Nel giorno dello sciopero nazionale per Gaza e per la Flotilla, Ghali ha pubblicato un lungo intervento in cui accusa i rapper di aver tradito l’essenza del genere (nata come musica di protesta) scegliendo il silenzio sul conflitto in Medio Oriente. Un silenzio che «ha ufficialmente ucciso il rap».
Non è la prima volta che l’artista prende posizione sul tema: già a Sanremo 2023 aveva invocato lo “stop al genocidio”, scatenando discussioni politiche e mediatiche. Ora Ghali torna con parole ancora più dure: «Il rap è morto, non siete rapper. Usate mille parole per riempire le strofe ma non dite nulla sulla Palestina».
Per lui, le giustificazioni addotte da molti colleghi – dalla volontà di restare “fuori dalla politica” alla complessità della questione israelo-palestinese – sono solo alibi. «Tutte scuse, tutte stronzate», scrive, elencando tre veri motivi dietro al silenzio: disinteresse («non è nel vostro algoritmo»), paura di perdere sponsor e opportunità, o addirittura complicità: «Sostenere il genocidio vuol dire anche non schierarsi».
Il rapper sottolinea come l’assenza di una presa di posizione abbia anche altre conseguenze: «Non avete parlato, e i brand non vi cercano. Cosa ci avete guadagnato col vostro silenzio?».
Per Ghali, il confronto è netto: da un lato la mobilitazione nelle piazze italiane, dall’altro le classifiche musicali. «L’Italia è in strada, e la Flotilla passerà alla storia», scrive, indicando come esempio positivo chi sacrifica giornate di lavoro per manifestare. A suo avviso, chi tace finirà invece per perdere non solo credibilità artistica, ma anche dignità personale: «Il genocidio ricadrà sulla vostra arte, sulla vostra penna e sulla salute delle generazioni future».
A sostenere Ghali anche Clementino, che in napoletano affonda il colpo contro i «rapper da classifica»: «Mettiteve scuorno. Potete avere tutti i platini e tutte le collane d’oro del mondo, ma non siete nulla. Siete solo munnezz».
Anche per lui, il silenzio equivale a tradire lo spirito originario dell’hip hop, nato come voce di protesta: «HIP è la conoscenza, HOP è il movimento», ha ricordato, accusando i colleghi di pensare solo ai propri interessi.













