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Ermal Meta e Fabrizio Moro restano in gara. Ma a sbagliare è il regolamento

"Non mi avete fatto niente" è ancora in gara dopo un giorno di sospensione. Perché la parte uguale a "Silenzio" è meno di un terzo. Ma non parliamo di campionamento.

Ermal Meta e Fabrizio Moro, in gara con "Non mi avete fatto niente". Foto: Paolo De Francesco

L’annuncio è arrivato alla consueta conferenza stampa delle 12 (iniziata ampiamente in ritardo, forse anche per questo). “A seguito delle valutazioni tecniche effettuate, Rai ritiene che non si debba escludere dalla gara”, dicono. “È conforme al requisito di novità”, per circa cinque secondi, perché lo “stralcio campionato” è inferiore ai due terzi.

Diciamo la verità, anche contro il volere di Baglioni («ci sono cose altrettanto importanti di cui parlare», ha detto in conferenza stampa ieri), questo è il caso che sta tenendo banco a Sanremo, molto più di ogni tipo di giudizio di merito delle canzoni in gara. È quello di cui si parla in sala stampa, nelle pause caffè, nei bar vicini al Teatro e nelle cene dopo il Dopo Festival. Per chi avesse vissuto su un altro pianeta, o avrebbe soltanto voluto andarci, Non mi avete fatto niente, il brano con cui il duo si è presentato in gara, ha una parte che non sarebbe del tutto inedita. Il ritornello è di fatto molto simile, nella parole e nella musica, a quello di Silenzio, canzone presentata a Sanremo Giovani due anni fa da Ambra Calvani e Gabriele de Pascali. Tecnicamente l’accusa non è quella di plagio, perché l’autore del ritornello dell’originale è Andrea Febo, indicato come autore anche della canzone in gara.

Il punto è: si può considerare questa una canzone “nuova”, come viene richiesto dal Festival? Se la risposta pensate si possa trovare nel regolamento, ecco, potreste sbagliarvi.

Diciamolo serenamente, la causa dell’affare “MetaMoro” è un regolamento scritto in modo da confondere le idee più che chiarirle. Ci sono alcuni passaggi (qui il testo integrale) che sembrano dire una e l’altra cosa contemporaneamente. La base è che la canzone debba essere “nuova”, quindi, si legge, “che, nell’insieme della sua composizione o nella sola parte musicale o nel solo testo letterario, non sia già stata pubblicata e/o fruita, anche se a scopo gratuito, da un pubblico presente o lontano o eseguita o interpretata dal vivo alla presenza di pubblico presente o lontano”. Quindi no, Non mi avete fatto niente non è una canzone nuova, visto che Silenzio è stata presentata (e scartata) a Sanremo Giovani due anni fa. Ed è stata anche successivamente interpretata dal vivo dal duo Calvani-de Pascali.

Ma continuando, si legge, “Sussiste inoltre la caratteristica di canzone nuova nell’eventualità di utilizzo di stralci campionati di canzoni già edite, sempre che questi – nel totale – non superino un terzo della canzone nuova stessa”. Potremmo discutere sulla durata, ma anche sulla questione del campionamento. Il ritornello non è tecnicamente campionato: non è preso, copiato e incollato, ma è ricantato su una linea identica. Su questo punto, però, la Rai insiste parecchio. Forse senza sapere esattamente cosa sia un campionamento.

Ermal Meta e Fabrizio Moro sono arrivati in gara con le migliori intenzioni («Non sapevamo neanche che l’avremmo portata a Sanremo», dice Meta), senza ovviamente alcuna volontà di fregare nessuno. Nonostante Baglioni affermi che l’autocitazione non sia stata mai esplicitata dai cantanti prima della gara, confermato anche dai cantanti. «Ci siamo posti noi il problema del link», dice Fabrizio Moro. «Ma tutti i nostri legali e discografici ci hanno assicurato che tutto rientrasse nella legalità e nella correttezza dell’evento». Ma c’è un punto centrale. L’impressione è che chi ha analizzato o approfondito il caso che li riguarda non abbia esattamente idea di cosa stia parlando quando parla di campionamenti. Anche perché è facile intuire che il concetto sia stato introdotto con l’arrivo del rap sul palco dell’Ariston, che per sua stessa natura fa del taglia e cuci di basi un punto artisticamente fondamentale.

“Il regolamento si adatta ai problemi del tempo”, dicono. Ma forse anche chi lo scrive dovrebbe farlo.

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