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Nella guerra dei Fedez, al Forum ha vinto il cantante nazionalpopolare

Ieri sera il “contrarian” del pop italiano ha remixato il passato e portato nel palazzetto milanese tutte le sue personalità. Ha conquistato il pubblico coi tormentoni e i titoli di giornale con le scuse per la rima su Sinner

Il fustigatore delle ipocrisie italiane o il papà che dedica a figli e moglie canzoni brutte in modo Disumano? L’uomo contorto (definizione sua) o il cazzone che fa rap che sembrano cartoon? Il provocatore o il piacione? Il rapper dalle rime ironiche e velenose o il cantante melodico tecnicamente carente? Fedez contiene moltitudini, il problema è che litigano fra di loro. Di questa personalità sfaccettata ieri sera al primo dei due concerti al Forum di Assago è emerso soprattutto il lato dell’intrattenitore nazionalpopolare. Anche un po’ l’animatore che fa saltare e ballare la gente remixando il passato e le canzoni, ma soprattutto l’autore di pezzi piaciosissimi che il pubblico canta in coro accompagnando le voci registrate (che tristezza) di Annalisa, di Alessandra Amoroso, di Noemi. Se è una svolta, è a 360 gradi come il palco, perché sono anni che Fedez è anche questo. Ma ribadirlo nel momento in cui torna nei palazzetti dopo sei anni e dopo infinite polemiche, essendo lui uno i cui cazzi diventano spesso casi (di Stato), la fa sembrare una specie di condotta riparatoria pop o comunque una nuova tappa del processo di ritorno al grande pubblico iniziato con la partecipazione a Sanremo.

Nell’ultimo anno o suppergiù Fedez è diventato quello che gli americani chiamano contrarian, una specie versione canterina di Cruciani (ieri nel backstage), uno fuori dal coro che si prende le libertà che tu non puoi permetterti. Ai tempi del matrimonio con Chiara Ferragni non era così. Dava l’impressione di fare le cose che la gente civile ritiene siano buone e giuste, anche se non le azzeccava tutte dal punto di vista della resa mediatica, vedi ad esempio la beneficenza in Lamborghini. Ultimamente sembrava trarre piacere dal fare le cose che tutti pensano siano sbagliate, come se si fosse arreso all’idea d’essere un antipatico di successo, uno che ha problemi con tutti. Più che dalla sinistra sembra attratto dai sinistri, quelli mediatici che provoca. Da comunista col Rolex a villain d’un fumetto senza eroi.

Messa da parte l’Allucinazione collettiva del matrimonio, è andato a Real Talk e ha dimostrato d’essere capace eccome di fare rap alla vecchia maniera, riaccendendo le speranze di chi lo vorrebbe incazzato e pophoolista anche nel 2025. È arrivato a Sanremo provato dalla malattia e preceduto da polemiche (di nuovo) sulla vita privata, sulla storiaccia del pestaggio a Cristiano Iovino, sulle frequentazioni con certi ultras, roba che fa a cazzotti sia con l’immagine del rapper moraleggiante, sia col profilo di bravo padre di famiglia. Ne è uscito bene portando Battito, canzone ansiogena con una produzione fuori dagli standard del festivalone, e diventando campione italiano di lavaggio di panni sporchi in pubblico con la cover di Bella stronza di e con Masini. Però poi ha pubblicato un singolo estivo mediocre con Clara. Voleva essere un duro, sembra non voler rinunciare a contribuire al pop italiano più molle che c’è.

I due concerti milanesi sono quindi un modo per ripresentarsi in pubblico dopo un periodo incasinato. «Sono senza parole» ha detto all’inizio del concerto ricordando che sono dieci anni dal suo primo Forum e sei dall’ultima volta che si è esibito ad Assago. «È bello tornare a casa». Sembra anche una riconciliazione col mestiere di cantante e performer perché una cosa sono l’esibizione alla festa dello stoccafisso (con tutto il rispetto per lo stocco) e la passerella ai festivalbaretti televisivi (con tutto il rispetto per il Festivalbar), altra cosa è uno show in un palasport con una produzione importante e un filo rosso narrativo, in questo caso un filo rotto, visto l’andamento del concerto.

