Patti Smith celebra ‘Horses’ e noi celebriamo lei | Rolling Stone Italia
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Patti Smith celebra ‘Horses’ e noi celebriamo lei

Cosa aspettarsi da un concerto di Patti Smith nel 2025? Di andare a casa felici, per esempio. Siamo stati a Bergamo per la celebrazione di un disco storico. Ma è stato molto di più

Patti Smith celebra ‘Horses’ e noi celebriamo lei

Patti Smith

Foto: Paolo Brillo

Cosa aspettarsi da un concerto di Patti Smith nel 2025?

È il tour che celebra il cinquantesimo compleanno di Horses, uno di quei dischi che un terzo di noi ha ereditato dai genitori; un altro terzo ha comprato in giovane età in CD nice price dopo averne letto su qualche rivista che elencava i dischi più importanti degli anni ’70 e/o di sempre; e che l’ultimo terzo che legge queste righe e non ne sa niente forse ascolterà in streaming. In questi cinquant’anni di Patti Smith abbiamo saputo, visto, ascoltato praticamente tutto. Il mistero di uno dei personaggi più significativi dell’underground newyorchese nel transito tra la Beat Generation degli anni ’50, la cultura hippy degli anni ’60 e il punk, la new wave, la scena artistica d’avanguardia degli anni ’70 è dato ormai per buono e risolto. Inoltre, le sue canzoni ancorché incredibili e colonne sonore di tantissimi momenti fondamentali di tantissime persone sono sempre quelle, cosa potrà mai dirci l’ennesima celebrazione dell’ennesima divinità del nostro pantheon musicale in un’estate passata tra “nuove” mitologie (Oasis e gli anni ’90 come nuovo classico), lutti che ci ricordano tutta la distanza da quei feticizzati ’60 (Brian Wilson, Ozzy Osbourne) e addi alle scene di chi c’era e ha aiutato a costruire tutto (gli Who)?

Mettiamola così. Patti Smith ha 78 anni e ha il sacrosanto diritto di fare un po’ quel che diavolo vuole e si è guadagnata sul campo — anche prima di iniziare a fare la storia della musica, andatevi a leggere il memoir Just Kids — la libertà di portare in giro il proprio museo permanente mantenendo però una classe, una credibilità e una voglia di essere tutto sommato, be’ sì, punk. Il che lascia sempre abbastanza sconvolti. Saliteci voi sul palco a quell’età e dopo una vita passata più o meno pericolosamente tenendo la barra dritta per quasi due ore (alla fine il cronometro segna un’ora e quaranta abbondante), non risparmiandosi per un secondo tra urla, sputi — Patti dice che è più forte di lei, ma è anche vero che a un certo punto si è pure messa a pulire il palco perché «ho fatto un casino con la saliva» — dialoghi col pubblico, appelli alla pace universale e particolare in Palestina, e al diritto delle persone di fare casino e combattere il potere (People Have the Power ovvia conclusione del concerto, cantata in un posto che al 60% ha votato destra alle ultime elezioni. Va be’).

La prima parte del concerto è tutta dedicata alla celebrazione di Horses, che per quasi tutti i presenti al Chorus Life di Bergamo — una sorta di astronave distopica calata nella periferia della città con centro commerciale che diventa “piazza pubblica” (gosh), hotel, parcheggio pulitissimo e un’arena polifunzionale dove bisogna dire che si sente davvero bene — è «il disco di Gloria» perché si canta a squarciagola soprattutto lo spelling nel crescendo finale ma si lascia da parte tutto il resto del disco. Sì ok, si applaude, si è contenti, la gente è felice perché sta vedendo una leggenda del rock e accetta la celebrazione con canzoni come Free Money, Redondo Beach e Land, che dal vivo si prendono molto spazio, vanno quasi in free form e spiattellano alle migliaia di persone presenti l’autentica dimensione poetica di Patti Smith, come a dire che il rock’n’roll è solo un mezzo espressivo e la sua vera natura è sempre stata quella di scrittrice; ma aspetta altro.

Così come si assiste rispettosi — e anche un po’ straniti — a quello che invece per me è uno degli apici del concerto. Dopo aver finito la celebrazione di Horses, Patti Smith lascia il palco ma non è uno di quei momenti in cui si fa finta di andarsene per il bis perché la band, capitanata dal solito, fluentissimo e in formissima Lenny Kaye (78 anni anche lui) annuncia di voler omaggiare una band con cui dividevano il palco al CBGB’s nel 1975 proprio quando usciva Horses e si lanciano in un piccolo, bellissimo, accuratissimo medley dei Television in onore di Tom Verlaine — che con Patti ha scritto canzoni, ha diviso momenti di vita e ci ha lasciato nel 2023 — mettendo insieme See No Evil, Friction e un pezzo di Marquee Moon. Dalla risposta del pubblico capisco che non tanti hanno capito quello che sta succedendo e forse qualcuno si chiedeva perché quei buffi signori stavano suonando quella musica strana senza la loro leader e per quanto la leggenda del rock sia materia di discussione (e quando insegnavano Tom Verlaine forse molti avevano l’influenza e sono stati a casa), per me resta uno dei grandi momenti di questo concerto. Se avete sentito uno scemo urlare «woooooo» al nome Television ero io, scusate.

Dopo il medley arriva il momento che tutti stavano aspettando. Patti torna sul palco sulle note di Dancing Barefoot — di cui sbaglia l’attacco nonostante sia uno dei suoi pezzi più famosi ma appunto Patti Smith nel 2025 può fare davvero quel cavolo che vuole — e dopo Peaceful Kingdom (pezzo scritto nel 2004 pensando alla situazione a Gaza e in Palestina) e Pissing in a River, viene introdotta quella canzone che, dice Patti, «è ormai una sorta di folk song italiana che ogni tanto canto nei ristoranti» perché una volta l’ha cantata in un ristorante a Pesaro. Ovviamente è il momento di Because the Night che nonostante sia il suo pezzo più famoso, nonostante sia il pezzo di Patti Smith che TUTTI conoscono, e nonostante sia una canzone incredibile, la suona e la canta un po’ lasciandola andare. Forse si è un po’ stufata di cantarla. Forse è stanca. Forse va benissimo così perché la gente, che nel mentre ha lasciato le seggiole con cui si era allestita la Chorus Life Arena e ha letteralmente invaso il campo in un momento di sincero rock’n’roll, canta ed è felice proprio “because the night belongs to lovers” e “because the night belongs to us”. Grazie Patti, grazie Bruce Springsteen che hai scritto la canzone e grazie a Enrico Ghezzi per averla usata da sempre come sigla per Fuori orario.

Chiude la già citata People Have the Power e alla fine siamo tutti molto contenti di esserci stati. Personalmente è stato un concerto di molto superiore alle aspettative perché non mi aspettavo tanta generosità, trasporto e coinvolgimento da parte di persone che fanno questa cosa da cinquant’anni e si devono anche essere un po’ stufati di portare in giro la celebrazione di loro stessi. Però ogni tanto va bene così. L’omaggio ai Television è stato qualcosa di molto interessante e le canzoni di Horses riescono davvero a dialogare con il periodo storico attuale perché nate in un momento, gli anni ’70, di recessione economica, pessimismo, ansia globale e paura del futuro restando sì dei documenti perfetti per quel periodo storico (la proposta artistica di Patti Smith è fieramente inattuale e sostanzialmente irreplicabile anche solo in termini stilistici al giorno d’oggi). Inoltre, le persone hanno ottenuto quello che volevano con Because the Night e People Have the Power e tornando a casa felici e di questi tempi è davvero molto.

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