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10 cose che non sapevamo su Nina Simone

Il documentario dal titolo "What Happened, Miss Simone?", ha gettato luce sugli aspetti più intimi della vita della cantante, dalla sua ossessione per il sesso fino alla sua rinascita artistica negli anni ottanta. Scopriamoli il giorno del suo compleanno

10 cose che non sapevamo su Nina Simone

La regista e autrice Liz Garbus era seduta tra il pubblico quando Nina Simone si è esibita al Montreaux Jazz Fest del 1976, in Svizzera. Le sue prime parole verso la platea furono: «Voi non mi capite, non sapete cosa voglio dire quando dico di essere stanca… questo è il mio ultimo concerto jazz, mi sto elevando verso un piano superiore.» L’ultimo documentario della Garbus, il Netflix Original intitolato “What Happened, Miss Simone?”, è il suo tentativo di comprendere cosa intendesse dire l’icona della musica jazz e dei diritti civili con quella dichiarazione.

La Garbus non è la prima a provarci: la stessa Nina Simone ha scritto un’autobiografia nel 1991, “I Put a Spell on You”, e sono innumerevoli le pellicole in lavorazione (Nina, film con protagonista Zoe Saldana nella parte della cantante, dovrebbe essere distribuito verso la fine dell’anno). Non si possono dimenticare, inoltre, i tentativi della stessa Simone, che scrisse “To Be Young, Gifted and Black” e reinterpretò brani di George Gershwin, Screamin’ Jay Hawkins e Bob Dylan per ritrovare se stessa. Quello che rende questo documentario interessante, quindi, è il grande numero di testimonianze della stessa cantante e dei suoi amici e familiari, testimonianze che offrono dettagli illuminanti su come la depressione e la fama mondiale distrussero Nina Simone prima della sua resurrezione degli anni ottanta. Ecco 10 cose che abbiamo imparato dal documentario a lei dedicato.

1. Nina Simone era una bambina solitaria
Questo dettaglio biografico è coerente con quello che i fan conoscono dei primi anni di vita dell’artista. Nina Simone ha parlato più volte della sua rigorosa formazione musicale – dopo aver iniziato a suonare il pianoforte a quattro anni ha convinto gli abitanti del suo quartiere, Tryon N.C., a raccogliere il denaro necessario per farle frequentare la prestigiosa scuola Julliard di New York City. Nonostante queste informazioni fossero già note, comunque, ascoltare Nina Simone e sua figlia Lisa parlare del senso di isolamento che l’artista provava è davvero emozionante. «Quando gli altri bambini giocavano mi chiedevano sempre di suonare il pianoforte per farli ballare» racconta Nina Simone nel documentario.

2. Si è esibita per Hugh Hefner
I filmati d’archivio che raccontano la partecipazione di Nina Simone allo show televisivo di Hugh Hefner, “Playboy’s Penthouse”, dimostrano il grande appeal mainstream che la cantante possedeva all’inizio della sua carriera, prima che la sua musica diventasse sempre più politica. «Vorrei presentarvi qualcuno che è sicuramente noto alla gran parte di voi» dice il fondatore di Playboy nel filmato, prima che Nina Simone interpretasse la sua versione di “I Loves You Porgy”, brano estratto da “Porgy and Bess”. Hefner si rivolgeva agli spettatori, naturalmente, ma anche agli ospiti presenti in sala, giocatori di Poker e conigliette di Plaboy, un pubblico composto esclusivamente da bianchi.

3. Le stazioni radiofoniche mandarono indietro i dischi con “Mississipi Goddam”
L’attentato del 1963 a una chiesa di Birmingham rappresenta uno dei punti di svolta della carriera di Nina Simone. Ha scritto “Mississipi Goddam” come forma di protesta e la canzone l’ha trasformata in qualcosa di molto raro, ai tempi: una cantante nera che raccontava i movimenti dei diritti civili. («Lei ha detto quello che pensavamo tutti» dichiarò il comico Dick Gregory). Mentre tutti gli attivisti iniziarono ad apprezzare Nina Simone, le stazioni radiofoniche mostrarono tutto il loro disappunto non solo censurando “Mississipi Goddam” dalle loro trasmissioni ma, come abbiamo detto poco sopra, mandando indietro i dischi, peraltro spezzati a metà.

