«Minneapolis è stanca e ferita»: i musicisti raccontano la rivolta per George Floyd | Rolling Stone Italia
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«Minneapolis è stanca e ferita»: i musicisti raccontano la rivolta per George Floyd

L'omicidio e le proteste visti dagli artisti delle Twin Cities. «La polizia di Minneapolis è una delle gang più grosse d’America», «siamo su un'isola e cerchiamo di attirare l’attenzione accendendo fuochi»

«Minneapolis è stanca e ferita»: i musicisti raccontano la rivolta per George Floyd

Foto: John Minchillo/AP/Shutterstock

Il 25 maggio George Floyd è morto soffocato da un poliziotto di Minneapolis. Da quel giorno, a poco meno di quattro anni dalla morte di Philando Castile, un altro caso che ha sconvolto il Paese, gli abitanti della città e quelli di St. Paul hanno iniziato a protestare. Mercoledì sera, il governatore del Minnesota Tim Wall ha attivato la Guardia Nazionale. Mentre i quattro agenti coinvolti nella morte di Floyd sono stati licenziati dalla polizia nel giro di 24 ore, il poliziotto che ha soffocato l’uomo non è stato arrestato prima di venerdì sera e solo dopo diverse richieste da parte del sindaco della città.

«Vorrei dire di essere sorpreso, che è un evento imprevedibile, ma non è così», dice Nikki Jean, cantautrice di St. Paul che nel 2019 ha pubblicato l’album Beautiful Prison. La musicista vuole che tutti capiscano quanto la protesta sia diffusa tra gli abitanti della zona. «Non dovete pensare che questa storia riguardi solo le vite dei neri, o che siano gli unici a essere arrabbiati», dice. «I media dipingono la vicenda e dicono: “Guardate quanto sono infuriati i neri”, ma non è così, c’è gente di ogni tipo».

Jean, che era una studentessa della scuola dove Philando Castile lavorava prima di morire, è uno dei paramedici attivi durante le proteste della settimana, e racconta di aver visto volti aperti in due dai proiettili di gomma. «Non pensavo che avrei mai versato del disinfettante sul volto di mia sorella dopo che è stata colpita da un lacrimogeno, o che avrei sentito l’odore di quel gas in un parcheggio», dice, «ma siamo arrivati a questo».

Rolling Stone ha chiesto a cinque musicisti delle Twin Cities di raccontare le loro riflessioni, i pensieri e i sentimenti che hanno provato di fronte a quello che sta succedendo nelle loro città. Ecco cosa ci hanno detto.

Dua Saleh: «La protesta è  guidata da neri queer e trans»

Attivista facente parte del Black Visions Collective. Nati in Sudan, si sono trasferiti a St. Paul da bambino. In giugno uscirà l’EP ‘Rosetta’.

È lo stesso ciclo di violenza che abbiamo visto e rivisto più volte. Sono stati giorni di rabbia, provocazioni e tentativi di mobilitazione. La comunità è in lutto. La famiglia di George Floyd è ancora in lutto. Minneapolis è in lutto. I giovani neri e altri cittadini hanno dovuto guardare sgomenti i suoi ultimi momenti in diretta. La comunità di Minneapolis ha visto il video mentre attirava l’attenzione della nazione. Non è l’unico omicidio di un cittadino delle Twin Cities a cui abbiamo assistito. Ci sono anche Philando Castile e Jamar Clark (che la polizia ha ucciso nel 2015), solo per nominarne due.

Il sindaco Jacob Frey ha chiesto l’intervento delle SWAT, il governatore Tim Walz vuole schierare la Guardia Nazionale in una comunità in lutto. È come minimo allarmante. Credo che Frey sia interessato all’estetica della buona leadership, ma non mi sembra che la stia praticando.

Non ho partecipato alla protesta perché sono malato e ho appena fatto il test per il Covid-19. Sto aspettando i risultati, poi deciderò cosa fare. Vorrei distribuire dispositivi di sicurezza come maschere, acqua per i lacrimogeni e kit di pronto soccorso per chi è stato colpito da proiettili di gomma e manganelli. E poi non dobbiamo dimenticare l’ansia legata al Covid. Il virus uccide soprattutto i neri in situazioni di svantaggio socioeconomico. Questa situazione potrebbe aver esasperato i sentimenti della gente.

