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Edoardo Bennato, sempre e comunque controcorrente

Il cantautore napoletano presenta "Pronti a salpare": «All'estero ci guardano come patetici imitatori alla periferia del baraccone angloamericano».

Edoardo Bennato è "pronto a salpare"

Edoardo Bennato è "pronto a salpare"

Spesso Bennato, più che il primo a portare rock e blues nel cantautorato italiano (come non manca mai di ricordare) sembra il padre – o il nonno – dei rapper italiani. Egoriferito, sfidante, sempre in competizione e in polemica, per puntualizzare che lui è andato sempre e comunque controcorrente e ha fatto le cose prima degli altri. Se solo fosse un po’ affabile, viene da pensare, i critici lo includerebbero come merita tra i padri nobili della canzone italiana (per i suoi brani ma anche per i dischi venduti e gli stadi riempiti. Prima degli altri, eccetera). Se fosse un po’ affabile, sarebbe più facile vedere i suoi lampi di genio invece che la indomita acidità, che a 69 anni pare appesantirlo, impedendogli di librarsi in volo come l’amato Peter Pan. Se fosse un po’ affabile, non guardarebbe sprezzante i giornalisti perché non ricordano la mediocre Restituiscimi i miei sandali. E non avrebbe fatto impazzire il suo produttore-ammiratore Brando per il nuovo Pronti a salpare, in cui ci sono sprazzi del miglior Bennato, nella musica e nei testi.

Ma se fosse un po’ affabile, non sarebbe Edoardo Bennato. Con la sua facilità per il rock unita alle solite imitazioni di Rossini, tra Napoli e l’isola che non c’è, i bluesmen del delta e Pinocchio, l’efficacia del testo sui migranti di Pronti a salpare e la satira un po’ fiacca su Renzi e Civati (Al gran ballo della Leopolda).

Edoardo Bennato - Io Vorrei Che Per Te

Durante la conferenza stampa per presentare Pronti a salpare ha spiegato la lunga gestazione di un album di 14 pezzi, il primo dopo 5 anni, dedicato a Fabrizio De André («mi sarebbe piaciuto che lo ascoltasse»). La title-track racconta «il terzo mondo che arriva nel mondo privilegiato. Ma dai diseredati pronti a salpare verso posti migliori noi dobbiamo imparare ad essere pronti a salpare verso un nuovo ordine di idee. Perché c’è una fascia di umanità adulta, gente che ha vissuto meglio e ha fatto esperienze e ha elaborato un progresso di idee e di tecnologia, e un’altra umanità bambina che va aiutata a crescere. Non si tratta di razze, esiste solo la razza umana: ai ragazzi va spiegato senza buonismo e retorica che la melanina è andata variando a seconda del cammino percorso spostandosi dall’equatore, è tutto qui».

Tra un aneddoto e l’altro della sua carriera, si è soffermato sui pezzi più eccentrici. La calunnia è un venticello, dedicata a Mia Martini ed Enzo Tortora. «Quello di Tortora è un episodio emblematico di un antiStato che dimostra allo Stato chi è il più forte». Non è bello ciò che è bello «la scrissi per Pavarotti: mi disse che era stanco di canzoni tristi. La provò, ma alla Decca dissero che era leggera. Rossini lo amo molto, quando faccio compilation da ascoltare in auto non ho problemi a mettere un suo brano dopo uno dei Black Rebel Motorcycle Club. Non è Donizetti o il più cupo Verdi: io cerco di usare il suo linguaggio per affermare la mia italianità, visto che all’estero ci guardano come patetici imitatori alla periferia del baraccone angloamericano».

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Poi la stoccata al PD, Al gran ballo della Leopolda. Anche se, dice Bennato, «chi fa questo mestiere non ha bandiere. Frequento Beppe Grillo ma il suo errore è pensare che la colpa sia dei politici e assolvere chi li elegge. E i CinqueStelle non hanno ancora spiegato cosa pensano del dislivello che divide Treviso, Cuneo e Reggio Emilia da Caserta, Messina e Reggio Calabria. A Imola si sta come a Oslo, le cose vanno bene; a Reggio Emilia vengono gli stranieri a studiare i servizi del Comune. Qualcuno spieghi perché al sud non ci sono città dove le cose funzionano. Grillo comunque vuole essere un bluesman, il suo vero obiettivo è quello, non la politica: quando è a Napoli viene all’Up Stroke, canta e suona bene il piano».

Infine, anticipazioni sul musical dedicato a Pinocchio che debutterà al Brancaccio di Roma a febbraio. Ne farà parte Il mio nome è Lucignolo, inclusa nell’album, e 10 pezzi che sono rimasti fuori. «Saranno sul prossimo disco in uscita tra un mese. No, scherzo, stavolta no», dice, ricordando di aver già beffato i media tanti anni fa con due album ravvicinati a sorpresa. Se si ripetesse, non ci sarebbe da stupirsi. A Bennato piace citare se stesso – nel bene e nel male.

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