9 canzoni che non esisterebbero senza Charles Manson | Rolling Stone Italia
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9 canzoni che non esisterebbero senza Charles Manson

Dai Beach Boys ai Guns N' Roses, ecco come Manson si è fatto strada nel mondo della musica

9 canzoni che non esisterebbero senza Charles Manson

Charles Manson sognava di diventare più famoso dei Beatles. Oggi il suo nome è altrettanto conosciuto, ma il suo obiettivo originale era riuscirci con la musica, non con gli omicidi. Quando è arrivato a Los Angeles nel ’67, era un criminale che aveva imparato a suonare la chitarra in prigione e voleva un contratto discografico. Nei due anni successivi ha incontrato alcune persone che potevano accontentarlo – il produttore dei Beach Boys e Terry Melcher – ma non ci è mai riuscito, non aveva né il talento né la personalità giusta.

Dopo i continui rifiuti del mondo della musica – e forse proprio per questo motivo – Manson ha ordinato ai suoi “seguaci” di uccidere Sharon Tate, Jay Seabring e altre quattro persone. Era il 9 agosto 1969. Gli omicidi, come prevedibile, hanno generato una valanga di “contenuti pop accessori”, dalla tv alla letteratura. Ma la musica? La sua voce e le sue parole sono apparse in molte canzoni, ecco le nove più importanti:

“Never Learn Not To Love” Beach Boys (1968)

Questo è l’unico brano in lista registrato prima degli omicidi. Dennis Wilson e Manson si sono incontrati all’inizio del ’68: il batterista ha organizzato una session per registrare una demo, ma non voleva nessun contratto. Uno dei brani registrati in quell’occasione è finito su 20/20. Il testo è rimasto uguale all’originale, mentre il titolo – prima era Cease to Exist – è stato cambiato in Never Learn Not To Love.

“The Covenant, the Sword and the Arm of the Lord” Cabaret Voltaire (1985)

Nel 1985 molti artisti hanno pubblicato materiale ispirato a Manson – Neil Young, i Ramones, Black Flag e molte band hardcore -, ma sono stati i Cabaret Voltaire a utilizzare per primi un sample della sua voce.

“Your Home is Where You’re Happy” Lemonheads (1988)

I Lemonheads, un gruppo college rock di fine anni ’80, hanno registrato questa cover della demo di Manson, mantenendo il testo originale e suonando tutto con una chitarra acustica. Manson è indicato come autore e ha addirittura incassato le royalties. Secondo il libro del 2013 Manson, però, i proventi sono stati tutti devoluti alla famiglia di Voytek Frykowski, una delle vittime.

“I’ll Never Say Never to Always” di Crispin Glover (1989)

Dopo l’esperienza con il mondo delle sitcom, Crispin Glover ha provato a sfondare in quello della musica. Nel 1989 ha pubblicato il suo debutto, The Big Problem Does Not Equal the Solution, The Solution Equals Let It Be, in cui è contenuto questo pezzo di Manson. La versione di Glover, però, è stata arricchita da cori in falsetto e fischi vari. Il risultato è ancora più inquietante dell’originale.

“Worlock” Skinny Puppy (1989)

Il primo brano di Rabies, l’album degli Skinny Puppy, contiene una clip di Manson che canta Helter Skelter dei Beatles, il brano che secondo lui serviva come chiamata per la sua guerra razzista. Questa è la prima volta che la voce di Manson è utilizzata in un brano. Purtroppo non è l’ultima.

“Gave Up” Nine Inch Nails (1992)

Nel 1992, dopo il successo di Pretty Hate Machine, il fondatore dei NIN Trent Reznor si è trasferito in quella che un tempo era la casa di Sharon Tate, a Los Angeles. Lì ha registrato Broken: per il primo videoclip, Reznor ha scelto di utilizzare alcune riprese della casa accompagnate da suoni inquietanti. L’autore, anni dopo, si è pentito dopo aver incontrato la sorella della vittima. «Ho pensato: “e se fosse stata mia sorella?”», ha detto. «Quindi vaffanculo, Charlie Manson! Non voglio essere associato alla tua merda».

“Look at Your Game, Girl” Guns N’ Roses (1993)

Questa è la canzone più famosa della lista, e a quanto pare è tutta colpa di Marilyn Manson. È una cover di Charlie (tratta dall’album Lie del 1970). Il brano è piuttosto banale, uno strano tentativo di seduzione su un beat caraibico cantato dal timbro nasale di Axl.

“My Monkey” di Marilyn Manson (1994)

Chiamarsi come lui non era sufficiente, Marilyn Manson doveva per forza riproporre un verso di I’m a Mechanical Man in uno dei brani del suo debutto, Portrait of an American Family. All’interno di My Monkey, infatti, c’è un sample della vera voce del killer. Quando Marilyn Manson e Trent Reznor si sono incontrati per la prima volta, Marilyn gli ha chiesto di poter incidere un pezzo nella sua casa di Cielo Drive. Non ci è mai riuscito, ma durante il mix di American Family i sample di Charlie Manson sono spariti nel nulla. «Non c’era nessuna spiegazione plausibile», ha detto Marilyn anni dopo. «Quella è stata un’esperienza sovrannaturale che mi ha terrorizzato».

“Arkansas Revisited” Brian Jonestown Massacre (1999)

In Arkansas Revisited non ci sono esattamente le parole di Manson, ma una libera interpretazione. L’originale è stato trasformato in qualcosa di bellissimo, che non suona neanche lontanamente come quello che faceva Manson. L’unica cosa che accomuna i due brani è l’arrangiamento essenzialmente acustico, mentre il testo è completamente diverso: nell’originale Manson si scaglia contro i poveri del sud, mentre Revisited racconta la storia di un uomo che torna in Arkansas per uccidere i genitori che avevano abusato di lui per tutta l’infanzia.