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Non ci stuferemo mai di Robbie Williams

Il nuovo tour è la dimostrazione che, arrivato a questo punto, l’ex Take That può permettersi di fare quello che vuole. L’astronauta, il battutista e, ogni tanto, anche quello serio. Per ricordare a noi che c’è stato un tempo senza cuoricini, per ricordare a sé stesso che non ha più bisogno di dimostrare niente

Foto: Giuseppe Craca

Scrivere una recensione dell’ultimo tour di Robbie Williams, che ieri sera è arrivato a Trieste nel cartellone di Go! 2025 & Friends (per Nova Gorica – Gorizia, capitale europea della cultura 2025), è stato più complesso del previsto.

Più che altro perché quello che abbiamo visto ieri sera è stato diverso da quello che ci aspettavamo di vedere. Robbie Williams ha pubblicato 13 dischi, ha una carriera incredibile e, a meno che non siate nati ieri, sapete almeno una ventina di sue canzoni. È in una fase in cui potrebbe fare residency o concerti facili, mettendo in fila i pezzi più famosi per poi scappare col malloppo. E invece è come se provasse ancora a sfidare il cambiamento (della discografia, dell’arrivo dei social, dei dischi che non si vendono più, ecc ecc).

Partiamo da qualche mese fa: Robbie ha (ri)cominciato raccontandoci le ombre della sua carriera e della sua vita privata in un documentario Netflix (che vi consigliamo di recuperare): ansia, depressione, dipendenza da sostanze. Poi lo ha fatto ancora nel film autobiografico uscito a fine 2024, Better Man, in cui in versione scimmia ripercorre tutta la sua storia da quando era solo un bambino della periferia inglese che «voleva essere qualcuno».

Ma di Robbie Williams sapevamo tutto anche quando non ce lo raccontava lui. Agnello sacrificale dei tabloid inglesi per anni, il famoso che usciva con le famose, quello che che ogni tanto faceva qualche cazzata e poi scappava in America per starsene un po’ tranquillo. Atteggiamento da rockstar anche se faceva il pop, Robbie ha sempre fatto più o meno quello che gli andava di fare. Ed è come se ora, a 51 anni suonati, avesse sbloccato il livello successivo.

La cosa che si nota di più vedendolo sul palco è la voglia di far divertire chi ha davanti, senza pensare troppo se le nuove generazioni lo considerino cool o no, senza provare a infilarsi in quel mondo che conosceva bene e che ora non c’è più, fatto a pezzi dal web, dai cuoricini come parametro di valore, dai record finti e dai finti sold out.

Robbie Williams a Trieste. Foto: Giuseppe Craca

Robbie Williams potrebbe vivere cantando roba vecchia davanti a gente altrettanto âgé (parlo di me), dicevamo, eppure ieri ci ha fatto vedere che la scintilla non si è ancora spenta. Pubblicherà tra pochi mesi un nuovo disco, Britpop, annunciato proprio nell’anno in cui gli Oasis si sono riuniti. Ma, soprattutto, ha messo su uno show in cui fa esattamente il cazzo che gli pare.

Nelle due ore di concerto allo Stadio di Trieste, Robbie pensa poco alle canzoni che la gente vorrebbe sentire e più a quelle che vorrebbe cantare. Ne fa una ventina, che se ci riflettere non sono neanche tante, intervallate da molti interventi parlati in cui racconta aneddoti sulla sua vita da popstar, sulla sua famiglia, sui passi falsi della sua carriera, sulla sua vita sessuale. L’amico simpatico del liceo quando si fa la rimpatriata della leva, lo zio battutista che si presenta alle feste comandate per metterti in imbarazzo.

Lo dice a inizio concerto, «voglio essere il king dell’intrattenimento», lo scrive su dei cartelloni che girano sul palco. Un concetto importante se volete capire lo show che sta portando in giro nel 2025. All’inizio, quando si apre il sipario, su un video animato scorrono frasi su TikTok e sull’intelligenza artificiale che «stanno creando nuove forme di intrattenimento». Una specie di avvertimento a non perdere la bussola. Poi, a un certo punto, la stessa voce sentenzia: «Ci sarà sempre però bisogno dei live. Ci sarà sempre bisogno di Britpop». Un gancio con il titolo del disco e col vero messaggio del Robbie adulto: «Il mondo è un casino, dimenticatevi di essere cool. Vediamoci, stiamo insieme e stiamo bene».

Robbie Williams a Trieste. Foto: Giuseppe Craca

Parte così il suo one man show. Perché, come dicevamo prima, questo è. Canzoni, sì, ma anche tantissimi momenti che potrebbero essere parte di una sua immaginaria prima serata nel metaverso di Rai 1 (Coletta, ci leggi?) a ricordarci che passano gli anni ma Robbie Williams rimane sempre la stessa faccia di tolla. E bastano due frasi sul suo rapporto con Gary Barlow, «sarò sempre quello grasso dei Take That», un racconto sui suoi capezzoli «sempre duri», o uno scambio di battute con una signora della prima fila per tenere il pubblico in pugno.

Volendo utilizzare il lessico attuale potremmo dire che Robbie Williams è diventato un adorabile boomer consapevole. Sa chi è, sa chi sono i suoi fan, sa che a questo punto ha voglia di fare solo quello che gli va. Tipo la cover di New York, New York di Sinatra, ma anche di farsi appendere a testa in giù vestito come Samantha Cristoforetti o accennare YMCA indossando un completo rosa shocking. Robbie Williams è ancora quello che si vede all’inizio di Better Man: un ragazzino iperattivo che sognava di essere amato e che alla fine, contro ogni previsione, è diventato anche marito e padre di quattro figli. Senza però perdere l’abitudine di spezzare i cuori delle fan, come quello della signora Giovanna, titolare dell’attività “Stira Giovanna per te, la prima stireria a Trieste” che, come leggiamo su Il Piccolo, “inizialmente era stata selezionata per stirare gli abiti da scena della popstar, salvo poi vedere infranto il suo sogno. Presa dall’entusiasmo, la titolare aveva pubblicato la notizia sui social, ma la scelta non dev’essere passata inosservata agli organizzatori”. Metta via il telefono, signora. L’ha detto anche Robbie all’inizio.

E, incredibilmente, durante il concerto c’è anche un momento in cui Robbie si fa serio, quando racconta che i suoi genitori stanno male. «Mia madre soffre di demenza senile, a volte non sa chi sono o dove si trova. Mio padre invece ha il Parkinson. Sto pensando spesso a quando non ci saranno più». Proprio lì, guarda il pubblico, e chiede: «diventerete vecchi con me?». Sì, Robbie. Abbiamo iniziato da mo’.

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