, foto Letizia Ragno

Francesca Michielin e Bruno Belissimo sono la (strana) coppia dell’anno della musica italiana, pochi cazzi. Questo nonostante durerà pochissimo – almeno a quanto sembra – il loro sodalizio: il tempo di una manciata di live nei club e nei dancefloor di provincia fra novembre e dicembre. Poi chissà, magari l’esperimento piacerà al punto da non essere accantonato, oppure semplicemente fra vent’anni ne parleremo come di un cortocircuito, di una breve allucinazione nelle carriere di entrambi.

Quello che è certo, in ogni caso, è che la notizia non può che far sorridere, soprattutto per via dello stato (mentale) in cui vegeta oggi il pop italiano. Da una parte c’è la popstar di “Io non abito al mare”, questa stagione ampiamente a segno con l’album 2640, mentre dall’altra, diametralmente opposto per background e collocamento, uno dei producer più interessanti del momento, che con l’ultimo Ghetto falsetto ha consacrato il suo stile sottile sottile di concepire la space-dance, molto italo-disco e in equilibrio fra rigurgiti passati e freschezza da 2018.

Cerco un nesso fra due poli così diversi, il motivo che possa aver spinto un nome nazionalpopolare come quello della Michielin a mettersi in gioco in maniera tanto gratuita, con una serie di concerti in cui i suoi pezzi verranno stravolti e remixati in chiave dance dal produttore italo-canadese. L’unica soluzione che mi viene in mente è che Francesca abbia davvero voglia di sperimentare, liberamente e senza pressioni, rischiare e prendersi i suoi tempi.

Lo stile di Bruno, che andrà a investire le varie Bolivia e Vulcano in maniera – ci si aspetta – capillare, è infatti forte, personale: accattivante ed estremamente votato al dancefloor, ma comunque a distanza siderale da quello della Michielin e, soprattutto, da ciò che si aspetta il suo pubblico. Perché sì, la vicentina è pur sempre figlia di X Factor, e nonostante i tanti flirt espliciti con l’indie italiano (dei quali l’ultimo 2640 rappresenta una sorta di manifesto) il suo mondo e i suoi fan restano quelli. Insomma, ha poco da guadagnarci, lei, da una tournée tanto diversa e insolita, potenzialmente zeppa di pericoli – semmai, può essere Belissimo ad acquisirne in visibilità, ma anche qui il discorso si arena presto per gli stessi motivi.

E allora? E allora god bless Francesca Michielin, che ha scelto di sperimentare per sé stessa, di uscire di strada per godersi il panorama, di portare una realtà fresca, viva e al contempo sommersa come quella del producer made in La Tempesta a un pubblico generalista, accontentando così anche i più smaliziati, curiosi di scoprirne l’eventuale, reciproca complementarità. Del resto, c’è da dire, se resta tutt’ora difficile capire come si incastreranno i pezzi del puzzle, e se sulla carta appare ancora un’accoppiata spiazzante anche a giorni dall’annuncio, se in Italia c’è una popstar in grado di ingaggiare un sodalizio del genere, quella è la Michielin.

Francesca Michielin è nata nel 1995 a Bassano del Grappa. Il suo ultimo album è "2640". Foto: Letizia Ragno

Francesca Michielin è nata nel 1995 a Bassano del Grappa. Il suo ultimo album è “2640”. Foto: Letizia Ragno

Da quando è uscita da X Factor, nel 2011, la vicentina ha lavorato come nessuno fra i pari (per qualità e quantità) nella definizione di un’identità sua, per camminare sulle proprie gambe sulla scia dei riferimenti che ama – e che, va da sé, sono solidi: Lorde e la canzone d’autore italiana. Oggi, specie dopo il buon 2640, rappresenta una delle poche voci credibili di un certo pop italiano, capace di non cadere nell’autoreferenzialità e nel circuito chiuso del pezzo compiacente e iper-collaudato. Sa mettersi in discussione, Francesca, essere internazionale senza risultare posticcia (Lorde, in questo senso, è diventata sempre più una musa astratta che una figura da imitare), guardare alla tradizione sanremese, a cui comunque resta legata a doppia mandata con le sue ballatone, senza incespicare nel passato, affidandosi alle penne di autori di cui pare sinceramente appassionata (Cosmo, Paradiso e ovviamente Calcutta), che qua e là rendono più fresca e trasversale la sua proposta. Pop intelligente insomma, perché senza schemi preventivi, ma figlio dell’umiltà di mettersi costantemente in gioco per crescere e aprirsi a nuove prospettive.

E allora, ribadisco, god bless Francesca Michielin in tournée con Bruno Belissimo, per questo suo ennesimo esempio di coraggio, di voglia di mettersi in discussione e di sperimentare su una scena altrimenti morta e sepolta. Esattamente ciò di cui il pop italiano ha bisogno, ora come ora.