I cittadini del Minnesota sono sconvolti da come i media stanno macchiando la reputazione di George Floyd. Era un uomo amato dalla comunità, ed è scioccante leggere tutte queste false speculazioni su di lui. Tutte le volte che penso a quel video mi viene da piangere.

Ho anche notato che la protesta è soprattutto guidata da neri queer e transessuali. Il lavoro che svolgono è assente dai media. Piango anche la morte di Tony McDade, un nero transessuale di Tallahassee. È stato ucciso mercoledì da un ufficiale di polizia. Piango queste morti in uno stato di sconcerto ontologico. Spero che le comunità abbiano la stessa compassione per tutte le nostre voci. Nessuno dovrebbe essere vittima di un omicidio così insensato.

Matt Allen: «Siamo su un’isola e cerchiamo di attirare l’attenzione accendendo fuochi»

Rapper e attivista delle Twin Cities, dov’è conosciuto con il nome d’arte Nur-D. Si è trasferito nella zona ai tempi del liceo, e ora vive a St. Paul.

Eravamo lì giovedì per una protesta pacifica, volevamo partire in corteo dal punto in cui George Floyd è stato ucciso e arrivare fino al terzo distretto. La polizia ha gestito la nostra protesta pacifica con la maggiore apatia possibile. Quando la protesta è diventata vandalismo e le forze dell’ordine hanno risposto con violenza, la tensione è aumentata ancora di più.

La sera dopo, io e la mia ragazza siamo usciti per cercare di offrire un po’ di aiuto. Abbiamo trovato una stazione medica abbandonata dopo l’inizio degli incendi e alcuni di noi l’hanno occupata per offrire lavaggi agli occhi e pronto soccorso con tutto quello che avevamo a disposizione. Ieri sera siamo tornati, eravamo una presenza più consolidata. È spaventoso. Molti di noi non sono addestrati, non hanno mai visto niente di simile. La città brucia. Credo che la gente di St. Paul fosse convinta che questa situazione fosse legata a Minneapolis: ora stanno vedendo che il disagio di quella città è lo stesso di altre parti del Minnesota, posti dove le comunità di colore sono continuamente costrette a subire ingiustizia e apatia da parte di chi dovrebbe proteggerli.

Ci sono alcune grosse differenze tra questa protesta e quella per Philando Castile, ma non smetterò mai di sottolineare come la rivolta stia avvenendo mentre siamo a un passo dal collasso economico. La città sta cacciando le persone fuori dai parchi. C’era già parecchia rabbia nell’aria. La città era una polveriera, e vedere un omicidio così brutale per mano del dipartimento di polizia è stato come accendere la miccia.

Vorrei che tutti capissero che anche se il Minnesota è principalmente uno stato bianco, ci sono grandi comunità di colore. Ma visto che la narrativa dello stato è quella dei bianchi che fanno le cose da bianchi, molte ingiustizie restano inascoltate. La gente si sente ignorata da molto, troppo tempo. La città è in fiamme, ma è come se fossimo intrappolati su un’isola e cercassimo di attirare l’attenzione di un aereo con un fuoco. È un modo per essere visti.

Le comunità che stanno bruciando non vivevano certo in un quadro di Norman Rockwell. Erano represse dalla polizia, impoverite e piene di disuguaglianze e senza casa. Soffrono da molto tempo. Quando qualcuno vede al telegiornale una comunità devastata, pensa alla sua comunità, e se vive in un bel posto non riesce a immaginare perché qualcuno possa voler dare fuoco a tutto. Ma noi non siamo in un bel posto.

Michael Bland: «Dobbiamo risvegliare le coscienze dei bianchi»

Batterista, ha iniziato la carriera nei New Power Generation di Prince. Nato e cresciuto nelle Twin Cities, ha suonato nei Soul Asylum per oltre 15 anni.

