«Appropriarsi della nostra cultura, delle melodie a noi più care, per invocare la nostra distruzione, è ignobile. C’è qualcosa di davvero sinistro, macabro, nell’esibizione dei Patagarri. I più grandi nostri odiatori nella storia sono quelli che hanno strumentalizzato la nostra cultura e mentalità».
Lo scrive Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma a proposito dell’esibizione dei Patagarri al concerto del Primo maggio. La melodia a cui da riferimento Fadlun è quella di Hava Nagila, brano ebraico, espressione di speranza e gioia composto poco più di un secolo fa per celebrare la Dichiarazione Balfour del 1917 con la quale il governo britannico si impegnava a favorire la creazione di una «casa nazionale» per il popolo ebraico in Palestina.
Al concertone del Primo maggio in Piazza San Giovanni a Roma i Patagarri l’hanno usata per lanciare un messaggio pro Palestina, come fatto anche in passato in concerto. «Quando abbiamo scoperto la storia di questo brano, che risale al 1917 e che è legata alla legittimazione delle prime comunità ebraiche in Palestina, abbiamo capito che l’unico modo per suonarlo oggi era accompagnarlo con un messaggio chiaro: Palestina libera», ha detto il gruppo ad AGI.
«Ascoltare una nostra canzone dal palco del Primo Maggio in diretta tv, culminante nel grido “Palestina Libera!”, lo slogan delle piazze che invocano la cancellazione di Israele, è un insulto e una violenza inaccettabile», commenta Fadlun. «Mai ce lo saremmo aspettati in un concerto che celebra il lavoro. Soprattutto in un concerto! Come quello del Nova Music Festival, trasformato dai terroristi palestinesi in un massacro che non è finito, con 59 rapiti da Hamas ancora a Gaza. Noi ebrei, di fronte a queste provocatorie manifestazioni di intolleranza sentiamo lo spazio delle nostre libertà restringersi inesorabilmente. Ma a perdere in libertà non siamo solo noi, è l’intera società civile».