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Adele e Thom Yorke contro lo streaming musicale

In due differenti occasioni, due diversi artisti hanno dimostrato lo stesso pensiero: lo streaming è una forma di usura perpetrata dalle piattaforme a danno degli artisti

Adele in una recente apparizione al Jimmy Fallon Show

Adele in una recente apparizione al Jimmy Fallon Show

La crociata degli artisti contro lo sfruttamento dei diritti di messa a disposizione — la SIAE molto modernamente li chiama così ma noi ci limiteremo al termine streaming — continua, e sembra ottenere qualche risultato. Prendiamo Adele che escludendo dalle piattaforme come Spotify o Apple Music il suo ultimo album, 25, ha fatto sì che si creasse una vera caccia al disco. Mossa che nella prima settimana dalla release ha fruttato più di 800 mila copie vendute.

«Conosco bambini di nove anni che non hanno idea di che cazzo sia un CD!», ha detto la cantante senza peli sulla lingua a Rolling Stone USA: «Probabilmente lo streaming è il futuro, ma, ehm [con rassegnazione, ndr]».

Negli stessi giorni, anche Thom Yorke dei Radiohead si è aggiunto al coro in una recente intervista con Repubblica. Servendosi di una metafora, Yorke ha lanciato un’invettiva contro i servizi di streaming; in particolare, quelli di Google.

«La gente continua a sostenere di vivere in un’epoca dove la musica e il cinema sono gratis. Falso. I fornitori dei servizi, Google e YouTube, stanno facendo una montagna di soldi. Come se pescassero a strascico nel mare e ora hanno preso il controllo su tutto. Come i nazisti nella Seconda Guerra Mondiale e gli inglesi messi insieme. Tutti stanno rubando l’arte di tutti: esiste una qualche differenza?»

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