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Giovanni Lindo Ferretti: «Questo governo mi fa schifo, oggi non voterei Meloni»

«Ero di sinistra e non lo sono più. Ma non sono mai stato di destra», ha chiarito. E conferma che, dopo la reunion dei CCCP, stanno lavorano a quella dei CSI: «La disponibilità c'è»
Giovanni Lindo Ferretti

Foto: Martina F. Chinca

«Noi non siamo mai stati politici. Ma raccontavamo un mondo che guardava a est e non a ovest. Non è che ti puoi svegliare una mattina e dire che ti piacciono Las Vegas e San Francisco». Giovanni Lindo Ferretti, in vista dello spettacolo teatrale Percuotendo. In cadenza, che partirà il 14 febbraio per dieci appuntamenti nei principali teatri italiani, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della sera dove compie l’ennesima svolta (anche politica) della sua carriera.

A proposito dell’immaginario che ha attraversato la stagione dei CCCP, alla domanda su quanto credessero a slogan come «voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia / cerco un piano quinquennale la stabilità», ha chiarito: «Era un sentimento, non era una rivendicazione di adesione politica. I nostri commercianti facevano affari là, alle feste dell’Unità c’era il ristorante bulgaro, non si mangiavano hamburger».

Ferretti sottolinea anche la differenza tra le due tappe principali della sua carriera: «I CSI sono stati un’esperienza molto più “musicale” dei CCCP, con l’arrivo degli ex Litfiba Marroccolo e Magnelli». Quanto a un possibile ritorno dei CSI dopo la reunion dei CCCP, Ferretti la conferma: «Sono talmente stato bene con la prima che non vedo perché non dovrei fare la seconda, anche per chiudere un conto personale: la disponibilità degli altri c’è. È solo questione di quando farla».

Più freddo sul rapporto con i cantautori emiliani, da Guccini a Dalla e Morandi, verso i quali ammette un’estraneità totale: «Nessuno, non ho mai apprezzato la dimensione cantautorale. Ho sempre guardato all’estero, al rock, al punk, al jazz. Semmai stimo Zucchero, la sua vitalità».

Sulla fede e sull’impatto del cardinale Ratzinger sulla sua (ri)conversione, chiarisce: «Ancor prima che diventasse Papa, era lo spauracchio, l’oscurantismo, il Manifesto lo spernacchiava. E poiché mi è sempre piaciuto chi viene detestato da tutti, vedi Jovanotti, ho pensato dovesse esserci qualcosa di positivo. Come quando ho votato Giorgia Meloni, era al 2% allora».

E qui arriva la zampata punk che nessuno si sarebbe aspettato. Alla domanda se voterebbe ancora Giorgia Meloni, risponde lapidario: «No, questo governo mi fa schifo. Oggi non voto nessuno. Ero di sinistra e non lo sono più. Ma non sono mai stato di destra. Per un attimo li ho guardati con simpatia, perché volevo guardare con simpatia chi consideravo l’origine dei miei problemi, ma non sono la soluzione. E se ho amici di destra, come Buttafuoco, mi imbarazzava fossero definiti fascisti. Per me l’antifascismo rimane un valore fondante, in questa casa non è mai entrato un fascista».

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