Cesare Cremonini, recensione e scaletta del concerto di San Siro | Rolling Stone Italia
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Cesare Cremonini, il numero 10 di San Siro

Un concerto che diventa un varco temporale, dove il cantante sul palco gioca con il proprio passato e con il presente, conquistando uno stadio.

Manca qualche ora all’inizio del concerto, e appena spunta il suo nome la barista etiope del quartiere immediatamente ricorda: «La Vespa! Ero appena arrivata in Italia, guardavo Mtv, e la cantavo sempre». Se poi davanti al bancone la controparte è bolognese, ecco che quel nome significa un ‘messia’ platinato e non atteso, forse nemmeno desiderato da una città dove le casse del Livello 57 o del Link non sembravano molto interessate all’eredità di voci quasi sepolte nella memoria – tra Dalla, Guccini e Morandi.

Cesare Cremonini compariva come un figlio destinato a essere prodigo in un città che oggi non esiste più, ma che all’epoca non poteva ‘necessariamente’ accettarlo, spuntato nell’era pre-Napster con un disco colpevole di un successo inimmaginabile, diventato l’album più venduto di una band italiana e, allo steso tempo, condanna per la sua vita da cantautore. «Quella è diventata la mia prigione dorata. Il successo ha portato con sé un prezzo alto», raccontava nella nostra intervista fatta in una Bologna innevata, prima dell’uscita dell’ultimo, massacrante, lavoro in studio. «Ero schiavo di un pregiudizio, non potevo confrontarmi con il valore della mia musica».

Foto di Arianna Carotta



Vent’anni di carriera sulla spalle, con le unghie arpionate a quella maglietta numero 10 di cui Cremonini canta nella autobiografica Nessuno Vuole Essere Robin, mai indossata prima del debutto di ieri sera, sul palco di San Siro. Apparso da una botola, accompagnato dall’intro di Cercando Camilla e dall’esplosione di Possibili Scenari, “Benvenuti nel miglior scenario possibile, benvenuti nel mio sogno”, dice Cesare mentre lo spettacolo, il suo sogno di bambino, è appena iniziato.

Esplodono i synth di Kashmir Kashmir e il destino già inizia a compiersi dalla seconda canzone del concerto, perché gli occhi con cui guarda i 55.000 presenti portano dentro gli anni in cui, dopo la luce accecante della band, Cremonini ripartiva dalle piazze di Africo o Rende con le ali bruciate, quando i camerini erano le botteghe del paese. «Non sanno quanto ho sofferto. Ma non serve essere Cesare dei Lùnapop e aver subito le angherie di mezza Italia per fare belle canzoni». Come un cosmonauta dal passato, da quegli anni, arriva Padremadre: San Siro è nelle sue mani, stasera non si faranno prigionieri, perché dopo Il comico arriva La nuova stella di Broadway e ora la sua voce suona davvero tra le stelle, e a chi importa se sono i flash di un esercito di cellulari.

Foto di Arianna Carotta



Latin Lover, Lost in the weekend, Un uomo nuovo, Buon Viaggio, Cremonini è nato per mangiarselo il palco, con una presenza scenica spiazzante, mentre indossa una camicia glitterata e gioca con le telecamere cui presta il suo sguardo languido per poi correre come un ragazzino sulle passerelle che circondano l’intera platea. Ma dopo le strobo e le stelle filanti è il momento di tornare a sedersi dietro il pianoforte, con le dita che giocano con il trombettista, l’unico rimasto sul palco dei dieci musicisti che lo accompagnano in tour, per quattro canzoni ritinteggiate per l’occasione da sfumature jazz e San Siro che appena sussurra le parole di Figlio di un re, Una come te, Vieni a vedere perché e Le sei e ventisei. Peccato che uno stadio che sussurra si trasforma, a forza di cose, in un sing along. Ma va bene così, perché ora riattacca lo show puro, con la tripletta spaccaclassifiche scandita da Mondo (con tanto di cameo digitale del gemello di palco Jovanotti), Logico e Greygoose. Gli enormi ledwall sembrano governati dai sintetizzatori, Cremonini danza senza mai perdere la voce – impetuosa fino alla fine. È un trionfo, e la versione chitarra-voce di Dev’essere così è il preambolo del salto mortale nel passato cui, finalmente, Cremonini si ricongiunge senza preoccuparsi che ci sia ancora qualcuno a storcere il naso.

Foto di Arianna Carotta



Narra la leggenda, che la band capitanata dal platinato frontman si esibisse nelle feste liceali di Bologna con il cantante che, dietro la schiena, teneva un cembalo, cercando con la voce di imitare il suono d’oltremanica che a metà anni 90 imperversava e riempiva i sogni dei ragazzini. Non sappiamo se quei racconti siano veri, sono passati più vent’anni e YouTube o le Instagram stories non erano nemmeno un’idea quando Cremonini scriveva Il Pagliaccio, nuovo brano in scaletta e originariamente ghost track di Squèrez?, il disco che rimane il massimo esempio della capacità, all’epoca ancora acerba, di coniugare in armonia il cantautorato e le melodie britpop con cui è Cesare cresciuto, tra Dalla e gli Oasis, con la stella fissa Freddie Mercury.

Già, il passato e le luci di una boy-band che sembrava studiata a tavolino, condanna ormai esorcizzata e che ora può permettersi di conquistare uno stadio nell’abbraccio tra Cesare e il fedele scudiero Nicola ‘Ballo’ Balestri, ormai de-rastizzato dal tempo e ieri festeggiato dall’intero pubblico: «Compiere gli anni il giorno di San Siro, è un bel colpo di fortuna», scherza Cremonini prima di lanciare il dardo narcotizzato, dritto al cuore di chi Squèrez? lo ascoltava sul Walkman. È il momento di 50 Special, dei colli bolognesi, degli stereotipi di cui ora si può ridere mentre la platea salta all’unisono, un corpo solo di tentenni insieme a chi nell’epoca delle boyband e di Mtv non era neanche nato. Sul palco si apre un varco temporale da cui Cremonini entra ed esce come se non avesse fatto altro nella vita: Marmellata #25 con il ritornello affidato a San Siro e poi Poetica e Nessuno vuole essere Robin.

La 10 è fissata sulle spalle, il rigore è entrato in porta ed è tempo di calare il sipario con Un giorno migliore, ultimo ricordo e ultima canzone: “Se mi vuoi domani sarà un mondo migliore”, canta Cremonini davanti a San Siro e davanti a se stesso ragazzino, quando quel palco lo sognava. Saluta con il pugno alzato, ultimo sprazzo di un incanto iniziato suonando i Queen, mentre il cerchio si chiude come meglio non poteva.

Foto di Arianna Carotta

La scaletta del concerto di Cesare Cremoni a San Siro:

Cercando Camilla (intro)
Possibili scenari
Kashmir Kashmir
Padremadre
Il comico (sai che risate)
La nuova stella di Broadway
Latin lover
Lost in the weekend
Un uomo nuovo
Buon viaggio
Figlio di un re
Una come te
Vieni a vedere perché
Le sei e ventisei
Mondo
Logico
Greygoose
Dev’essere così
Il pagliaccio
50 Special
Marmellata #25
Poetica
Nessuno vuole essere Robin
Un giorno migliore

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