Le prigioni del ‘Prisoner 709’, il nuovo album di Caparezza | Rolling Stone Italia
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Caparezza, tutte le sue prigioni nel nuovo album

Un nuovo disco cupo e complesso con cui il rapper pugliese affronta la malattia come fosse in una seduta di analisi

No, non è vero, che non sei capace, che non c’è la chiave“. Così recita il ritornello di Una chiave, tra i pezzi di maggiore successo di Prisoner 709, il nuovo disco di Caparezza in uscita oggi per Universal. Assieme al brano che lo segue, Ti fa stare bene, il vero singolo dei 16, rappresenta uno dei pochi raggi di sole che filtra dalle sbarre dell’album, il più difficile e allo stesso tempo onesto che il rapper pugliese potesse comporre a 43 anni, e 3 anni dopo il grande successo di Museica

«Prisoner 709 arriva al termine di un periodo molto complicato. Mi sono posto ogni genere di domanda, ho riflettuto sulla mia vita e sulla mia carriera, mi sono chiesto se davvero io sia fatto per fare musica. Il disco è una lunga seduta di autoanalisi, in cui c’è molto più Michele che Caparezza (da qui il gioco del titolo: 7 oppure 9, Michele o il suo alter ego sul palco, ndr). È un tentativo di fuga dalla prigionia dei ruoli che ci viene imposta», spiega Caparezza, che da due anni soffre di acufene, un fastidioso fischio all’orecchio, esploso durante un tour live, che ha messo in discussione la sua stessa carriera.

Come sempre la sua musica tracima di citazioni e riferimenti, tutti legati al mondo della psicoanalisi. Il più evidente è a Oliver Sacks, neurologo e autore del libro Risvegli, che nel suo L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello indagò il disturbo chiamato prosopagnosia, l’incapacità di riconoscere il volto delle persone. Così si chiama anche il pezzo che apre il disco, un moderno concept album carcerario e a tratti soffocante, anche nei suoni«decisamente noise». 

Altrettanto fondamentale l’esperimento di Philip Zimbardo, professore di Stanford che nel 1971 convinse un gruppo di studenti dell’ateneo a vivere per alcuni giorni in carcere, divisi tra detenuti e guardie. «L’esito di quello studio mi sconvolse: dopo appena un giorno i primi erano annichiliti nella loro personalità, mentre i secondini, che prima non volevano indossare la divisa, già abusavano della loro posizione. Ritorna il tema centrale del disco: il nostro ruolo nella società, e ciò che ci viene imposto».

Infine Carl Gustav Jung, padre della psicanalisi, che diventa anche uno dei pionieri del rap in Forever Jung. Decisamente apprezzato il featuring di DMC, che duetta con Caparezza nei panni dell’hip hop stesso.«Il rap è la prima forma di psicoanalisi, in cui l’artista si esprime in maniera libera, come un in un flusso di coscienza». Gli altri featuring di Prisoner 709 sono con John De Leo e Max Gazzè.  

«L’album si conclude con la pianificazione dell’evasione dalle prigioni in cui mi sono ingabbiato. La fuga può avvenire solo con l’accettazione di sé, dei propri limiti e disagi», conclude Caparezza, che dal 17 novembre a Ancona inizierà il suo tour dei palazzetti. 

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