Nina Simone: Mississippi Goddam


4. Nina Simone disse a Martin Luther King: “Io non sono contro la violenza.”
Dal momento in cui Nina Simone ha iniziato a focalizzare le sue energie sui movimenti per i diritti civili, capitava spesso di sentirle dire sul palcoscenico cose come: “Siete pronti a uccidere per la causa, se necessario?”. L’artista non ha mai nascosto quello che pensava, nemmeno al leader diventato famoso per le sue posizioni pacifiste. «Mi ricordo quella volta in cui si avvicinò a King in persona e gli disse, “Io non sono contro la violenza», ha detto il chitarrista Shackman, ridendo. Lui le disse, «non c’è problema sorella. Non devi esserlo».

5. Nina Simone abitava nello stesso quartiere di Malcolm X
Nina Simone e la sua famiglia abitavano in una casa molto vicina a quella dove abitavano l’icona controversa Malcolm X e sua moglie Betty Shabazz, a Mount Vernon, New York. Le due famiglie si avvicinarono sempre di più, tanto che la figlia di Nina Simone, Kelly, faceva sempre avanti e indietro tra le due case con la sua bicicletta. «Erano tempi belli, davvero belli», ricorda Ilysah Shabazz, una delle sei figlie di Malcolm e Betty. «C’era la musica. C’erano discussioni. Che fosse a casa nostra o a casa di Nina Simone, ci sentivamo parte di qualcosa».

6. Nina Simone era ossessionata dal sesso.
Per Nina Simone il sesso era un modo per affrontare non solo il matrimonio ma anche la sua stessa salute mentale – i suoi diari, come rivelato in “What Happened, Miss Simone?”, lo confermano con precisione. La cantante scrisse “No desire for sex,” mentre iniziava a soffrire di depressione a causa della devastante routine dei suoi concerti, concerti che si dimostravano a loro volta sempre più impegnativi. Una rara intervista con Stroud, inoltre, documenta una sorta di “assalto sessuale” che la Simone tentò con il marito. «Cosa penso del sesso? Che dovremmo farlo tutto il tempo» diceva la cantante.

7. Nina Simone si nascose da suo marito e dal suo manager per ben due settimane.
Mentre “I Put a Spell on You” racconta più in generale gli abusi subiti da Andrew Stroud, “What Happened, Miss Simone?” ci offre un esempio particolarmente brutale. Nel documentario possiamo ascoltare la voce di Nina Simone raccontare al chitarrista Al Shackman (che definisce la cantante come “sua sorella”) la storia di come una notte, dopo aver visto la Simone nascondere il messaggio ricevuto da un fan, Stroud l’abbia malmenata “fino alla porta di casa, per le scale, in ascensore, nella mia stanza” prima di metterle una pistola in bocca e stuprarla.

8. Nina Simone picchiava la figlia
Dopo aver lasciato Stroud ed essersi trasferita in Liberia, Nina Simone non parlò con la figlia Kelly per anni, lasciandola sola a Mount Vernon senza dirle nulla su dove sarebbe andata. Quando le due si sono finalmente riunite e la figlia si è trasferita in Africa con la madre, la loro relazione è diventata violenta. »Prima era il mio conforto, poi è diventata il mio mostro», racconta Kelly. «Era diventata lei quella che picchiava, e picchiava me». Gli abusi diventarono così insopportabili da portare la ragazza ad avere pensieri suicidi, fino a costringerla a ritrasferirsi a New York per stare con Stroud.

9. Ha avuto un crollo nervoso mentre apriva una serata di Bill Cosby
Mentre diventava sempre più esplicito il suo impegno politico, Nina Simone si sentiva in colpa. «Penso che gli artisti che riescono a non farsi coinvolgere da messaggi politici siano più felici – ma vedi, io devo convivere con Nina, ed è davvero difficile», ha detto la cantante in una intervista. Stroud, inoltre, racconta un episodio che mostra quanto fosse dura l’esperienza: «Durante l’ultima serata del tour Nina si comportò in maniera sempre più irregolare» racconta Stroud. «Aveva un vasetto di lucido da scarpe e se lo metteva tra i capelli, farfugliando parole incomprensibili. Era davvero fuori di testa, incoerente».

10. Si è esibita in un caffè parigino semi-vuoto prima della rinascita artistica degli anni ottanta.
Nina Simone viveva felicemente in Liberia, ma non si esibiva più davanti al pubblico. Quando la cantante si è ritrovata al verde, si è trasferita a Parigi, dove ha suonato in un caffè per circa 300 dollari al giorno. «Ero davvero disperata, e nessuno credeva che fossi davvero lì… nessuno veniva ad ascoltarmi», racconta la voce della Simone nel documentario. Fortunatamente il trasferimento in Francia le permise di riavvicinarsi ad un vecchio amico che si prese cura di lei. Lui l’ha portata dal dottore che le ha diagnosticato la depressione, l’ha aiutata a curarsi e a ricostruire una carriera degna di una leggenda.

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