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Chrissie Hynde si sente in colpa per le morti di James Honeyman-Scott e Pete Farndon dei Pretenders

«Non ero la loro madre, ma non ho scoraggiato l’uso di droga». E sul gruppo oggi: «Siamo una specie di tribute band dei Pretenders chiamata Pretenders»

Foto: Ki Price

Chrissie Hynde si sente in colpa per le morti di James Honeyman-Scott e Pete Farndon, musicisti dei suoi Pretenders morti rispettivamente nel 1982 e nel 1983, il primo per un arresto cardiaco provocato dall’uso della cocaina, il secondo per le conseguenze di una overdose di eroina, quando era già fuori dal gruppo.

Parlando con Record Collector, la rocker ha ammesso di sentirsi in colpa per non avere scoraggiato l’uso di droga che è stato per loro fatale.

«Sono colpevole», dice la musicista quando l’intervistatore dice che non è segreto che provi un senso di colpa per l’accaduto. Non è una parola pesante?, chiede il giornalista. Lei ribatte che «non lo è se sei davvero colpevole. Diventa pesante se ti senti colpevole e non lo sei. Ma se lo sei, dovresti alzare la mano e dichiararti colpevole delle accuse».

Il punto è che «non ho scoraggiato» all’interno del gruppo «l’uso di droga, ma anzi ne ho fatto uso anch’io. Non che fossi la loro madre, ma giravamo in tour e la cosa era molto hardcore, avevo problemi con Pete e quindi magari non è proprio colpa, ma è il desiderio di aver fatto qualcosa di più».

E sulla band oggi, dopo le morti dei due membri originali e il viavai di musicisti: «Siamo una specie di tribute band dei Pretenders chiamata Pretenders».

Venerdì il gruppo pubblicherà un nuovo album titolato Relentless.

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