Com’è stata la terza edizione di Dr. Martens Fest presented by MI AMI | Rolling Stone Italia
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Com’è stata la terza edizione di Dr. Martens Fest presented by MI AMI

Il 28 ottobre, l’Ex Macello di Milano si è animato di musica e attività, per una giornata all’insegna dello stare insieme. Vediamo com’è andata insieme a Generic Animal, tra gli artisti che hanno occupato il palco del festival

Com’è stata la terza edizione di Dr. Martens Fest presented by MI AMI

Foto: Luca Secchi

Famiglia, musica, comunità. Sono state queste le parole d’ordine che hanno guidato la terza edizione di Dr. Martens Fest presented by MI AMI (il festival della musica bella e dei baci che per il terzo anno consecutivo, ha supportato Dr. Martens nell’organizzazione di questo speciale appuntamento autunnale). Nutrita la line-up che, il 28 ottobre, ha occupato il palco dell’Ex Macello di Milano, tra talenti emergenti e non. Si parla di Ett, Coca Puma, Montag con l’artless choir, Marta Del Grandi, Generic Animal e una Baby Orchestra. E poi si è continuato con Arssalendo, Thought Survival (progetto di Lorenzo Senni e Gaura-jīvana Dāsa fka Griffin Pyn) i Brucherò nei Pascoli e il loro primo album in studio Palo, Fuera (con la Mariposa Live Experience Preview), il Sistema Sonoro Fratellanza di BNKR44, Tredici Pietro, Sethu e Simone Panetti. Ha suggellato la serata la performance di Tony Scorpioni, insieme ai drum solo di Ryosuke Kiyasu.

Foto: Luca Secchi

Ma Dr. Martens Fest presented by MI AMI è stato soprattutto arte a 360°, grazie alle molte attività previste. Si parla di un workshop di attacchinaggio e fanzine guidato da Frankensteinmag, ma anche della lezione di tufting tenuta da Yamlab Milano Tufting Studio, in cui i partecipanti hanno imparato a usare questa tecnica per decorare tappeti con ciuffi e apposite pistole. Ma non finisce qui: al festival erano presenti anche le serigrafie di Familia Estrema, unione di Familia Povera e Muralestremo, che ha dato l’opportunità ai partecipanti di stampare una maglietta offerta dall’evento. Per i più giocosi, l’organizzazione ha proposto tavoli da beer pong, photoboot per scattare ricordi, e una claw machine per vincere tanti premi targati Dr. Martens. E come non nominare l’installazione artistica dell’artista americano Joe Ro, paesaggio urbano per collegare la Sicilia (luogo d’origine della sua famiglia) a New York, approdando infine a Milano.

Foto: Luca Secchi

Non mancava nemmeno la settima arte, con la rassegna speciale Cinemartens organizzata da Tafano insieme a Dr. Martens, che ha portato autori e proiezioni sul palco del festival.

Per catturare meglio le emozioni della giornata abbiamo fatto due chiacchiere con Luca Galizia, in arte Generic Animal, tra i cantautori più interessanti – e alieni – della sua generazione e che, il 28 ottobre, si è presentato con chitarra, microfono, sintetizzatore e violino, in un’orchestra minima completamente inedita.

Foto: Arianna Carotta

«Bella line-up, bella situazione. Si respirava l’aria di una comunità, che è poi quello che ci rende tutti un po’ più forti. Lo dico professionalmente ma anche per la vita privata: nei momenti in cui siamo più porosi, soffici diciamo, quello che ci tiene in piedi e che ci porta avanti sono le altre persone, gli amici e chi sta seguendo lo stesso percorso». Made Strong, insomma, come vuole un concetto caro a Dr. Martens.

Pensiero stupendo, da tenersi caro soprattutto a Milano, luogo del Dr. Martens Fest presented by MI AMI, che a volte sembra un nido, altre una giungla. «Croce e delizia si dice, e in questo momento storico credo che Milano sia un po’ così. Una cosa che a volte fa male, ma da cui non riesci a staccarti. Tutti criticano Milano tranne i milanesi, ma chi lo fa è perché deve starci per qualche motivo. È un luogo che migliora e peggiora allo stesso momento. E quello che ci fa stare in equilibrio sono i punti di appiglio umani. Quelli ci devono essere sempre. Altrimenti finisci a stagnare e non ti tiri più su. Altra cosa: dobbiamo tornare a essere spontanei, a vivere le emozioni senza che occasioni esterne o qualcun altro ce lo dica. Essere euforici, ecco. Sarebbe bello».

Serve resistere, dunque? «Credo che serva più persistere che resistere. Che poi vuol dire forse solo continuare a resistere. Il concetto, anzi il comportamento, che mi sta a cuore è rimanere fedeli a quello che si è e che si vuole fare, e conoscere la propria linea. È semplice, ma molti lo strumentalizzano. Quindi è sempre importante sapere perché lo si sta facendo, perché stiamo resistendo dunque, o persistendo, forse».

Foto: Luca Secchi

Solo così riusciamo a evolvere, e creare significato. «Lo noto molto ultimamente: gli altri hanno già capito qualcosa su di me, vedono delle cose in me, e io forse le devo ancora razionalizzare. È un momento in cui voglio capire, ma tutto alla fine per continuare a fare quello che sto cercando di portare avanti, cioè vivere di musica. E nel farlo voglio continuare a farlo attivamente, mi spiego: non voglio fare musica solo perché mi viene bene, che spesso è un vizietto nostrano. Voglio fare bella musica, senza dovere giustificazioni a nessuno».

Foto: Luca Secchi