Ora le canzoni di Vasco Brondi le puoi anche cantare in coro | Rolling Stone Italia
Segni di vita

Ora le canzoni di Vasco Brondi le puoi anche cantare in coro

Ieri ai Magazzini Generali di Milano abbiamo visto gente che piangeva e s’abbracciava: il concerto come rito e riassunto d’un percorso che va dagli insulti che Brondi si prendeva agli esordi agli ultimi pezzi cantabili

Ora le canzoni di Vasco Brondi le puoi anche cantare in coro

Vasco Brondi ai Magazzini Generali di Milano

Foto: Annapaola Martin

Dritto nell’anima, come la cassa della protagonista di Mistica: è la sintesi dell’ora e mezza di live di Vasco Brondi, che ci offre una panoramica della sua paradossale carriera – poi ci arriviamo – e colpisce nel profondo, per quello che dice, per come lo dice e per quello che è.

Si diceva di una carriera paradossale: lo è perché Vasco Brondi è stato per anni il cantore delle brutture, della noia, degli ecomostri e della disperazione, quello che forse più di chiunque altro ha saputo attingere al vocabolario delle guerre, delle storture dei tempi, dei sottopassaggi e degli scantinati, noncurante – almeno all’apparenza – dei feedback sconcertati e negativi che riceveva soprattutto agli esordi, insinuandosi nello spleen viziato di quei “cazzo di anni zero” in maniera disturbante e destabilizzante, al punto che alla fine pian piano gli siamo andati dietro, accettandolo come uno dei cantautori più influenti della sua generazione.

Pproprio adesso che i tempi sono un disastro in maniera lampante, in cui ogni riferimento a bombe, distruzione, apocalisse fa scorrere un brivido lungo la schiena, e fa venire in mente a tutti le stesse immagini e le stesse angosce, ci invita con il nuovo disco – «pieno di fuochi, di incendi, di luce», spiega lui introducendo Fuoco dentro – a illuminare i tempi bui in cui ci è dato di vivere, «gli unici che abbiamo e quindi quelli giusti da cui partire, sapendo che l’unico modo per non avere paura del buio è accendere una luce per esplorarlo». E lo fa con dei brani che dal vivo rendono ancora più lampante il loro potenziale pop, che già è stato riconosciuto da chi ha ascoltato il disco: una cantabilità inedita e immediata, come dimostrano i cori spontanei che si alzano dal pubblico dei Magazzini Generali, che ai tempi di Canzoni da spiaggia deturpata era del tutto impensabile, ma con il senno di poi già latente negli sporadici frammenti di inno – siamo l’esercito del sert; che ci fregano sempre; addio fottiti ma aspettami; andiamo a vedere le luci della centrale elettrica, ecc – che accostati ai brani nuovi nel corso del live si mostrano anche sotto questa nuova, inattesa prospettiva.

Il concerto, per quanto architettato attorno all’ultimo lavoro, lascia ampio spazio anche ai pezzi “storici”, e ascoltandolo tutto ci si rende conto di quante grandi canzoni Vasco Brondi abbia scritto negli anni: con il contributo del pubblico si riscopre tutta la potenza delle varie Chakra, A forma di fulmine, I Sonic Youth, Macbeth nella nebbia, Per combattere l’acne, Piromani, Cara catastrofe: l’impressione a fine serata è che le perle della collana siano sempre di più e sempre più solide e resistenti alla prova del tempo, e che il merito sia da rintracciare nella totale indipendenza del percorso artistico di Vasco Brondi, che ha sempre e solo interpretato sé stesso durante la sua intera carriera, senza preoccuparsi dei venti che tiravano. Una banalità, ma che nel suo caso lo ha costretto davvero a lottare con le unghie contro i giudizi del pubblico.

A tal proposito, introducendo Piromani, Vasco racconta di quando andava in sala prove anche se non aveva una band per poter gridare senza disturbare i vicini, e i gestori della sala prove, per inserirlo in una rassegna dedicata agli artisti della zona, gli chiesero per la prima volta il suo nome d’arte. «Quando gli ho detto di scrivere Le Luci della Centrale Elettrica mi hanno chiesto se fossi sicuro, dicendomi che a loro faceva cagare». Più o meno quello che si legge nei primi commenti su YouTube a una sua esibizione in cameretta del 2009. In un concerto come questo, in cui i brani di allora e quelli nuovi consentono davvero di guardare dall’alto tutto il percorso, ci si rende conto che Vasco Brondi ha fatto breccia in tutti noi convincendo una persona alla volta, senza mai essere accomodante.

Il concerto è poi impreziosito da varie letture di poesie, di citazioni a Jung, ai CCCP, a Franco Fortini, a Lucio Dalla e De Gregori (in questo caso con una cover di Cosa sarà) e di tutto quell’universo intellettuale mai ostentato e condiviso con l’evidente e genuina passione di un uomo che si nutre di cultura e di pensieri e che li condivide come atto d’amore verso chi lo ascolta. Un universo che fa da parziale spiegazione alla potenza delle parole che scrive poi di suo pugno: chirurgo della scrittura e dell’immagine, è impossibile lasciar scorrere un brano di quelli cantati ieri sera da Vasco Brondi senza rimanere emotivamente sconvolti da almeno una frase, un concetto, un’immagine.

Sono diversi anni che, ciclicamente, Vasco Brondi ricorre al concetto di “rituale” per descrivere il suo approccio ai concerti. Anche questo tour è stato presentato in questi termini: «In una società secolarizzata come la nostra i concerti mi sembrano sempre di più uno degli ultimi riti». E quando si assiste, nell’arco dei pochi metri quadri che compongono i Magazzini Generali, a persone che piangono da un momento all’altro, colpiti da quella parola o da quella frase, persone che si abbracciano, persone che alzano le braccia al cielo, ognuna da sola e tutte parte della stessa collettività, si manifestano in pieno i frutti di questo approccio.

Sempre tornando ai paradossi: Le Luci della Centrale Elettrica era un cantante con il nome da band che andava in giro, almeno all’inizio, da solo o con pochi altri (tra cui Giorgio Canali, ma questa è un’altra storia). Vasco Brondi invece è un nome da solista, che si accompagna con una delle migliori band in circolazione nel panorama italiano: Riccardo Onori e Andrea Faccioli alle chitarre, Niccolò Fornabaio alla batteria, Carlo Toller al pianoforte e al basso e Clara Rigoletti ai cori, alle tastiere e al violino, con un cameo di Daniela Savoldi al violoncello. Un bel risultato per un ragazzo che circa 15 anni fa sognava di avere una band in quella Ferrara «in cui tutti facevano solo crossover e nu metal», ma non trovava nessuno.

Passata la prima delle tre serate milanesi, due delle quali aggiunte dopo il fulmineo sold out della prima, il tour di Vasco Brondi prende la strada della capitale, con due date in programma martedì e mercoledì. Poi Pozzuoli, Rende e Senigallia prima del 25 aprile, in cui sarà impegnato in un concerto speciale in Piazza Martiri a Carpi per commemorare la Liberazione. L’evento, di cui Brondi è anche direttore artistico, prevede un programma che unisce musica, cultura e letteratura. Durante il live di Vasco Brondi sul palco saliranno anche Dario Brunori, Francesca Michielin, Massimo Zamboni, Silvia Ballestra e Paolo Cognetti, oltre a Nada (presente nel disco nuovo di Brondi nel brano Fuoco dentro), che farà anche un live acustico in apertura al concerto.