Per tornare, Fedez s’è messo al centro, con un palco visibile a 360°. I concerti con cantante e messinscena in mezzo alla platea hanno una “tridimensionalità” che per forza di cose quelli col palco frontale non hanno. C’è chi l’ha fatto per avere un contatto più ampio e diretto col pubblico usando strutture circolari che vengono “abbracciate” dai fan. E chi invece ha costruito una sorta di lunga passerella al centro del palasport, con strutture sospese. È quest’ultimo il concetto scelto da Fedez che si muove sul palco allungato in diagonale nel parterre mentre sopra di lui s’alza e s’abbassa una sorta di parallelepipedo che fa da megaschermo e che accompagna le canzoni con grafiche.

Lo spettacolo è lì, sopra la testa di Fedez. E quando la struttura s’abbassa funziona da “gabbia” che permette di sovrapporre immagini reali (nel senso del cantante all’interno) e digitali, con Fedez che si muove dentro un treno che sfreccia, nella pellicola di un film, in una specie di acquario, tra le nuvole, uno show ben pensato che per il colpo d’occhio complessivo e la prospettiva si gode più dalle gradinate che in platea. È una produzione da tour nei palazzetti, non da due date e via. «È uno show che difficilmente si rivedrà», ha invece detto il cantante nel suo Gruppettino Segretino su Instagram, che poi tanto segreto non è visto che ha 230 mila membri. Posto per la data di oggi c’è ancora, è tornata online su Ticketone la piantina del Forum che era sparita, la versione ufficiale è che non è stato fatto per nascondere il mancato sold out, ma «per permettere di ricollocare alcuni posti».

Lassù Fedez dà a tratti l’impressione di essere molto solo, troppo solo, a parte qualche ospite e un corpo di ballo per Cigno nero. Zero musicisti: chi ha suonato cosa come quando non è dato saperlo e a quanto pare alla gente non frega nulla. Per scuotere il pubblico ripete mille volte «come fa Milano?!» o la variante «come cazzo fa Milano?!». Non ha certo bisogno di ravvivare l’atmosfera quanto tira fuori le hit estive (ma non Scelte stupide, scelta intelligente). S’abbandona spesso al sentimentalismo mal cantato e quando arriva ad Allucinazione collettiva, dedicata alla moglie dopo la separazione, dice che «una storia non si cancella, non rinnegherò mai un legame che ha dato vita ai nostri splendidi figli. Resterà indissolubile a prescindere». Applausi. Pare di stare in uno spin-off dei Ferragnez, ma senza la siglietta buffa perché non c’è più niente da ridere.

In questo Forum di confronto fra i vari Fedez c’è stato anche un mea culpa. Oggetto: Tutto il contrario, canzone di una dozzina d’anni fa che non smette di suscitare polemiche. Prima per la strofa su Tiziano Ferro (“Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing / Ora so che ha mangiato più würstel che crauti / Si era presentato in modo strano con Cristicchi / ‘Ciao, sono Tiziano, non è che me lo ficchi?’”), giorni fa per un passaggio che Fedez avrebbe voluto aggiungere, ovvero “L’italiano ha un nuovo idolo, si chiama Jannik Sinner, purosangue italiano con l’accento di Adolf Hitler”. La frase gli è costata persino un esposto in procura per istigazione all’odio razziale. «Ho sentito il dovere di agire a tutela dei valori fondanti della nostra Costituzione», ha detto il consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Bolzano che ha presentato l’esposto. I nostri rappresentanti hanno un sacco di tempo da perdere e in questo ci somigliano, ma il passaggio era scritto effettivamente in modo maldestro.

