Confess, la band heavy-metal iraniana che rischia la pena di morte | Rolling Stone Italia
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Confess, la band heavy-metal iraniana che rischia la pena di morte

L'opposizione del regime iraniano al rock parte dal 1979 – lo hanno spiegato anche i Clash – e non si ferma ancora oggi: due ragazzi di vent'anni rischiano di morire a causa della loro musica

La band Confess, foto Facebook

La band Confess, foto Facebook

I loro nomi sono Nikan “Siyanor” Khosravi e Khosravi Arash “Chemical” Ilkhani, sono iraniani, hanno rispettivamente 21 e 23 anni, e ad oggi rischiano seriamente di finire al patibolo perché colpevoli di far parte di una band heavy-metal.

Purtroppo non è una novità che vi siano Stati in cui istituzioni governative fortemente radicalizzate non vedono di buon occhio certe correnti musicali, talvolta sino a proibirne la fruizione e la produzione; è quanto successo a Theran lo scorso 10 novembre quando il cantante e il truntablist della band Confess sono stati arrestati dal Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, il ramo più ideologico dell’intelligence iraniania.

In un paese dove la libertà d’espressione è soffocata da un regime teocratico, i due ragazzi sono stati giudicati colpevoli di aver promulgato tramite la loro musica l’ateismo, propaganda di opposizione e blasfemia, e di essere responsabili di aver rilasciato interviste a radio straniere e aver fondato una label indipendente rea di aver diffuso musica considerata satanica.

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La posizione del governo iraniano nei confronti della musica è fra le più rigide che si possano immaginare tanto che il rock è stato dichiarato illegale sin dalla Rivoluzione Islamica del 1979, fatto che ispirò Joe Strummer e i suoi Clash a scrivere Rock the Casbah nel 1982. Ai giorni nostri la situazione non è molto diversa: è formalmente proibito ascoltare e suonare in pubblico musica che non sia dapprima approvata dal Ministero della Cultura così come proibito è organizzare concerti.
Nonostante l’oppressione, la scena underground iraniana è fra le più vivaci dei paesi mediorientali, a patto però che resti nell’underground; difatti chiunque sia colto suonare musica non approvata in pubblico rischia multe salatissime, di essere incarcerato oppure di incorrere nella pubblica fustigazione.

Purtroppo però, per i due membri dei Confess, la situazione potrebbe diventare addirittura peggiore, come avvisa una lettera riportata da blog e siti di musica metal di mezzo mondo, scritta da una fonte anonima vicina alla band. Canzoni come I’m Your God o Teh-Hell-Ran, contenute nell’album In pursuit of a dream uscito lo scorso ottobre, non soltanto sono costate ai ragazzi quattro mesi di reclusione nel carcere di Evin a Teheran, spesso citato per le condizioni disumane cui i prigionieri sono costretti, ma Nikan e Khosravi dopo esser stati rilasciati su cauzione – un miliardo di rial, circa 30.000 euro – ora rimangono in attesa del processo che potrebbe costargli troppo caro. Il loro destino sarà nelle mani di un giudice che potrà condannarli fino a sei anni di carcere se non, addirittura, alla pena di morte qualora i testi della band siano ritenuti irrispettosi dei precetti islamici o, nella peggiore delle ipotesi, che siano reputati offensivi nei confronti di Maometto; in questo caso per loro non ci sarebbe scampo. In attesa del processo che deciderà le sorti dei due giovani musicisti, il mondo del web non è rimasto a guardare e da ogni angolo del globo sono state avviate decine di petizioni via change.org che rispondono al richiamo dell’hashtag #freeconfess.

Talvolta diamo per scontata l’importanza di diritti quali la libertà di espressione tanto da dimenticarci che è un privilegio conquistato anche grazie al lavoro di artisti e musicisti, non un valore innato. Al contrario, il giudizio che anche in quest’istante pende sulle teste di Nikan e Khosravi non può non porci davanti all’orrore in cui una Stratocaster può valere una condanna a morte.