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Neil Young torna al Roxy e le canzoni di morte diventano canzoni di sopravvivenza

Cronaca della serata memorabile a Los Angeles in cui il rocker ha rifatto per la prima volta in vita sua due album dall’inizio alla fine: ‘Tonight’s the Night’ e ‘Everybody Knows This Is Nowhere’

Foto: Harmony Gerber/Getty Images

Neil Young e i Santa Monica Flyers sono risaliti sul palco del Roxy, lo stesso che inaugurarono esattamente cinquant’anni fa con uno show entrato nella storia e tramandato da innumerevoli bootleg. Il sipario s’è alzato rivelando Young appollaiato al pianoforte e intento a suonare le prime note di Tonight’s the Night. Davanti a lui, un pubblico di vip e gente che ha pagato 1000 dollari di biglietto (i proventi vanno in beneficenza alle organizzazioni Bridge School e Painted Turtle).

È iniziata così una serata eccezionale che ha visto l’esecuzione di tutto Tonight’s The Night del ’75 e dell’intero Everybody Knows This Is Nowhere del ’69, vale a dire due fra i più grandi album dell’artista. È la prima volta che Young rifà dall’inizio alla fine un suo vecchio disco, anzi in questo caso due. È anche la prima volta in mezzo secolo che suona alcune delle canzoni di Tonight’s the Night, per non dire del pezzo di Everybody Knows This Is Nowhere che non si è più sentito da quand’è stato registrato 54 anni fa.

I Santa Monica Flyers erano in buona sostanza i Crazy Horse dopo la morte per overdose di eroina di Danny Whitten, con Nils Lofgren e Ben Keith al posto suo ad affiancare il batterista Ralph Molina e il bassista Billy Talbot. Molina ha ormai 80 anni, a Talbot mancano poche settimane per arrivarci, eppure hanno ricreato le loro parti con precisione sbalorditiva. Keith è morto nel 2010, al suo posto c’è Micah Nelson, che ha suonato con Young nei Promise of the Real per quasi un decennio. Conosce benissimo questa musica e per l’occasione ha rispolverato la lap steel per ricreare le parti di Keith.

Nils Lofgren non doveva esserci causa impegni con la E Street Band poi saltati per via dell’ulcera peptica di Springsteen. Un dispiacere per i fan di Bruce, una gioia per il pubblico del Roxy dato che il pianoforte, la voce e la chitarra di Lofgren sono parte integrante di Tonight’s the Night. Proprio come negli show dell’epoca, Lofgren ha suonato per lo più il piano anche se non è sempre stato facile sentirlo nonostante continuasse a chiedere di alzare il volume del mix (al pianoforte erano inchiodati degli stivali glitterati, come nel ’73).

Tra i momenti wow, Borrowed Tune che non si sentiva dal gennaio del ’73 (strano che gli Stones non abbiano denunciato per plagio Young, che ammette d’avere rubato la melodia dalla loro Lady Jane). Si sono poi sentite Come On Baby Let’s Go Downtown, con le parti di Whitten fatte da Nelson; una versione tenera di New Mama dedicata a Zeke, il figlio maggiore di Young presente in sala; la prima esecuzione dall’agosto e dal novembre di 50 anni fa rispettivamente di Lookout Joe e Tired Eyes, quest’ultima una storia di coca e morti. “Seguite il mio consiglio”, canta invano Young pensando alle vittime della cultura della droga in quegli anni sempre più violenta e disperata, “aprite gli occhi stanchi”. È uno dei momenti più cupi dell’album ed è facile capire perché non l’abbia portato su un palco per tutti questi anni. Riascoltarlo è stato commovente.

Sono canzoni toste. E lo diventano ancora di più se si pensa a tutti gli amici di Young che sono morti, tra cui David Crosby, Elliot Roberts, David Briggs, Pegi Young, Ben Keith, Rick Rosas, Tim Drummond, Bruce Palmer, Dewey Martin, Larry Johnson. Metteteci un disco al cui centro c’è un dolore lancinante e rischiate di avere un concerto funebre. E invece no, è stato gioioso così come è stata una gioia constatare che quattro dei cinque musicisti che suonarono al Roxy nel 1973 sono ancora qui per fare musica e onorare gli amici che si sono lasciati alle spalle. Col passare del tempo quelle che erano canzoni sulla morte sono diventate canzoni di sopravvivenza. E davvero sembrava che gli amici perduti vegliassero su Young da qualche parte sopra il palco.

E questa è stata solo la prima metà del concerto. Dopo una breve pausa si è sentito Everybody Knows This Is Nowhere per intero. Cinnamon Girl, Down by the River e Cowgirl in the Sand sono stranote a chiunque abbia visto un concerto di Young negli ultimi cinquant’anni, e sono state fatte alla grande, ma i veri protagonisti sono stati i pezzi meno conosciuti. Come Round & Round (It Won’t Be Long), mai nemmeno tentato dal vivo e proposto in un fantastico arrangiamento acustico, con Molina alle prese con le armonie di Robin Lane. E come Running Dry (Requiem for the Rockets), che s’è sentita in versione acustica in un paio di concerti solisti del 2019, ma al Roxy è stata era la prima volta con la band. Ed è andata benissimo, anche se l’ultima volta che Molina e Talbot hanno suonato questa roba il presidente in carica era Nixon.

Negli ultimi vent’anni i concerti in cui vengono rifatti da cima a fondo i vecchi dischi sono diventati parte integrante del rock. Ci sono passati tutti, da Brian Wilson a Bruce Springsteen, passando per Steely Dan, Eagles, Who, Roger Waters e Mötley Crüe. Farlo ha permesso loro di vendere più biglietti e aumentare i prezzi. Per molti anni Young ha resistito e ha ceduto solo per uno spettacolo di beneficenza in un piccolo club, festeggiando un anniversario senza alcuna fanfara (stasera ci sarà un secondo show al Roxy che probabilmente avrà una scaletta simile o identica).

Se Neil Young portasse un concerto del genere nei palasport e nei festival di mezzo mondo farebbe un sacco di soldi. Non accadrà. Anzi, è probabile che non lo rifaccia più. Davanti al palco c’era una piccola videocamera 4K legata a un sacchetto di sabbia, di lato c’era Daryl Hannah che filmava tutto quanto tenendone in mano un’altra. Speriamo che prima o poi il video del concerto esca. È stata una serata troppo speciale perché la ricordino solo i pochi fortunati presenti al Roxy.

Da Rolling Stone US.

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