«Se una rima non viene capita, l’errore è di chi l’ha scritta», ha detto Fedez prima di cantare la versione originale di Tutto il contrario. «Avevo scritto due righe per chiarire la situazione, ma poi ho pensato che la cosa più giusta e anche imbarazzante fosse parlarne a viso aperto con voi». Seguono ovazione e spiegazione del fatto che all’interno della canzone in cui dice tutto il contrario di quel che pensa (tipo: “sono d’accordo con Dell’Utri, la mafia non esiste” o “le canzoni di Mengoni io le adoro”) voleva parlare «degli atleti che nascono e vivono in Italia e che molto spesso non vengono considerati dei veri italiani perché hanno il colore della pelle diversa dalla nostra, e applicarlo sul più grande sportivo vivente in Italia. Non ci sono riuscito e l’unica cosa che posso fare davanti a voi è chiedere scusa». Aggiunge persino un «grazie per la comprensione».

Fa urlare le ragazze quando si toglie la maglietta, dedica Sembra semplice al produttore Fausto Cogliati scomparso a gennaio, spiega che «se non fosse per Battito stasera non sarei qui», ci mette la giusta dose di autoironia quando dice che se De André ha Bocca di rosa e Guccini La locomotiva, lui ha Pensavo fosse amore e invece… (“eri una escort”). Chiama sul palco Emis Killa per Sexy Shop, Marco Masini per Bella stronza («Che leggenda»), Francesca Michielin per tre canzoni tra cui Magnifico in cui la “costringe” a salire su una piccola piattaforma che sale verso il soffitto del palazzetto, lui da un lato, lei dall’altro. A proposito di nazionalpopolare, l’applauso più forte arriva per Orietta Berti e Mille. Ho visto bocche aprirsi in un’espressione di stupore, manco fosse salita sul palco Taylor Swift. Peccato per le voci degli ospiti che almeno in platea arrivavano un po’ distorte e metalliche. Quando non canta pezzi sentimentali, Fedez trasforma il Forum in una disco tamarra, più inferno che paradise e però piace, eccome. È la direzione che ha voluto imprimere ad alcune canzoni, proponendole remixate. «Orietta, t’è piaciuta questa versione drum and bass di Mille?».

Chi s’aspettava il Fedez che canta soprattutto di politica s’è dovuto accontentare della citazione di George Orwell «un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri, traditori non è vittima, è complice» e di qualche vecchia canzone. Chi desiderava uno spettacolo con visuals calati nella contemporaneità, non dico Gaza o Meloni ma qualcosa di più audace di Alfonso Signorini in veste di supereroe, s’è dovuto accontentare di alcuni effetti molto suggestivi. Dopo due ore senza interruzioni e senza bis Fedez chiude con Senza pagare, quella che dice che “essere troppo buoni non paga”. Magari invece paga. Prende il telefono, fa una panoramica del pubblico da mettere su Instagram, ripete più volte «spero vi siate divertiti» e «spero vi sia piaciuto», ringrazia i tecnici, la mamma, l’organizzatore, elogia di nuovo l’apparato scenico. Rimette gli occhiali da sole che aveva nella prima canzone, fa il pezzo e se ne va, non prima d’avere ridetto grazie al pubblico «per la fiducia che mi avete dato, spero sia stata ripagata». Stai a vedere che il contrarian non è diventato solo buono, ma pure umile.

Set list

Bimbi per strada
Sapore
Assenzio
Pensavo fosse amore e invece…
Tutto il contrario
Faccio brutto
Bella storia
Generazione Boh
Problemi con tutti (Giuda)
21 grammi
L’hai voluto tu
Sembra semplice
Piccole cose
Meglio del cinema
Disco Paradise
La dolce vita
Italiana
Prima di ogni cosa
L’amore eternit
Sexy Shop con Emis Killa
Battito
Bella stronza con Marco Masini
Si scrive schiavitù si legge libertà
Cigno nero con Francesca Michielin
Chiamami per nome con Francesca Michielin
Magnifico con Francesca Michielin
Allucinazione collettiva
Bocciofili
Dai cazzo Federico
Alfonso Signorini (eroe nazionale)
Mille con Orietta Berti
Vorrei ma non posto
Senza pagare

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