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Viva! Festival corregge il tiro e segna un centro perfetto

Dal live incredibile di Erykah Badu alle piacevoli scoperte della Tanzania, il festival in Valle d'Itria ha imparato dal passato per tornare con un'edizione sostanzialmente impeccabile

Second stage. Foto di Clarissa Ceci

L’estate, specie agli occhi dei suoi detrattori, potrà sembrare tutta uguale: una melma rovente di pomeriggi in spiaggia e notti a lottare contro zanzare e postumi delle ustioni. Ma agli occhi di un promoter, l’estate costituisce un ecosistema fatto di tanti piccoli microhabitat; alcuni decisamente ospitali alla vita di un festival, mentre altri decisamente tossici e quindi inospitali.

Fra luglio e agosto c’è una differenza abissale, cioè che a luglio la stragrande maggioranza della fauna è ancora arenata in ufficio, mentre è ad agosto che migra nelle regioni meridionali e costiere della penisola, pronta a liberare gli istinti e magari anche gli ormoni. Senza esagerare con le metafore etologiche – non vuole di certo essere lo speciale festivaliero di Superquark – il punto a cui vorrei arrivare è che, se si parla di eventi dal programma e dal pubblico internazionale, l’estate non è mica tutta buona.

Ne sa qualcosa il Viva Festival, evento boutique a Locorotondo che l’anno scorso ha puntato su luglio, soffrendo poi un po’ la scelta (ma in compenso dimostrando anche una concreta dose di coraggio); e che quest’anno invece è tornato alla sua natura di raduno agostino, vacanziero, internazionale e soprattutto orchestrato alla perfezione. La lineup dei quattro giorni, dal 1 al 4 agosto, ha distribuito sapientemente 1) nomi immensi, 2) nomi dal risultato sicuro e 3) nomi pressoché sconosciuti che poi hanno restituito un risultato di gran lunga superiore a quello del punto 2).

Partendo da questi ultimi, la rivelazione del Viva 2019 è stata a mani basse Bamba Pana, artista tanzianiano che insieme al suo beatmaker Makaveli dispensa nitrometano alle folle, però sotto forma di Singeli, prodotto tipico dell’Africa del’Est. Praticamente, è per i giovani tanzaniani ciò che per gli adolescenti è il grime, solo che qui parliamo di 250 BPM di balli spiritati e vocalizzi sciamanici. Il ritmo tarantolato sulle prime ha spiazzato il pubblico del second stage (altra sorpresa di quest’anno, praticamente una consolle piazzata su una torretta di pietra e tutto attorno schermi e speaker ad avvolgere il pubblico), ma visto che eravamo pur sempre in Puglia, gli aborigeni pugliesi hanno attinto dai propri geni improvvisando ogni genere di taranta o pizzica. Un bel clash di culture, indubbiamente.

Erykah Badu. Foto di Clarissa Ceci

Quanto ai nomi sicuri, troviamo di certo i vari Nicola Conte e Todd Terje, ormai aficionados del Viva a tal punto che viene quasi da chiedersi se non siano già assessori comunali di Locorotondo: rispettivamente, uno alle Politiche Sociali e l’altro alla Cultura. Anche Apparat e Jon Hopkins rientrano nella categoria dei nomi sicuri, ma un po’ meno sicuro è stato il risultato: il primo alla lunga risulta sempre un po’ soporifero, mentre il secondo è riuscito a rovinare un set interessante e dei visual magnetici piazzando sul palco due ballerine (?) con dei bastoni LED in mano. In pratica, una via di mezzo fra le cubiste dell’Ushuaia e gli operatori aeroportuali che gesticolano con torce o palette in mano. Yves Tumor sempre un piacere per gli occhi e le orecchie, ma stavolta forse un po’ sottotono. Sospetto che il suo habitat naturale sia più vicino a quello del Lingotto di Torino a novembre.

Ma sono congetture perché, belle sorprese o piccoli nei a parte, l’edizione 2019 della creatura di Club To Club e Tourné verrà ricordata per una e una sola esibizione: Erykah Badu. O meglio, DJ Lo Down Loretta Brown, come si fa chiamare quando porta in giro il setup ristretto del DJ set. Ma ristretto si fa per dire. Vero, non è il live con la band al completo che abbiamo visto al Primavera Sound, ma posso assicurare che forse così è anche meglio. I suoi colossali pezzi, Erykah li accenna al microfono, da Appletree a On & On e i vari altri inni di Baduizm. Ma in più c’è la totale libertà di spaziare fra generi e autori che solo un DJ set ti può dare. Soul, funk, hip hop e addirittura spiritual: quello di Miss Badu somiglia più che altro a un seminario applicato sulla migliore musica black di sempre. Di fianco a lei, il fratello alla drum machine e il bassista (mostruoso) sostengono il ritmo.

La serata perfetta di Erykah, cioè il gran finale di sabato, finisce al Lido di Egnazia, con il sole che spunta rossissimo dalle onde del mare alle 5:30, mentre tutt’attorno la gente balla e nell’aria viene trasportato un profumino micidiale di caffè e brioche. Tira un bel venticello, la palette di colori della luce ora ha assunto rassicuranti tinte pastello. Ogni senso di cui dispongo viene stimolato dolcemente e in maniera indelebile. Non è cosa da tutti i festival.

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