Sono nero e lo sono da un sacco di tempo. Quando vedo i video di quello che sta succedendo mi vengono in mente le rivolte per Rodney King. All’epoca erano pochi i bianchi che credevano a quello che si diceva sulla polizia di Los Angeles, poi hanno visto il video di Rodney King picchiato fino a quasi morire. Con George Floyd è successa la stessa cosa: è morto in strada, di fronte ad altri neri. Il poliziotto gli ha messo il ginocchio sul collo per cinque minuti. Com’è possibile fare o subire una cosa del genere?

E poi c’è chi si chiede come mai i neri siano in rivolta. A una reazione irrazionale ne corrisponde un’altra. È ridicolo far saltare in aria un quartiere per protestare contro la violenza della polizia, ma è così che si reagisce di fronte a eventi che non hanno senso.

In Minnesota il razzismo è pervasivo, ma allo stesso tempo è elusivo per chi non guarda con attenzione. Conosco molti bianchi vicini al movimento Black Lives Matter. Sono tutti appassionati, e vogliono che il mondo cambi a partire da qui. Ma molti di loro pensano di aver la coscienza a posto e perciò non devono provare certe cose di fronte alla gente di colore. Uno di loro ha cercato di convincermi che l’America dovrebbe essere un paese post razziale. No, la razza fa parte del sistema.

La società bianca non avrebbe nessun vantaggio a condividere il potere. Perché dovrebbero farlo? Comunque, io mi fido del sindaco Jacob Frey. Ha subito detto che vuole portare in tribunale questi poliziotti e che intende farlo il prima possibile.

La gente del Minnesota è tranquilla, è più difficile vedere chiaramente quel che succede. Non è come nel Sud che ha una reputazione razzista. A molta gente non interessa sapere che il Minnesota è il secondo stato più razzista degli Stati Uniti. Non conoscono la storia di certe comunità. Io sono cresciuto a Southeast Minneapolis, vicino a Tower Hill e Prospect Park. È uno dei primi posti dove le famiglie nere che si erano trasferite lì si sono scontrate con i vicini, che non sapevano cosa fare. C’è stato uno speciale della PBS sul razzismo a North Minneapolis, una zona che conosco da anni. Ci sono tanti modi per entrare a North Minneapolis, ma solo uno per uscirne. È stata immaginata così.

La gente mi chiede sempre: «Cosa faremo col razzismo?». Io cerco sempre di rispondere: dobbiamo risvegliare le coscienze dei bianchi, educarli. La prossima volta che senti una battuta inappropriata, alza la voce, altrimenti stai accettando quel comportamento e la prossima volta la battuta potresti farla tu.

Finding Novyon: «La polizia di Minneapolis è una delle gang più grosse d’America»

È un rapper di Miami, ma è cresciuto nelle Twin Cities. Il suo ultimo album ‘Sink or Swim’ è uscito nel 2018.

Sono nato e cresciuto a Minneapolis. Quella città è casa mia. Lì le minoranze affrontano tante difficoltà, soprattutto con la polizia. La gente è stanca. Alcuni dei poliziotti del video di George Floyd sono in giro da quando andavo al liceo, e ora ho 28 anni. Uno di loro è andato nella mia stessa scuola, nel nord della città.

Per noi il punto è sempre stato protestare pacificamente. Vorrei sottolineare che quello che è successo martedì sera, gli incendi e i saccheggi, non riflettono la comunità che vuole il cambiamento. Vi assicuro che nessuno dei leader in prima linea ha tollerato o incitato quei comportamenti. Nessuno di noi vuole vedere la città distrutta. Anzi, è una cosa che spezza il cuore. Ed è imbarazzante sapere che la mia gente verrà ricordata per questo.

D’altra parte direi che la protesta è stata pacifica finché possibile. Nel primo giorno di manifestazioni, ho visto persone che volevano camminare in un corteo pacifico e che si sono viste tirare addosso lacrimogeni e proiettili di gomma. Ho visto ragazzini disarmati, il futuro delle nostre comunità, trattati con violenza. Il dipartimento di polizia di Minneapolis è una delle gang più grosse d’America. E in un certo senso sono contento che il mondo possa vedere come trattano la gente.

La comunità è stanca. La comunità è ferita. Ma credo che il messaggio sia chiaro a tutti: non c’è pace senza giustizia.