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Gibson ha dichiarato bancarotta

D'ora in poi la casa di Nashville si dedicherà solo ed esclusivamente alla produzione di strumenti musicali, abbandonando tutte le altre linee di business.

Gibson ha dichiarato bancarotta

Foyo: Jack Lue/Michael Ochs Archives/Getty Images

Alla fine di febbraio vi raccontavamo del disastro dei conti di Gibson, della fine del rock & roll e dei giovani che non comprano più le chitarre elettriche. Anche noi ci sentivamo un po’ allarmisti, e davvero nessuno pensava che la crisi potesse arrivare a questo punto, ma non è così: Gibson ha dichiarato bancarotta.

L’azienda non può più sostenersi economicamente, e ha sulle spalle una montagna di debiti e obbligazioni alta più di 375 milioni di dollari, più prestiti con istituti di credito per ulteriori 150 milioni, che secondo la ricostruzione di CNN e Bloomberg potrebbero addirittura diventare 500.

Una situazione drammatica, peggiorata dall’abbandono in corso d’opera del direttore finanziario Bill Lawrence e dalle dichiarazioni del CEO Henry Juskiewticz: «Monetizzeremo gli assett che non hanno raggiunto risultati soddisfacenti, così da ridurre il debito e generare fondi per i segmenti di business che funzionano».

Il business elettronico di Gibson è sprofondato in un circolo vizioso senza la liquidità necessaria per sostenere le vendite

Ora l’azienda ha scelto di dichiarare fallimento. O meglio, di fare ricorso al capitolo 11 del Codice fallimentare degli states per ripagare i suoi debiti: la società passerà di mano, comprese le quote di Juskiewitcz, che dal 1986 possiede il 39% delle azioni. Ma piano con gli allarmismi: Gibson non smetterà di costruire chitarre elettriche, ma riorganizzerà tutta la sua struttura abbandonando tutti i segmenti di mercato collaterali, dalle cuffie agli accessori.

Secondo i documenti consegnati in tribunale, «il business elettronico di Gibson è sprofondato in un circolo vizioso senza la liquidità necessaria per sostenere le vendite». I problemi dell’azienda fondata a Nashville nel 1902 sono iniziati con il rilevamento della divisione audio di Philips, acquistata nel 2014 per 135 milioni, e sono diventati drammatici con il passare degli anni. Per non parlare dell’influenza del successo crescente degli store online e del crollo di interesse attorno alla chitarra elettrica, come dimostrano il mancato debutto in borsa di Fender e la crisi di Guitar Center, il più grande negozio di strumenti musicali degli Stati Uniti, che rischia di chiudere soffocato da $1.6 miliardi di debiti.

«Il marchio Gibson è sinonimo di qualità, e quello che sta succedendo in questi giorni permetterà alle future generazioni di godere del suono, del design e dell’amore che tutti i dipendenti mettono nei nostri strumenti», ha detto Juszkiewicz. Sempre che a qualcuno interessi ancora suonarla, la chitarra.