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Ghali a San Vittore per la nuova canzone ‘I Love You’

Dopo il messaggio di ‘Cara Italia', il rapper torna con un brano portato per la prima volta tra le mura del carcere milanese: «Di questo posto ricordo quando da bambino venivo con mia madre a trovare papà»

Foto stampa

«Di San Vittore ho un immagine fissa, quando da bambino venivo con mia madre a trovare papà», racconta Ghali, davanti ai detenuti del carcere con cui ha trascorso gli ultimi giorni, prima di presentare la sua nuova canzone, I Love You, in uscita venerdì 15 marzo. «La canzone è una lettera d’amore a un carcerato immaginario», continua il cantante, «un brano che ho voluto portare qui, in mezzo a chi la prigione la vive ogni giorno, per far sentire anche la loro voce, le loro storie».

Nella sala decagonale che divide i raggi del carcere – «Nel terzo raggio ci stanno i tossici, nel sesto le celle chiuse con i detenuti più a rischio, come pedofili o ex agenti delle forze dell’ordine», ci racconta un secondino – alle spalle di Ghali parte un video, testimonianza degli ultimi giorni trascorsi dal rapper insieme agli uomini e le donne che vivono a San Vittore, seduti oggi tra le prime file.

Le immagini di Elisa, cui mancano ancora tre anni, mentre racconta “del tempo sospeso” dentro le mura del carcere, oppure Veruska, che parla del figlio, detenuto come lei – “È stato come essere condannata due volte” – o la voce di chi, nonostante la libertà sia ancora lontana, immagina già il proprio futuro: «Vorrei fare il magazziniere, se dovessi uscire domani il mio più grande obiettivo sarebbe non tornare mai più qui dentro», dice un ragazzo 25enne di origine nordafricana.



Il nuovo singolo I Love You parla di loro, dei loro rimpianti, delle loro speranze. Brano che, dopo Cara Italia, torna verso un messaggio che supera la sfera musicale: «Con Cara Italia volevo scuotere qualcosa nell’animo di chi decide le nostre sorti, farlo attraverso una canzone d’amore che diventasse l’inno italiano della nuova generazione», dice Ghali, parlando del suo ultimo singolo, uscito esattamente dodici mesi fa. «È passato un anno ma non è cambiato nulla, per questo ho voluto scrivere una nuova lettera d’amore, ma dedicata a chi mi sta affianco, a chi uscirebbe con me per giocare a calcio. Cara Italia, invece, era dedicata a chi, a giocare a calcio con me, non ci verrebbe mai».

Appena partono le note di I Love You la sala si trasforma, i detenuti iniziano a ballare, tutti in piedi mentre dal sesto ramo, quello delle celle chiuse, arrivano dei rumori, lontani e confusi dalla musica. Un singolo destinato a far parlare, non soltanto per la voglia che ha Ghali di tornare con un nuovo messaggio sociale, ma anche, più semplicemente – perché si tratta di una bomba. Le trame arabeggianti, i bassi potenti, i fiati à la Stromae e un ritornello letale al primo ascolto, conficcato in mezzo a versi come “C’è chi balla dentro una galera” o “Sboccio ma non bevo sono in Ramadan, non finisco il rehab ma finisco il kebab”.

Nel frattempo sullo schermo scorrono frammenti del nuovo video, racconto dei giorni di Ghali a San Vittore e del murales realizzato nello spazio per l’ora d’aria insieme a Jorit. Prima di tornare in cella c’è ancora tempo per qualche autografo e gli abbracci con i ragazzi, quasi tutti coetanei di Ghali, qualcuno più giovane. Alcuni in inglese, altri in francese, altri ancora con spiccato accento milanese, tutti hanno una parola per Ghali. «Grazie per essere venuto qui da noi, è stato bellissimo da parte tua» dice un ragazzo tunisino, tra i più emozionati in sala, prima di tornare in fila insieme agli altri, verso il quinto raggio, dove il più vecchio ha 25 anni.

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